(foto LaPresse)

Il bi e il ba

Meloni o le disavventure dello storytelling

Guido Vitiello

Lasciando da parte gli orribili insulti, la leader di Fratelli d'Italia gioca con l'immagine della popolana cercando di capitalizzare i riflessi pavloviani: ma continuiamo a cascarci

Giorgia o le disavventure dello storytelling. Lasciando da parte gli orribili insulti zoologici, su cui si è detto tutto quel che c’era da dire, resta il mistero di come si possa chiamare “ortolana e pesciaiola” la creatrice delle zucchine di mare senza offendere la professionalità di entrambe le categorie. Ho dato un’occhiata a decine di filmati degli ultimi anni. Meloni in posa al mercato di San Basilio: “Dici che vengo bene cor totano?”. Meloni al mercato di Campo de’ Fiori: “I carciofi sono tunisini però te ce mettono er tricolorino”. Meloni al mercato rionale della Magliana: “Me piace molto la coratella”. Meloni al mercato della frutta di Acilia: “Oh, l’uvona! Pijo pure ’n carciofo”. Meloni al mercato di Ponte Milvio: “A me la verdura me serve, però le fragolette Ginevra le mangia”. Meloni sorridente dietro a un trancio di tonno al mercato di corso Cincinnato a Torino. Eccetera. Lo schema è elementare: giocare ovunque (anche in Parlamento) e nei modi più pittoreschi con l’immagine della popolana, così da capitalizzare la simpatia associata allo stereotipo; scatenare il cane di Pavlov di chi, vedendoti perennemente fra la cicoria e le triglie, ti darà dell’ortolana e della pesciaiola; capitalizzare anche quello, fingendo di cadere dalle nuvole e biasimando la sinistra snob che disprezza il popolo. Semplice. Però ci caschiamo ancora.

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