Foto Ansa

Il Figlio

La magnifica perfidia della donne Disney è sparita. Al suo posto il conflitto con sé stessi

Annalena Benini

Ciao Ursula, ciao Crudelia, ci mancate: eravate così tremende. Malefica e le altre madri, matrigne, imbroglione all’inseguimento del potere. Sparite

I cattivi più interessanti dei film Disney sono (erano) le donne. Sono passate alla storia della cattiveria perché sono magnifiche e spaventose, complesse e assetate di potere. Sono madri, matrigne, odiatrici di donne, invidiose, spietate e piene di sense of humour. Sono Ursula della “Sirenetta”, Crudelia della “Carica dei 101”, la matrigna di “Cenerentola”, la Regina Cattiva di “Biancaneve”, Madre Gothel di “Rapunzel” (da brividi), Malefica della “Bella Addormentata” e, molto anni Settanta infatti io sono pazza di lei, Madame Medusa di “Bianca e Bernie”, che gestisce un lurido banco dei pegni a New York e sfrutta l’orfana Penny per mettere le mani su un diamante nascosto in una grotta buia e stretta. Naturalmente anche la regina di Cuori di “Alice nel Paese delle Meraviglie” (“Ti avverto, bambina. Se mi fai perdere la pazienza tu perdi la testa. Capito?”). La più manipolatrice è la finta madre naturale di Rapunzel, vecchissima megera che tiene chiusa Rapunzel per usare il potere magico dei suoi capelli e restare giovane e bella, ma essendo molto furba non le dichiara la sua cattiveria e anzi le fa credere che i cattivi vivono tutti fuori dalla torre e lei la sta proteggendo, le fa credere che nessuno potrà mai amarla oltre a lei. E’ difficile ribellarsi alla cattiveria se è una cattiveria travestita da amore materno, e più la cattiveria è sottile più il rapporto con l’antagonista è complesso, più il film d’animazione è memorabile. Ma che cosa succede allora, perché nei film Disney sono spariti i cattivi?

Anzi, perché sono sparite le sfrenate cattive che vogliono farsi pellicce con cuccioli di dalmata, rubare la voce alle sirene, sgozzare le figlie e prendere il loro posto nel destino glorioso di felicità, bellezza e amore? Non che “Alla ricerca di Nemo” non sia un film stupendo anche senza un diretto antagonista, non che “Encanto” non sia commovente, ma adesso ogni nonna rigida e antipatica, ogni madre autoritaria, ogni orsa aggressiva ha comunque le sue ragioni, il suo lato buono, il suo trauma da elaborare. 

Un cattivo vero, tridimensionale, che fa tutto per semplice cattiveria da film, ambizione, avidità, non è più accettabile. Va scusato, va perdonato, va risolto. Adesso che ognuno scopre se stesso, l’antagonista ce l’ha già dentro: il tormento è famigliare, il conflitto è con i propri poteri (Elsa in “Frozen”) e con il desiderio di approvazione da parte degli altri. Ho molta nostalgia di Madame Medusa, così magra e scalcagnata, così avida di diamanti, così disposta a sfruttare un’orfanella che stringe al petto il suo orsacchiotto di pezza. Era uno stereotipo, certo, era un’esagerazione, ma mi fa sognare di spingerla nell’antro del diavolo, mi fa esultare quando arrivano Bianca e Bernie, i due topi delle Nazioni Unite, a salvare Penny che ha lasciato un messaggio di Sos in una bottiglia. 

C’era qualcosa di spaventosamente allegro in tutta quella cattiveria esibita, qualcosa di sfrontato che dal primo secondo in cui vedi Crudelia De Mon, con i capelli metà bianchi e metà neri, elegantissima in abito da cocktail, maleducatissima, sprezzante, velocissima sulla sua auto lussuosa, beh da quel primo istante dici: wow, e dici: aiuto. Da quel primo istante vuoi che tutti si accorgano di lei e mettano in salvo i cuccioli. Ma al tempo stesso, la cattiveria è ipnotica, come sono ipnotici i tentacoli di Ursula e gli occhi di Malefica. Mia figlia sostiene che non è giusto che tutta questa cattiveria si concentri nella vanità: la vanità di restare giovani per sempre, la vanità di avere una bella voce, la vanità di non essere superate in bellezza da nessuna, la vanità di far sposare una delle figlie sgraziate con il Principe Azzurro, la vanità di essere invitata a una festa. Insomma, sono cattive per frivolezza e non per grandezza. Ma sono cattive perché vogliono il potere tutto per sé, non accettano di cederlo a nessuna, non accettano l’amore materno e anzi a volte lo sfruttano, se ne travestono, lo usano per scopi abietti, sono disposte a uccidere, a rubare e soprattutto a ingannare. Non conoscono il senso di colpa, ridono delle disgrazie altrui, avvelenano le mele e tutto il resto. Dicono a una figlia: non puoi farcela senza di me, non vali niente, nessuno ti amerà mai. Oppure: dammi la tua voce e muori. Troppo facile, o forse troppo cattivo. Poiché il nostro più grande desiderio di esseri umani adulti è eliminare la sofferenza dalle vite dei nostri figli, poiché la consideriamo inaccettabile, un affronto alla nostra bravura di genitori e educatori, e soprattutto qualcosa di troppo grande da sopportare, forse anche la cattiveria è troppo pericolosa. Allettante? Non lo so, non ho mai pensato di farmi una pelliccia di cuccioli di dalmata o di mandare una bambina in una grotta a cercarmi i diamanti con la minaccia di uccidere il suo unico amico, però ho capito che qualcosa di simile può esistere nella realtà, e che è meglio tenersi pronti con dei topi magici o almeno con un po’ di furbizia.

Di più su questi argomenti:
  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.