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Incidenti e populismo vittimario

Tutte le sbandate giornalistiche sull'omicidio pedonale

Maurizio Crippa

Il rispetto per i morti è fuori discussione, ma i recenti casi dei due turisti di Roma e di una ragazza a Milano dimostrano che troppo spesso la stampa fa un trattamento sbagliato e colpevolista dei fatti. Ma le regole della strada sono un obbligo per tutti, pedoni compresi. Non sempre chi guida un'auto è colpevole

Le vittime di incidenti stradali, le persone che muoiono per investimenti (ormai sempre, quale che sia la dinamica, “omicidi stradali”) meritano il massimo rispetto, cordoglio e soprattutto la seria attenzione a un fenomeno grave. Il trattamento che ne fanno i giornali, influenzando il pubblico, è invece spesso stupido e falsificante, serve solo ad alimentare il giustizialismo. Anche quando si dovrebbe parlare di omicidio pedonale.

 

Parliamo di casi in cui, in realtà, ci si dovrebbe porre davanti a responsabilità che non sono solo e sempre di chi guida, casi per i quali anziché l’espressione  giustizialismo di strada, “omicidio stradale” (ma ora c’è anche quello nautico, aspettiamo quello sciistico) sarebbe più corretto parlare di “omicidio pedonale”. Non è questione di giocare cinicamente con le parole, sarebbe un’oscenità inutile. Ma è questione di segnalare, in primo luogo a chi costruisce l’informazione, sempre più concentrata sull’ultimo strillo di tragedia, e a chi se la sorbisce con malcelata voluttà o con intenti di giustizia sommaria (se non ci fosse un pubblico che lo chiede, non ci sarebbero i “decreti Caivano”, è chiaro no?), che è necessario invece rimettere le responsabilità individuali al loro posto. Anche quelle che pertengono al codice della strada, che riguarda gli automobilisti, ovvio, ma anche pedoni e ciclisti. Due giorni fa, c’è stato il fatto tragico di due turisti irlandesi morti nell’urto con un’auto sulla tremenda Cristoforo Colombo di Roma mentre attraversavano la carreggiata. “Coppia di turisti irlandesi travolta e uccisa in via Cristoforo Colombo”, “Un testimone: ‘In un attimo è stato l’inferno: quei due sono volati in aria come birilli’”. E persino: “Coppia irlandese uccisa sulla Colombo: il guidatore positivo al narcotest”. Leggendo però le cronache sottostanti agli strillati titoli, si capisce che i due, per i quali il dolore è ovviamente enorme, con ogni probabilità avevano provato ad attraversare una strada ad alto scorrimento, a doppia carreggiata e a doppie corsie nonostante il semaforo segnasse il rosso per i pedoni, per non perdere la corsa dell’autobus 709. Una tragedia. Che andrebbe però raccontata anche come la tragedia di un signore che stava andando in auto per la sua via (al momento non ci sono indizi che corresse a 180) e ha rischiato, a sua volta, di morire ammazzato perché due turisti distratti non hanno rispettato le regole che riguardano anche loro. Ah già, ma “è stato trovato positivo al narcotest”, si affrettano a scrivere. Gli stessi giornali che, in altri casi, omettono il dettaglio – specialmente se sono coinvolti i giovani: il colpevole è sempre e solo l’alcol – o prudenti specificano che il “drogometro” non ha la stessa precisione dell’etilometro: secondo vari studi rileverebbe l’uso pregresso di sostanze, non determinante al momento dell’incidente. Bene. Ma siccome stavolta sulla Cristoforo Colombo l’errore è stato dei pedoni, il narcotest viene ad adiuvandum.

 

In questi giorni, a Milano, tra incidenti gravi e meno, tiene banco sul Corriere l’investimento di una giovane donna da parte di una moto, nella centralissima e iper-telecamerizzata via Fatebenefratelli. Pare che la donna, forse per raggiungere un autobus, a sera e col buio, sia schizzata dal marciapiede per attraversare. Il giovane motociclista ha tentato di schivarla, l’ha urtata, è a sua volta caduto ed è finito in ospedale. Come una zia premurosa,  da giorni il Corriere ci informa sulle condizioni della donna (sta migliorando), e sempre si parla di “investimento”, di ennesimo caso della strage dei pedoni. Ma se fosse rimasto ferito gravemente il motociclista che rispettava le regole?  Se fosse stato lui la vittima di un “omicidio pedonale”, della sbadataggine colpevole di una passante, come l’avrebbe raccontata il populismo vittimario di giornali e opinione pubblica?

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"