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GRAN MILANO

Il nucleare a Milano? Non è un cattivo futuro. Ecco chi lo studia

Daniele Bonecchi

Così Edison con le sue “Officine” e il Politecnico nei suoi hub della Bovisa guardano al futuro dell’energia

Allarme a Milano! No, non è un attacco terroristico e nemmeno la banda del Rolex in azione. Circola da ore l’ultima previsione di Matteo Salvini: la prossima centrale nucleare sorgerà proprio qui, entro il 2032, con tanto di referendum. Tornando alle cose serie, invece: serviva la scossa degli “odiati” cugini d’Oltralpe per riportare d’attualità il tema dell’energia nucleare in Italia. E a ragionare (e lavorare) sul nucleare di nuove generazione c’è, guardacaso, proprio Milano. con un’aziendacome Edizon e le sperimentazioni del Politcnico alla Bovisa. Un po’ di storia. Dopo i referendum del 1987 e del 2011, il Parlamento italiano è rimasto pressoché silente. Ma Ansaldo, con altri operatori, non ha smesso di lavorare e ora sta partecipando al grande progetto della centrale a fusione nucleare in prossimità di Cadarache, vicino a Marsiglia. Invece sul territorio nazionale l’unica azienda a parlare di fatti concreti è stata Edison, col suo amministratore delegato, Nicola Monti, che ha annunciato l’intesa con Ansaldo e EDF: “Con questo accordo gettiamo le basi per una riflessione concreta e aperta sul ruolo del nuovo nucleare a supporto della transizione energetica italiana. Un’esigenza tanto più evidente a seguito degli sconvolgimenti dell’ultimo anno, che dimostrano l’importanza di scelte strategiche di lungo periodo”.

“Quando parliamo di nucleare in Italia l’orizzonte temporale supera il 2030 – spiega al Foglio Lorenzo Mottura, executive vice presidente della divisione Strategy, corporate development & innovation di Edison  – per noi l’ambizione è traguardare il 2040. Siamo il primo operatore in Italia che ha il coraggio di puntare sul nucleare, anche perché la transizione energetica ne ha bisogno. Poi – aggiunge il manager – il conflitto russo-ucraino ha messo in evidenza come una certa dimensione di indipendenza energetica è fondamentale. Il rischio è sostituire la dipendenza dal gas russo coi pannelli solari cinesi (a livello mondiale stanno al 95 per cento). La chiave è l’evoluzione tecnologica, rispetto alle centrali che il gruppo EDF sta costruendo in Francia, in Inghilterra e Cina, le strutture di cui parliamo sono diverse, adattabili per un territorio come quello italiano”. Dopo l’incidente di Fukushima la tecnologia che detta le regole per la sicurezza ha fatto passi avanti. “Oggi gli impianti di terza generazione sono di grandissima taglia, da 3,5 gigawatt di potenza. Si basano tutti sulla fissione nucleare perché la fusione non è ancora matura”.

Edison sta lavorando al progetto di due rea Small Modular Reactor (reattori piccoli e modulari) di generazione 3 plus (fissione sicura). “Sono un decimo rispetto a quelli in costruzione ora, da 300 megawatt. Sono piccoli, modulari, costruiti direttamente in fabbrica (da Ansaldo) e poi montati sul sito prescelto. Con un impegno di capitale e di tempo limitati. Hanno la dimensione delle centrali a gas o a carbone e dunque possono sostituirle”. La rogna da risolvere è quella delle scorie: si ricorderà negli anni 80 la pantomima sulla ricerca affannosa di un sito nazionale, rimbalzato lungo lo stivale. “La produzione di scorie è decisamente minore, solo il 3 per cento deve essere smaltito – rassicura Mottura – il resto potrà essere riutilizzato come combustibile nelle centrali di ultima generazione. La distribuzione dell’energia potrà avvenire con la rete elettrica esistente”. Naturalmente parliamo del 2030, “ora siamo nella fase di industrializzazione. Oggi l’Italia però deve lavorare a creare le condizioni del ritorno al nucleare, va creata una rete appropriata per dare l’avvio a tutte le procedure. Poi occorre avviare un piano di comunicazione per spiegare alla popolazione che la sicurezza è garantita, grazie a nuove procedure che producono lo spegnimento automatico dell’impianto”.

Il punto nevralgico di questi progetti di Edison è nelle Officine, realizzate in collaborazione col Politecnico di Milano e Torino. Le Officine Edison, dislocate nel cuore della Bicocca e realizzate in collaborazione con PoliHub, sono un laboratorio di idee aperto a tutti. Alla Bovisa si lavora sull’intelligenza artificiale che viene impiegata per i processi di produzione. Poi ci sono droni e robot per la gestione degli impianti Edison, particolare attenzione al controllo e allo stoccaggio di energia. “Nell’ambito dell’attività di ricerca e sviluppo sulle energie – spiega uno dei tecnici delle Officine Edison – analizziamo le nuove dipendenze che si stanno verificando nel nostro paese. Ad esempio le materie prime utilizzate nella realizzazione dei pannelli solari sono localizzate in Cina, come le batterie al litio che vengono prodotte per lo più in Cina. Sul fotovoltaico si sta lavorando ad un’alternativa al silicio, si tratta di materiali fotovoltaici sotto forma di vernici, che ne moltiplicano la produttività”. Edison guarda al futuro dell’energia, dunque. e il nucleare ne fa parte. “Le Officine Edison sono un caso esemplare di come imprese, istituzioni e mondo accademico possono dare un contributo concreto a progetti innovativi, accompagnando il paese verso un mondo sempre più sostenibile e a misura delle comunità e delle imprese del territorio”, conclude l’amministratore delegato Nicola Monti.

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