Gran Milano

Il "promemoria di Adriano" per Forza Italia: cosa cambia con l'elezione di Galliani

Fabio Massa

Le elezioni a Monza per il seggio di Silvio Berlusconi fotografano stato di salute del partito. E aprono a diversi scenari che riguardano anche le prossime elezioni regionali in Lombardia

I più ottimisti pensano che l’elezione di Adriano Galliani a Monza sia il segno più evidente che Forza Italia c’è, e sta bene. O quantomeno meglio. I pessimisti, ma che adorano ritenersi realisti, ritengono invece che Monza sia stata una partita semplicissima, ma che nulla cambia al quadro. Anzi, semmai lo complica. Perché aggiunge tempo a una illusione. Sullo sfondo, una trama complicata per gli azzurri, fatta di nuovi ingressi, problemi economici, e soprattutto difetto di prospettiva.

Da lungo tempo i colonnelli di FI, e in primo luogo il generale in carica Antonio Tajani avevano dato un ordine di scuderia: a Monza il seggio che era stato di Berlusconi doveva essere vinto, e bene, da Galliani. Nessuna sottovalutazione della sfida, perché il timore più grande era l’astensionismo (effettivamente, al 19,3 per cento). Quando poca gente va al voto, tutto può succedere. Tutte le reti si sono attivate, dunque, e alla fine Galliani ha portato a casa un incoraggiante 51,46 per cento, staccando di molto Marco Cappato, al quale Elly Schlein si era affidata, facendo arrabbiare non poco i cattolici dem e i territori, a partire dal sindaco di Monza. “Era l’ultimo debito che Forza Italia aveva con la famiglia”, mormorano i dubbiosi, ma le parole di ieri, pubbliche, di Marina Berlusconi, successive all’affaire Giambruno, sembrerebbero smentire la tesi.

Il secondo dato su cui misurare lo stato di salute di Forza Italia è l’ingresso di Letizia Moratti. Sicuramente un ingresso pesantissimo, per molti motivi. A livello numerico, in Consiglio regionale ci saranno tre o quattro nuovi seggi, che incrementeranno il gruppo almeno del 30-40 per cento. Non poco. C’è però chi fa notare che l’ingresso di nuovi consiglieri regionali di fatto cambia poco il peso specifico del gruppo, visto che la Lega e Fratelli d’Italia sono largamente maggioritari, ma aumenta la “fame” di ricandidatura tra quattro anni. Un problema, se la prospettiva politica rimarrà così asfittica. Chi dei 10 consiglieri azzurri potrebbe giurare che ci sarà ancora un partito, alle prossime elezioni regionali? Difficile dirlo, perché la fase di salvataggio è in atto. A complicare la vicenda è la formula con cui si inizieranno i congressi provinciali. A livello nazionale non cambia nulla, poiché i delegati eleggeranno sicuramente Tajani. E  Tajani, da statuto, avrà esattamente lo stesso potere che aveva Berlusconi. A livello locale però iniziano i problemi.

Un emendamento che era stato proposto, e che prevedeva per chi si candidava segretario l’iscrizione al partito almeno negli ultimi due anni è stata bocciata, e dunque il congresso sarà un gioco di tessere. Facile intuire che ci potrebbero essere sorprese. Nel Pd, grazie al tesseramento selvaggio in alcuni casi, anche in provincia di Milano, ci sono state candidature a sindaco sui territori anche non condivise a livello metropolitano. C’è poi il tema delle alleanze. Se sotto la Madonnina in molti danno come favorita Cristina Rossello, come sintesi tra le correnti, da altre parti proprio i congressi favoriranno l’emersione di piccoli gruppi che si daranno battaglia. Al nord le elezioni non le vincono solo i capibastone, ovvero gli uomini che controllano le preferenze: se non c’è una proposta vincente, di fatto i capibastone in questa lotta per il potere del partito si ruberanno i pacchetti di voti, senza però incidere sulle urne. 

Ultima questione è quella legata a Fratelli d’Italia e alla Lega. Presto la Lega farà il suo congresso regionale. Chi arriverà al vertice? Presto per dirlo. Se sarà un leghista duro e puro, che propende per tutelare il nocciolo  del partito e non favorire nuovi ingressi, sarà un discorso. Ma se sarà un aperturista, che possa garantire un futuro anche a esponenti in fuga da FI, che cosa potrebbe trattenerli dall’andare via? Idem per la segreteria regionale di Giorgia Meloni. A oggi c’è Daniela Santanché, sostenuta fortemente da Ignazio La Russa. Prima o poi, anche se non pare alle viste, ci potrebbe essere un cambio. Si ripropone il ragionamento fatto per la Lega: oggi le porte sono chiuse, ma si potrebbero anche a riaprire, e la sirena Giorgia è infinitamente più allettante. Insomma, il successo di Monza non cancella i problemi di Forza Italia. Scosse telluriche lombarde, piemontesi, liguri che tuttavia non toccheranno minimamente Roma, dove Tajani è più saldo che mai. Considerato anche che Letizia Moratti parrebbe più interessata a un ruolo forte in Europa  che in Lombardia.

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