Martedì scorso Huawei ha inaugurato la nuova sede a Milano (Foto LaPresse)

Huawei inaugura il suo nuovo hub a Milano tra sorrisi e cautele

Daniele Bonecchi

Il vicepresidente dell'azienda tech cinese assicura di "volere seguire le regole europee", ma la possibile adesione dell'Italia alla Nuova Via della Seta rischia di compromettere i nostri rapporti internazionali

Qualche giorno fa il National Security Council della Casa Bianca si è detto allarmato, a proposito della ventilata adesione dell’Italia al progetto cinese della Nuova Via della Seta: “Siamo scettici sul fatto che il sostegno del governo italiano porterà benefici sostanziali agli italiani e potrebbe finire per danneggiare la reputazione globale dell’Italia sul lungo periodo”; l’ambasciata degli Stati Uniti in Italia è in fibrillazione da tempo; la Commissione europea ha adottato due giorni fa una nuova linea per la comunicazione tra Bruxelles e Pechino che indica come le relazioni tra la Ue e la Cina siano da modulare, a seconda dei settori, in rapporti con un “partner”, con un “concorrente economico”, o con un “rivale politico”.

 

In tutto questo, il governo italiano sembra intenzionato a firmare – tra una settimana a Palermo, quando il presidente cinese Xi Jinping sarà ospite del presidente del Consiglio Giuseppe Conte – il discusso (e ancora misterioso, nel testo definitivo) Memorandum con Pechino, inteso a implementare la collaborazione nel progetto della Via della Seta; ieri Conte ha rilasciato una intervista al Corriere della Sera in cui ha cercato di rassicurare tutti. L’Italia sarebbe, comunque, il primo paese del G7 a firmare il memorandum, che non ha un particolare contenuto concreto o vincolante: ma il passo è comunque di grande impatto simbolico e diplomatico.

 

Poi, nel frattempo, vita ed economia scorrono, soprattutto a Milano dove negli anni recenti il ruolo e l’investimento da parte di aziende cinesi è stato in costante crescita. Una partnership impossibile da trascurare, da entrambe le parti. Martedì c’è stata l’inaugurazione dell’Experience and Competence Center (IECC), hub milanese del colosso delle telecomunicazioni cinese Huawei, dislocato negli uffici del complesso del Lorenteggio Village, parte del Vodafone Village – che tra l’altro ha ottenuto la certificazione LEED (Leadership in Energy and Environmental Design), il sistema internazionale più autorevole e diffuso per la misurazione e certificazione della sostenibilità degli edifici. È stato un momento per provare a misurare la temperatura della febbre, in riva ai Navigli.

 

Era presente Abraham Liu, vicepresidente per l’Europa di Huawei, che ha sfoderato il profilo diplomatico migliore presentando il ruolo della sua azienda, sotto tiro in tema di sicurezza delle comunicazioni: “Siamo pronti a seguire qualsiasi tipo di regole che saranno fissate dai governi e dalla comunità” europea, ha detto affrontando il tema delicato del 5G: “Siamo felici che il 5G svolgerà un ruolo importante nella digitalizzazione, per ogni tipo di industria nei prossimi anni. Proprio per questo noi capiamo le preoccupazioni di ogni singolo consumatore e cliente relative alla sicurezza, e questo è un problema che condividiamo a tutti i livelli”, ha aggiunto.

 

C’era il sindaco Beppe Sala, e rispondendo al Foglio ha indicato una via di equilibrio, un suggerimento indiretto anche per le scelte del nostro governo sul necessario aggancio italiano all’Europa: “Stiamo assistendo nel mondo ad una competizione tra Usa e Cina, l’Europa dev’essere il terzo elemento di questa competizione e di questa collaborazione, è inevitabile. Solo attraverso una capacità dell’Europa di stare insieme, di impostare politiche comunitarie, noi potremmo essere un competitor e un partner di riferimento. Se no vedremo un mondo con due giganti come Stati Uniti e Cina e dei paesi europei che, in modo affannoso, inseguiranno. Il nostro paese può giocare la sua partita”.

 

Del resto Huawei è in Italia da quindici anni, nel 2008 ci fu l’apertura del centro di ricerca e sviluppo dedicato alle tecnologie microwave e alle alte frequenze, diventato poi centro globale nel 2011. E ora l’inaugurazione dell’Experience and Competence Center. Una lunga strada, spiega Abraham Liu: “Negli ultimi 18 anni Huawei e l’Europa sono cresciuti insieme. L’Europa è ora il nostro più grande mercato al di fuori della Cina, nell’ultimo decennio Huawei ha fornito prodotti e servizi nel Vecchio continente per circa 40 miliardi di dollari, creando posti di lavoro per decine di migliaia di persone. In Europa sono stati creati 23 istituti di ricerca e sviluppo, con un investimento di oltre un miliardo di dollari”.

 

Huawei collabora con le Pmi europee nell’innovazione digitale e, nei prossimi tre anni, progetta un investimento di 50 milioni di dollari negli OpenLabs europei. Thomas Miao, ceo di Huawei Italia sottolinea che “l’apertura di una nuova sede risponde non solo alle esigenze di crescita dell’azienda, che ad oggi impiega oltre 800 persone, di cui l’85 per cento locali, ma alla volontà di aprire le porte a operatori e aziende pubbliche e private per conoscere le innovazioni e le soluzioni ICT con cui ci proponiamo di continuare a contribuire alla digitalizzazione del paese” aggiunge.

 

Difficile per tutti, e per Milano in particolare, non fare i conti con la forza dell’investimento cinese. Anche se il momento suggerisce a tutti, aziende italiane comprese, il low profile. Ma non si può non ricordare che la presenza ai massimi livelli cinese nell’economia milanese è enorme, Inter di Suning a parte. Dal 2015 Pirelli è parte di ChemChina, nell’immobiliare investe Fosun, Alibaba ha qui il suo quartier generale per il sud Europa, la Tsinghua University col Politecnico ha varato laboratori ad alta specializzazione nel campus di Bovisa, per non parlare dei settori della moda e del trading.

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