Via Abbiati nel quartiere milanese di San Siro (Foto LaPresse)

San Siro, il quartiere con due volti e la fatica della politica

Daniele Bonecchi

Seconda periferia. Investitori privati ci sono dove va tutto bene, ma il resto è degrado

Periferie, atto secondo. Basta salire sul tram numero 16, che passando da piazza Brescia attraverso il quartiere popolare porta al capolinea di San Siro, davanti allo stadio, per scoprire un mondo a sé, anzi due. Del vecchio quartiere di San Siro, nato nel Dopoguerra per ospitare gli sfollati e poi gli operai del boom (moltissimi immigrati dal sud), teatro nei primi anni 60 anche di episodi criminali, come la rapina della banda di Ugo Ciappina al furgone portavalori di via Osoppo, sono rimasti solo i casermoni Aler scrostati. Il buco nero del quartiere. Anche in via Tracia, dove ha vissuto la sua vita da ferroviere e anarchico Pino Pinelli con la moglie Licia, le case popolari (e le cantine) sono abitate da immigrati, più o meno regolari, e da qualche anziano autoctono sopravvissuto. Settimane fa, proprio in via Ricciarelli, nel cuore delle case popolari degradate, un bambino di due anni, Mehmed, è stato massacrato di botte dal padre: uno dei tanti episodi di violenza e abbandono. Spaccio, aggressioni, occupazioni abusive sono state per anni il rumore di fondo di un intero quartiere che ha cambiato radicalmente Dna. Un quartiere abbandonato.

  

 

Dall’altra parte, in fondo a via Novara, a ridosso dello stadio, accanto al verde dell’ippodromo, invece c’è un Eden, per quanto urbanisticamente irrisolto, un po’ casuale: un’area residenziale da sempre rifugio delle famiglie che contano, verde, tranquillità, agio. Qui, negli anni 70, l’anonima sequestrò il piccolo (7 anni) Daniele Alemagna. Un altro mondo, senza nessun collegamento con la “corea” delle case popolari: solo il tram numero 16. E in questo paradiso, tra il verde e i ricordi di Varenne, cavallo-campione, sull’area del trotto ormai abbandonata (sarà conclusa a giorni la vendita da parte di Snaitech al gruppo Hines – nascerà un nuovo insediamento. Dal comune non commentano, ma il progetto potrebbe trovare spalancate le porte di Palazzo Marino, come sempre avviene quando arrivano investitori privati di qualità. Si parla di un migliaio di alloggi, la metà dei quali in affitto. Non mancheranno negozi, ristoranti e un hotel. Ultimato l’acquisto dell’area il fondo Hines conta di ottenere luce verde dal Comune entro due anni. Sicuramente sarà un altro quartiere residenziale a cinque stelle – anche se il patron di Hines, Mario Abbadessa, parla di affitti calmierati – con la metropolitana (M5) sotto casa, la pista del galoppo e lo stadio Meazza a un passo. E proprio a proposito delle sorti dello stadio, il sindaco Sala giorni fa ha spiegato: “Lo sapremo tra poco, credo che Milan e Inter siano quasi pronte a consegnarci una proposta che però io non conosco. Si tratta di pazientare ancora un po’, credo che prima delle vacanze arriveranno da noi con un’idea”.

 

San Siro dai due volti dunque: verde, servizi qualificati, impianti sportivi da una parte; degrado, delinquenza e case popolari dall’altra. È su questo confine, quando le risorse (pubbliche) non abbondano, che la politica fatica a intervenire, nonostante i propositi di rilancio. Beppe Sala e Attilio Fontana, giorni fa, si sono fatti vedere assieme nel cuore del quartiere popolare, per lanciare un progetto che prevede anche la riapertura di alcuni negozi, basterà? “Da un’attenta analisi dei bisogni – ha detto il sindaco – sono emersi i principali temi su cui si è registrata piena convergenza tra regione e comune. In particolare, da parte nostra, ci impegneremo a mettere in atto un programma straordinario di riqualificazione degli spazi pubblici anche in relazione alla cura, al decoro e alla riqualificazione del verde. Decisivo è riuscire a dare una prima risposta al problema del lavoro; anche su questo siamo pronti a fare la nostra parte”, ha insistito il sindaco. “Come regione – ha spiegato poi il governatore Fontana – puntiamo ad affermare sempre più i principi della legalità per una convivenza sociale che garantisca serenità ai cittadini. Guardando specificamente agli interventi infrastrutturali, siamo pronti a programmare opere di riqualificazione di alcuni cortili e, ove possibile, anche negli ‘interni’ di edifici particolarmente degradati non previsti nel contratto di quartiere. Abbiamo peraltro fatto presente di poter contare su importanti risorse economiche destinate a questo tipo di investimento, derivanti dal recentissimo accordo tra Regione Lombardia e ministero delle Infrastrutture e Trasporti”.

  

Parole, ma è già un fatto che comune e regione, dopo i cazzotti elettorali, abbiano ripreso il dialogo. Particolare attenzione alla sicurezza, insistono all’unisono. Ma il degrado nel quartiere sembra irreversibile e l’impegno economico per risanarlo è una goccia nel mare: qui gli sviluppatori privati sono un miraggio. Sono già stati investiti 43 milioni di euro nel contratto di quartiere, che ha portato alla parziale riqualificazione di oltre 1.100 alloggi, alla realizzazione di un asilo nido, alla ristrutturazione del mercato comunale, del Centro anziani oltre che al rifacimento di alcune opere stradali. È sceso in campo, per dare una mano, anche il Politecnico che, nel quartiere, in via Gigante, ha allestito un hub. Obiettivo: creare lavoro attraverso la formazione. Domenica scorsa è stato inaugurato anche, in piazza Stuparich, dopo nove anni di attesa, il nuovo Palalido. Struttura modernissima, duttile, al centro di una struttura multiservizi. Chissà mai che il comune, oltre a guardare al bilancio di Milanosport, utilizzi gli spazi aggregativi di piazzale Lotto (a un passo dal degrado di San Siro) e del Palalido, aprendoli ai molti giovani emarginati o in cerca di integrazione. La dicotomia tra investimento privato e mano pubblica nella rigenerazione urbana è un problema al momento insolubile, anche per una amministrazione di sinistra. Superare le dicotomie sociali, dovrebbe essere un obiettivo più facile. 

Di più su questi argomenti: