toghe invadenti

La pazza inchiesta contro Chiamparino, Appendino e Fassino per lo smog a Torino

Ermes Antonucci

L'ex governatore del Piemonte e gli ex sindaci di Torino sono indagati per inquinamento ambientale colposo, sulla base di un'inchiesta più politica che giudiziaria (condotta da un pm sotto procedimento disciplinare)

Un’intera classe politica indagata per inquinamento ambientale colposo con l’accusa di non aver adottato misure adeguate per ridurre il livello di sostanze nocive nell’aria. Succede in Piemonte, più precisamente a Torino, dove la procura procede nei confronti dell’ex governatore Sergio Chiamparino, gli ex sindaci Chiara Appendino e Piero Fassino, e gli assessori che hanno gestito la delega all’ambiente tra il 2015 e il 2019. 

 

Nei giorni scorsi la procura torinese ha depositato la richiesta di citazione diretta a giudizio nei confronti degli indagati, con l’obiettivo di accelerare i tempi del procedimento. In sostanza, secondo gli inquirenti (il pm Gianfranco Colace, con il coordinamento degli aggiunti Enrica Gabetta e Vincenzo Pacileo), gli amministratori della città di Torino e della regione Piemonte non si sarebbero attivati abbastanza per combattere le concentrazioni di sostanze nocive nell’atmosfera. In particolare, avrebbero fatto affidamento a un meccanismo “inefficace” come quello del “semaforo” (che prevede divieti di circolazione alle auto in determinati giorni e fasce orarie in seguito al superamento dei limiti di Pm10), avrebbero definito un’area Ztl di dimensioni non adeguate, così come non avrebbero promosso un sistema efficace di incentivi in favore del trasporto pubblico e del bike sharing.

 

Per rendere più succulenta l’indagine (partita da un esposto del comitato “Torino respira”), il pm Colace ha depositato una relazione epidemiologica secondo la quale le misure inadeguate e i mancati interventi degli amministratori pubblici hanno determinato la morte di 900 persone

 

Come è evidente dalle contestazioni mosse dalla procura, si è di fronte a un’inchiesta più politica che giudiziaria, in cui la magistratura si spinge a valutare l’“adeguatezza” e l’“efficacia” di scelte adottate dagli amministratori nella loro legittima discrezionalità politica. Quando i bonus per il bike sharing, gli investimenti sul trasporto pubblico o i criteri di definizione di una Ztl possono definirsi adeguati? Sono queste le domande alle quali la magistratura torinese pretende di dare risposta, sulla base di oscure valutazioni soggettive e senza badare al contesto generale.

 

Basti considerare che, secondo gli ultimi dati dell’Agenzia europea dell’ambiente, la pianura padana è la regione più inquinata dell’Europa occidentale, a causa soprattutto della sua particolare conformazione geografica: la presenza delle Alpi e degli Appennini su tre lati portano a condizioni meteo  sfavorevoli alla dispersione delle sostanze inquinanti. Quando, allora, l’inquinamento sarebbe da attribuire alle cattive decisioni della politica e quando invece alla particolare posizione geografica della città di Torino? Non solo: è stato calcolato che sono 58 le città italiane dove la concentrazione di polveri sottili supera i limiti stabiliti dall’Organizzazione mondiale della sanità. Eppure nessun’altra procura, fatta eccezione di quella torinese, ha pensato di mettere sotto accusa tutte le varie giunte comunali e regionali. 

 

A rendere ancora più paradossale l’inchiesta è un “piccolo” dettaglio. Il pm che conduce l’indagine è Gianfranco Colace, lo stesso che – come raccontato in passato su queste pagine – per tre anni (dal 2015 al 2018), nell’ambito di un procedimento nei confronti di un imprenditore torinese, ha intercettato per 500 volte conversazioni in cui era coinvolto l’allora senatore Stefano Esposito, senza chiedere la preventiva autorizzazione del Senato. Alla fine delle indagini, il pm Colace ha chiesto il rinvio a giudizio per Esposito, portando a sostegno delle accuse 130 delle  circa 500 intercettazioni realizzate senza alcuna autorizzazione del Parlamento.

 

Per questa vicenda, la procura generale della Cassazione ha aperto un procedimento disciplinare nei confronti di Colace (e anche della gip Lucia Minutella) per “grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile”. Insomma, l’inchiesta contro i politici sull’inquinamento è in buone mani. 

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