Foto: Nick Karvounis

Il Figlio

Via dal paradiso

Massimiliano Palmese

Ho accettato che ti rifacessi una vita con un geometra, amore mio assoluto

Cara mamma,
qualche giorno fa per la prima intervista sul libro ho detto “Dopo questo, dovrò scrivere un romanzo di scuse”. No, forse un romanzo di scuse non saprò scriverlo, ma sono sicuro che continuerò a raccontare personaggi che si rivoltano, non solo contro i propri parenti, ma contro il Padreterno stesso, contro la sua Creazione. E’ comprensibile che in questo libro, per liberare tutta la mia antica rabbia, dovessi urlare contro la Famiglia, a cominciare dalla mia. E quindi contro di te, contro quello scugnizzo di mio padre, e soprattutto contro quel patrigno che nel libro non ho voluto nemmeno nominare e che soltanto chiamo il geometra, un uomo così diverso da me che ho dovuto citare il poeta: “Nel paradiso dei cerchi non c’è posto per i quadrati”.

 

Nel mio paradiso, quello che ho vissuto da solo con te per i primi anni della mia vita, non c’era posto per nessun altro, nemmeno per lo scugnizzo di cui porto i geni e che ci ha fatto il piacere di darsela presto a gambe. Altri uomini hanno tentato di mettere piede nel mio paradiso, ma sono stati respinti o si sono espulsi da soli. Poi invece all’orizzonte è apparso il geometra e, per quanto non ci fidassimo, alla fine proprio lui è riuscito a bucare la nostra bolla.

 

L’adulto che volevo essere già a quattro anni ha accettato che sua madre si rifacesse una vita con un geometra, come Charles Baudelaire dovette accettare che la madre vedova Caroline si risposasse col tenente colonnello Jacques Aupick. Ma il bambino seduto dentro questo cervello non lo accetta, ancora oggi.

 

Io invece sì. Io credo di aver chiuso alcuni conti e di voler tornare ad essere sereno quel tanto che la mia natura mi concede. Ma certi giorni sbagliati il bambino mi pare ancora seduto dentro la mia testa, e ha ancora il broncio e le lacrime. Si lamenta delle cicatrici dovute alla furiosa gelosia che il geometra nutriva per il nostro amore. E quello no, quell’amore neanche un geometra avrebbe potuto bucarlo. E più non riusciva e più gli si contorcevano le budella, e appena lontano dai tuoi occhi la sua maestosa perfidia se la prendeva col mio piccolo corpo, lasciandomi freddo e immobile e in colpa.

 

Cara mamma, pensi che dovrò scusarmi ancora per essere ancora oggi così irrequieto? Pure se ho scoperto che metà della mia irrequietezza mi viene da quel 50 per cento di geni che inavvertitamente mi ha regalato lo scugnizzo mio padre? O sai che sono arrivato alla conclusione che tutti abbiamo peccati ma nessuno ha colpe perché anche tu e prima tua madre e prima sua madre e indietro fino alla prima donna e al peccato originale, tutti siamo stati cacciati dal Paradiso e ora dobbiamo cavarcela in questo mondo orribilmente ingiusto, e dobbiamo farlo con le sole nostre debolezze e i nostri grandi limiti.

 

Tu mi hai insegnato a guardare la realtà quindi so che la risposta è no, che non dovrò ancora scusarmi, soprattutto se l’offesa che questo romanzo costituisce forse mi ha liberato, se non dalla causa del male, almeno dai alcuni  sintomi.

 

Ma sì, siamo pieni di nevrosi perché finalmente stiamo invecchiando, e non è facile combattere col Tempo, e probabilmente ancora ci scontreremo e ancora riusciremo a ferirci e a deluderci. Ma alla fine il nostro paradiso lo abbiamo riavuto. Non proprio come nuovo ma in buone condizioni. Abbiamo lottato e oggi, tu e io, abbiamo vinto. Siamo vivi. I cattivi padri sono andati, mentre noi possiamo ancora guardarci e respirare, e svegliarci, e spiare il cielo,  e camminare, e amare gli animali, e curare le piante, e il nostro amore – il nostro assoluto amore – vince ogni rabbia e ogni delusione. E, guarda, a quel bambino seduto dentro di me si sono già asciugate le lacrime  e ora si mette a parlare. Ci sta strillando: “Piantatela di soffrire e vivete in pace quel che vi resta da vivere, cazzo!”.
Mamma, dimmi che lo senti.

 

Massimiliano Palmese
  regista e scrittore

 

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