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Due candidati per il Pd e i barbari alle porte. Ecco cosa pensano

Fabio Massa

"È ora di superare il 'modello Milano', servono parole nuove". Parlano Vinicio Peluffo e Eugenio Comincini, sfidanti alla segreteria regionale dei Dem 

Perché indugiamo ancora? Che ci si aspetta? Ad ogni istante si aggravano i mali e si rende più difficile il rimedio. Il più piccolo ritardo può esserci funesto”, dicevano i congiurati a Bajamonte Tiepolo. Era di Venezia, e i barbari erano quelli che detenevano il potere. Ma c’è sempre un senso di urgenza, di fronte alle situazioni emergenziali o percepite tali. Così, il Partito democratico lombardo, mentre la Borsa fibrilla e gli imprenditori si incazzano, prova da una parte a lanciare l’assalto al governo e dall’altro a reggere l’urto dei “barbari alle porte”: i leghisti dopo l’Italia puntano all’Europa, e dopo l’Europa chissà: addirittura a Milano, la città che più ha amato il Pd e Renzi, e dove governa un sindaco che è l’opposto del populismo di governo (ed è orgoglioso di esserlo). Ma che se si andasse a elezioni oggi, Il Pd e Beppe Sala avrebbero vita durissima a spuntarla contro la Lega (e un po’ di Cinque stelle, che pur si muovono).

 

“Come porre un argine all’avanzamento di Lega e M5s? Dobbiamo prima di tutto rimotivare e rimobilitare il campo democratico, parlando a quanti si sono allontanati dal centrosinistra, comprendendo le ragioni del disagio e convincendoli che questo è il momento. E’ il momento nel quale tutti dobbiamo contrastare i nazionalismi e i populismi per difendere il campo di valori nel quale giochiamo”, spiega al Foglio con voce pacata Vinicio Peluffo, ex parlamentare, primo dei due candidati alla segreteria regionale dei Dem. Eugenio Comincini, il suo sfidante, sempre al Foglio, ribatte buttandoci dentro un’idea forte: “Iniziamo a dire che i barbari sono già tra noi in qualche misura. Ma al tempo stesso la storia ci insegna che i barbari si possono fermare se le istanze dei territori vengono recepite. Il Partito democratico ha la capacità di integrare sensibilità diverse e genti diverse. È giunto il momento per il Pd di andare a dare risposte nuove per le esigenze del Nord“. Eccolo, il Nord. Un tempo nel nome della Lega, modello di battaglia.

 

Il centrosinistra replicava con il “Modello Milano”, che oggi pare un po’ in disuso. “Il Modello Milano? Innanzitutto credo che oltre a riaffermare i nostri valori sia fondamentale costruire un’agenda radicalmente diversa da quella del centrodestra – dice Peluffo – Quindi opposizione dura in Consiglio regionale ma anche capacità di individuare temi nuovi e diversi per cambiare il dibattito in Regione. Poi certo, la buona amministrazione consente di ripartire”. E di resistere anche. “Sì, pure di resistere. Abbiamo perso comuni importanti come Cinisello ma ne abbiamo conquistati di nuovi come Seregno. E soprattutto al primo turno c’è stato il risultato di Brescia che ha consentito al Pd nazionale di tenere rispetto a una tornata amministrativa difficilissima. In Lombardia ci sono modelli di buona amministrazione. Però dobbiamo trovare parole nuove”.

 

Eugenio Comincini lo dice esplicitamente, di voler superare il “Modello Milano”: “Uscirei da questa visione, anche se è evidente che a Milano ha funzionato. Però noi dobbiamo pensare a un modello nuovo, che è un modello federale. Che riesca a interpretare l’esigenza dei nostri territori di essere agganciati all’Europa che corre, senza scordarsi chi resta indietro. Non è un caso che il Pd ha preso più consenso in Lombardia rispetto alla media nazionale”.

 

Comincini batte molto sul partito del Nord. Idea non nuova (anzi, antica). “Il progetto del partito del Nord nasce con il Pd stesso. L’articolo 1, comma 2 dice che il Pd è un partito federale, ma di fatto non è mai stata creata alcuna composizione federale del partito. Anche ascoltando la relazione di Bonomi, presidente di Assolombarda, emerge la necessità di rappresentare risposte per le istanze del Nord. Ed emerge che la Lega non è in grado di rappresentare questa sensibilità: altrimenti Assolombarda non farebbe a pezzi, come ha fatto, la manovra economica. Del resto è normale: come fa a parlare al Nord un governo che rottama Industria 4.0, il superammortamento, le necessità della scuola, che scassa l’europeismo che invece sta nel cuore della Lombardia?”.

 

Sul partito del Nord Peluffo è più freddo: “Io sono convinto che l’autonomia non si evoca ma si esercita. E la si esercita nel momento in cui si riesce a interpretare il proprio territorio a partire dalle potenzialità e dalle contraddizioni. L’Industria 4.0? In Lombardia sono aumentate le opportunità ma anche i rischi e le diseguaglianze. Dobbiamo interpretare una insicurezza diffusa che ha riguardato tanti lavoratori. Dobbiamo puntare sulla competitività di sistema, ma dobbiamo dire ai lavoratori che siamo loro vicini perché puntiamo sulle loro competenze e anche su nuovi modelli di welfare e di sostegno al reddito”.

 

Diversi, Comincini e Peluffo. Ma concordano sull’utilità di manifestazioni come la Leopolda di Renzi e Piazza Grande di Zingaretti. “Sono la dimostrazione della vitalità e di come la comunità democratica non abbia abbandonato il campo. E’ opportuno che ci siano forme diverse di mobilitazione, ed è fondamentale che il Pd riesca a interloquire e avanzare una nuova proposta. Il forum nazionale di sabato e domenica, proprio qui a Milano, è una tappa fondamentale”, spiega Peluffo.

 

Concorda Comincini: “Leopolda e Piazza Grande sono entrambe attuali. Mi trovi un altro partito che in due settimane riesce a coinvolgere così tante persone. Credo che sia giunto il momento di valorizzare le positività, e non soltanto auto-flagellarci. Il Pd è un partito nel quale i propri militanti possono mobilitarsi: che poi queste iniziative vengano proposte da Renzi, Zingaretti, Martina, non è rilevante. Certo, poi dobbiamo fare sintesi. Diciamocelo: al Circo Massimo erano in quattro gatti, hanno detto cose di cui vergognarsi e zero proposte politiche. A Piazza Grande e alla Leopolda, invece, di proposte ce ne sono state molte”.

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