Hall del Grand Hotel et de Milan (foto dal sito grandhoteletdemilan.it)

Vita da Grand Hotel

Paola Bulbarelli

Daniela Bertazzoni, il “de Milan” di Verdi come una casa di famiglia e i balli di beneficenza

Non prendeva l’ascensore ma scendeva le scale volteggiando fino alla pirouette finale nella hall. Rudolf Nureiev era un habitué del Grand Hotel et de Milan al punto che a chi gli chiedeva dove soggiornasse quando era in città, rispondeva “abito alla Verdi’s House”. Perché il glorioso albergo di via Manzoni, uno degli hotel più eleganti della città e dunque con l’energia di sfidare il tempo e il cambio delle mode, fu inaugurato il 23 maggio 1863, divenne luogo d’elezione, a due passi dalla Scala dell’alta società milanese e della nuova Nazione appena nata, il Maestro lo scelse come sua residenza fino alla morte.

 

“L’affetto dei milanesi nei confronti di Verdi si dimostrò in ogni occasione e si vede ancora – racconta Daniela Bertazzoni, che da oltre cinquant’anni gestisce l’hotel, straordinario personaggio della vita meneghina. Certo il Milan, scrigno della storia milanese, ha cambiato pelle nel giro del suo secolo e mezzo di vita pur rimanendo sempre fedele a se stesso sia in fatto di clientela che di dépendance della Scala. “Quando entrai qui per la prima volta accompagnavo mio padre, esperto di alberghi che, a sua volta, aveva ereditato l’attitudine da mio nonno. Allora, a Milano, di alberghi di lusso c’erano il Continental, il Principe e Savoia e questo, il Milan, danneggiato da una scheggia della bomba che aveva colpito la Scala e poi restaurato da Giovanni Muzio”. Dal progetto iniziale firmato dall’architetto Andrea Pizzala (famoso per aver creato la galleria De Cristoforis nel 1831), l’opera di ricostruzione di Muzio si discostava parecchio. “Era fascinoso ma un ibrido, morale che abbiamo deciso, nel 1991, di ristrutturare con la proprietà, 50 e 50, perché noi gestiamo l’hotel, ma i muri sono dell’Istituto mobiliare lombardo. Un impegno economico importante che mio fratello Gerry ed io potemmo affrontare grazie alla solidità degli anni passati”.

 

Il primo grande salto nella modernità avvenne alla fine degli anni Sessanta. “Mio padre acquistò una Rolls-Royce d’epoca posteggiata in bella vista a disposizione dei clienti. A quell’epoca si sentiva già odore di moda a Milano e chiesi a Riccardo Gay, che aveva una delle prime agenzie, di mandarmi le sue modelle, le avrei ospitate per dei prezzacci. Arrivarono delle stangone mai viste, bellissime. Metà delle stanze le svuotai e vennero prese d’assalto dai vari marchi che non esponevano in fiera, mentre giornalisti e clienti occupavano l’altra metà”. Ma la moda fu solo per un periodo, il prima e il dopo rappresentano, ancora oggi, la vera storia milanese passata per quelle sale e quelle stanze. “C’era la signora che telefonava il suo arrivo e chiedeva che venissero messe le sue lenzuola di lino rosa pallido o il marito che in piena notte esigeva un medico che controllasse la verginità della moglie appena sposata”. Ma il fascino corre nei libri d’oro dell’hotel. D’Annunzio (stanza 103) mandava qui le sue amanti quando non poteva tenerle al Vittoriale. Non un caso che divenne la suite dedicata a Tamara de Lempicka. Hemingway (303), reporter dello Star aiutava la Croce rossa americana situata in via Manzoni al 10. Maria Callas (114) fu ospite fissa dal 1950 al 1952 in occasione delle sue grandi performance alla Scala. Vittorio De Sica (312) visse a lungo all’hotel per le riprese di Miracolo a Milano, glielo aveva consigliato Paolo Stoppa. E il Milan fu testimone di una furiosa lite, nel bar dell’hotel, tra Marta Marzotto e Renato Guttuso a causa della sua forte gelosia ma, come disse Marta, “non era totalmente ingiustificata”. L’intervento di Gerry e Daniela evitò il peggio. Oggi ci arrivano i grandi nomi della cultura da Daniel Pennac a Marina Abramovich ad Anselm Kiefer.

 

Ma Daniela Bertazzoni è un emblema della buona Milano anche perché riesce a vivere una vita parallela, in apparenza così lontana dal lusso: la beneficenza, attraverso la onlus che presiede. E anche nelle missioni impossibili come questa, la signora sa coinvolgere i suoi clienti. Come quando organizza le sue grandi feste, dove arriva il bel mondo milanese. L’ultima pochi giorni fa, 500 invitati, a tema: il Grande Gatsby. “Che nelle nostre sale era perfetto. Le signore vestivano abiti ricchi di frange, piume e strass”. Tutto per beneficenza. “Perché ho bisogno di soldi per fare i pozzi d’acqua nel Mali. Dopo un viaggio in Africa, e sensibilizzata da un mio portiere di notte allo Straf, l’altro nostro albergo a Milano, accanto al Duomo, ho iniziato ad occuparmene seriamente anche perché presiedo la onlus In-Vita da nove anni”. Una festa all’anno e Milano accorre. “E’ un’occasione per divertirsi e fare del bene, 120 euro per la cena e la serata di balli e canti”. Roberto Spada, Rosita Adamoli, Daniela Gerini, Mita De Benedetti, Ornella Vanoni, Emanuele Bellotti sono gli amici di sempre e che non mancano mai, felici, tra i tanti di contribuire. “L’anno prossimo grande festa per i miei 80 anni”. Non c’è dubbio che sarà scoppiettante come lei. Intanto la figlia, Alissia Mancino, la quarta generazione, sta a guardare divertita. Non potrebbe che essere così.