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Arriva il no all'impianto per la trasformazione dell'umido in metano a Pero. Puzza e ideologia

Giovanni Seu

“Con una rimodulazione del progetto credo che si possa ripartire. Un nuovo sito? E’ prematuro parlarne, andrebbe discusso nell’ambito della città metropolitana”, dicono da Cap Holding, la società che avrebbe dovuto realizzare l'impianto

Alla fine Cap Holding ha dovuto alzare bandiera bianca, l’impianto per il trattamento dei rifiuti organici urbani di Pero non si farà. Almeno per ora. Troppo forte il fuoco di sbarramento prodotto da comitati e istituzioni contro un progetto mirato alla trasformazione dell’umido in metano, energia e calore (cfr altro articolo su questa tecnologia). Hanno prevalso le paure “sull’altissimo impatto ambientale”, come dice un ordine del giorno approvato dal Consiglio comunale di Pero lo scorso giugno, che si potrebbe produrre sul territorio. Un testo molto duro contro l’opportunità di portare avanti questa operazione in un “contesto territoriale fortemente urbanizzato, infrastrutturato e densamente abitato”, che già soffre di “molestie olfattive” prodotte dal depuratore di Pero e che deve anche ospitare come indesiderato vicino di casa il termovalorizzatore di Silla2 che ogni anno brucia 550 mila tonnellate di rifiuti assieme ad altri tre impianti meno impattanti.

Particolare da non trascurare, l’odg è passato all’unanimità. Sulla stessa linea si è collocata la giunta, di centrosinistra, che in un paio di delibere, oltreché con una lettera inviata a Cap nel 2020, ha espresso la propria contrarietà. Non ultimi, come elemento di pressione, i comitati dei cittadini Copernico e Salute Pero che, solo una settimana fa, hanno raccolto 400 firme contro l’impianto che dovrebbe riciclare la Forsu, la frazione organica dei rifiuti solidi urbani.

Un quadro ostico per Cap Holding che si vede priva del consenso indispensabile per portare avanti opere di solito poco gradite a chi se le trova sotto casa, ma quanto mai necessarie per assicurare lo smaltimento dei rifiuti. Yuri Santagostino, presidente della società che gestisce il servizio idrico integrato dell’area metropolitana, spiega al Foglio come si è arrivati alla scelta di Pero: “Va inquadrata nell’ambito di un piano d’investimento che riguarda la ex provincia, abbiamo approvato un piano industriale di 37 milioni di euro: in un’ottica di economia circolare Pero è risultata la più idonea perché già dotata di un depuratore che ha lo spazio sufficiente per ospitare l’impianto per l’umido, in questo modo evitiamo un nuovo consumo di suolo”. Una soluzione all’insegna dell’ambiente, ma non sufficiente per convincere i contestatori del depuratore quale fonte d’inquinamento: “Il depuratore di Pero è moderno e sicuro, abbiamo da poco investito 2 milioni proprio per migliorare le emissioni sulle quali c’è anche un monitoraggio del Politecnico. Per quanto riguarda l’umido non ci sarebbero rischi, è progettato con i più elevati standard tecnologici, ambientali e sanitari”.

Prima di gettare la spugna Cap vuole tentare un’ultima sortita. Entro il mese deve presentare le integrazioni al progetto che poi saranno esaminate dalla Conferenza dei servizi. Per Santagostino esistono i margini per l’approvazione: “Con una rimodulazione del progetto credo che si possa ripartire. Un nuovo sito? E’ prematuro parlarne, andrebbe discusso nell’ambito della città metropolitana”. Non sarà facile tradurre in pratica l’ottimismo del presidente di Cap: deve acquisire il via libera nella Conferenza dei servizi composta da Regione Lombardia, Città metropolitana di Milano, Parco agricolo sud, i comuni di Pero, Rho e Settimo Milanese, Ats Milano, Ato, Soprintendenza per la Lombardia e Arpa che però non esprime parere. Secondo Paolo Festa, consigliere delegato all’Ambiente di Città metropolitana, sarà determinante l’ampiezza di revisione del progetto: “Dovremo valutare l’aspetto tecnico, la conformità alle norme. Credo che sia importante per Cap ascoltare il territorio, da ex sindaco ho dato questo consiglio”. Lo scoglio da superare per Cap è rappresentato da una precisa criticità: “Questo progetto aumenta la concentrazione di impianti – conclude Festa – dovremo stabilire se ci saranno le mitigazioni che ne consentono la realizzazione”.

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