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Granmilano

Giungla d'asfalto. La guerra del traffico a Milano si fa dura 

Daniele Bonecchi

Gli incidenti, pedoni e ciclisti esasperati. Ma vale anche per auto e logistica. Le scelte errate del Comune. La voce di Aci

Dopo la tragica teoria di ciclisti e pedoni vittime di incidenti stradali lungo le arterie milanesi, anche la lobby a due ruote – coccolata come un peluche dall’amministrazione comunale – ha deciso di gettare la spugna invitando i cittadini a lasciare la bicicletta a casa. La società Makno del professor Mario Abis – scrive il Corriere – ha registrato un calo del 20 per cento nell’intenzione di usare la bici tra chi la utilizzava ogni giorno. Anche i ricercatori del Politecnico stanno notando una tendenza analoga. Ovviamente la rinuncia non è la soluzione, ma non appaiono tali nemmeno certe idee del Comune. Per capirlo basta percorrere via Marghera – una delle vie commerciali più frequentate – alle dieci del mattino, coi furgoni costretti a parcheggiare in doppia fila; mentre dalle 18 il rito dell’aperitivo convive con affollamento e ingorghi d’auto. Bene, proprio qui gli astratti furori del “comune a due ruote” hanno pensato di disegnare una nuova ciclabile. “Mi domando – afferma Gabriel Meghnagi, presidente della rete associativa Vie, di Confcommercio Milano – come si possa pensare di far passare una ciclabile in via Marghera: stretta, molto trafficata e ad alta densità commerciale. Produrrebbe un immediato effetto imbuto del traffico anche in piazza Wagner”, altro snodo cruciale. Ma questa – assieme alla follia di strozzare tutti gli assi di scorrimento della città – è solo la punta dell’iceberg, perché Milano è in piena emergenza traffico.  

“L’amministrazione comunale ha provato a mettere il carro davanti ai buoi – dice al Foglio Geronimo Larussa, presidente di Aci di Milano – si è insistito con l’idea di costruire un nuovo sistema con al centro la mobilità dolce. Questa spinta, al di là del merito se giusta o sbagliata per città come Milano con una pianta medioevale – doveva essere preceduta da un’attività propedeutica di carattere culturale, su come viaggiare per strada, perché la strada è di tutti. E contemporaneamente si sarebbe dovuto creare un sistema infrastrutturale serio in grado di proteggere le biciclette, con piste ciclabili non in una sede promiscua”. E magari fuori dai grandi assi di scorrimento come corso Buenos Aires. “Tutto questo – prosegue il presidente dell’Aci – non è stato fatto e la città affronta una situazione difficile”. Rimane aperto il buco nero della distribuzione delle merci, ora però sono in arrivo nuove regole. “La convivenza sulle strade sarà sempre più complicata, anche se il nuovo Codice della strada prevede incentivi per le zone 30 e le piste ciclabili e renderà obbligatoria anche la targa per i monopattini”.

Resta il fatto che le multe, distribuite in automatico dalle telecamere, rappresentano una irrinunciabile boccata d’ossigeno per i bilanci (a Milano nel 2022 valgono 151 milioni nel 2022). Su proposta dei sindaci aumentano le sanzioni per eccesso di velocità, che potranno raggiungere i 1.084 euro, con sospensione della patente da 15 a 30 giorni per chi in città supera i limiti due volte in un anno. “Dobbiamo essere attenti a non usare l’automobilista come un bancomat – conclude Larussa – il nuovo Codice vuole uniformare le norme sugli autovelox. Le zone 30 poi non possono essere generalizzate: bene davanti alle scuole, agli ospedali, ma non si possono mutuare sistemi di altre città del nord Europa assai diverse”. Sul fronte ecologico, la politica delle limitazioni agli ingressi lascia il tempo che trova. A quasi un anno dai nuovi divieti di Area B restano uguali gli accessi nella ztl più grande d’Europa: oltre i 600 mila al giorno. Il motivo? Sarebbe semplice da capire: la carenza dei mezzi pubblici davvero non di livello europeo. Ma a una giunta “milanocentrica” e interessata solo al green, quel che avviene intorno non importa.

La stagione autunnale del traffico cittadino porta novità. Dal 30 ottobre accedere all’Area C costerà 7,5 euro contro i 5 precedenti (più 50%). E dal 1 ottobre, con l’approvazione dell’apposita delibera, stop ai veicoli destinati al trasporto di persone con più di otto posti a sedere e ai veicoli destinati al trasporto di merci a partire dalle 3,5 tonnellate non dotati di sistemi avanzati in grado di rilevare la presenza di pedoni e ciclisti situati in prossimità della parte anteriore del veicolo o sul lato del marciapiede e di emettere un segnale di allerta. “Si procede a colpi di baionetta”, si lascia sfuggire un operatore del settore. “Alcuni mezzi pesanti hanno provocato la morte di ciclisti, è così che il comune ha deciso di rendere obbligatori i dispositivi di allarme dell’angolo cieco”, spiega Simonpaolo Buongiardino, presidente di Assomobilità. “Si partirà dai veicoli oltre i 10 metri e dall’ottobre del 2024 la norma verrà estesa anche ai mezzi più piccoli. Noi ci siamo messi a disposizione del Comune, i sensori da applicare ai mezzi costano cari: vanno da 1.200 ai 10 mila euro. C’è una specie di proroga di un anno, a patto che però si ordini (e si paghi) il dispositivo. Per aumentare la confusione si è saputo che questa norma non è stata applicata dai paesi Ue e probabilmente verrà sanata col nuovo Codice della strada.

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