Joaquín Sorolla, "Correndo sulla spiaggia"

Il figlio

"Menodramma" di Maria Castellitto. La vita adesso e prima, un istante déjà-vu

Giuseppe Fantasia

La protagonista Duna corre e va veloce verso un luogo in cui la giovinezza c’è ma sembra svanita: noi siamo con lei, in quella Londra che è un grande azzardo. Senza nessun grande gesto e senza avere in mente errori a fin di bene

"Il tempo prende, il tempo dà / noi corriamo sempre in una direzione /ma qual sia e che senso abbia chi lo sa”, cantava Guccini in Incontro, sottolineando a suo modo il senso di una fine che stava per palesarsi nella sua vita e in quella di un’amica di allora, protagonisti (in)consapevoli di una giovinezza che aveva già nostalgia di sé stessa. Quel brano è del 1972 e Maria Castellitto sarebbe nata 25 anni dopo, esattamente come Duna Solenni, la protagonista di questo esordio editoriale pubblicato da Marsilio con un titolo - "menodramma" - volutamente scritto in minuscolo, in contrasto con grandi problemi e angosce che affliggono i ventenni. Duna è pigra ed è nata “senza sforzi”, conosce bene il significato delle parole anacoreta e Hikikomori, ha dei lineamenti e un modo di fare che tranquillizza gli altri, ma la sua è una calma solo apparente. 

 

Si chiama così per via di un viso tondo e perfetto, ma le dune sono accumuli sabbiosi modellati dalla forza dei venti, “non scelgono nulla, vengono spostate”. Lei si è spostata a studiare a Londra e oggi lavora per una società di produzione che in alcune giornate è sempre più simile alla clinica psichiatrica dove è ricoverato Alexander, il migliore amico che tutti vorremmo avere, quello che si va a trovare anche solo per giocare a “Indovina il prodotto in vendita (ma ricorda che il prodotto sei tu)”, quello che ci ricorda che l’adolescenza “è stupida” e profuma di confettura di albicocche andata a male, lamentandosi di continuo che il buongusto, il pensiero, il dibattito, l’eroismo e l’umano “sono finiti”. “Ogni cosa che amo, gli altri la rovinano e ogni cosa che amo, sento di doverla vendicare”, le dirà. Le cose succedono quando sembra non accada nulla, ma Duna non ha in mente nessun grande gesto e nessun grande errore a fin di bene. Può fare tutto, le dice la sua voce, ma la vita è una bestia: c’è chi ha gli orologi e c’è chi ha il tempo e peggio della morte c’è solo una vita invivibile. “Tu sei un essere superiore”, le ripete sempre sua madre da Roma dove vive col marito regista e gli altri figli, una donna che ha i servizi segreti nel cuore e che le scrive frasi filosofiche. Come è possibile vivere, dunque, e non essere più giovani? si chiede quella ragazza, una nostalgica del presente al centro di un dramma generazionale dove la fine dell’infanzia e la grande ipocrisia sono fonti di angoscia. Ciò che conta è rimanere lucidi, per quel che si può, essendo folli. 

 

Duna corre e va veloce verso un dove in cui la giovinezza c’è ma sembra svanita e noi siamo con lei, in quella Londra che è un grande azzardo. Sfrecciamo sull’amato tube che prende ogni giorno tra cattivi odori, musica e topi, su un taxi e un Uber, passeggiando sul Blackfriars Bridge o facendo un bagno gelato ad Hampstead Heath, tra amore e violenza, pioggia e vento, sneakers, tacchi a spillo e stivaletti, Litio nascosto e Lamictal manifesto, amici (ri)trovati o capitati, l’imperturbabilità anglosassone che è un sollievo e un egocentrismo che spesso sconfigge. Un vorticoso viaggio urbano, umano ed emozionale, una piacevole scoperta tra il colore giallo e il blu delle bic usate per fare scelte improbabili, parental advisory ed explicit content, Arendt e Jung, Beethoven e i Clash, caffè di Starbucks e barrette di Kit Kat. Grazie a lei ci sentiamo ancora giovani, “terroristi o terrorizzati”, contenitori vuoti e pieni, sicuri e viziati, pedanti e ipocriti, tossici o meno, ideologhi e anarchici, timidi ed estroversi, assetati, soddisfatti o tutte queste cose insieme e quando l’ombra della gioventù resta un istante déja vu, restano i sogni senza tempo, le impressioni di un momento e soprattutto le luci nel buio che arrivano - questo è sicuro - quando uno meno se lo aspetta.

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