cortocircuiti

Prima propone il reato di omicidio sul lavoro, poi dice no al dl Caivano. I paradossi del Pd

Ermes Antonucci

Per i dem aumentare le pene e creare nuovi reati non è la soluzione giusta per contrastare i fenomeni criminali e sociali, ma solo quando sono gli altri partiti a proporlo

Aumentare le pene e creare nuovi reati non è la soluzione giusta per contrastare i fenomeni criminali e sociali, ma solo quando sono gli altri partiti a proporlo. E’ questa la linea del Partito democratico in materia di giustizia. Lo conferma l’ondata di dichiarazioni di stampo garantista giunta dai dem contro l’approvazione del decreto Caivano, incentrato sull’inasprimento delle sanzioni contro i minori coinvolti in fatti di criminalità. 

 

Elly Schlein, segretaria Pd: “L’impressione a caldo è che si insiste solamente sull’aspetto della repressione quando io credo serva un grande investimento sulla prevenzione e l’educazione”. Brando Benifei, capodelegazione Pd al Parlamento europeo: “Non possiamo pensare che basti la repressione, necessaria quando falliscono le altre azioni”. Giorgio Gori, sindaco di Bergamo: “Contro disagio giovanile e criminalità minorile il governo punta solo sulla repressione”. Sandro Ruotolo, segreteria nazionale Pd: “In nessun paese democratico l’aumento delle pene ha ridotto i crimini gravi. In nessun paese democratico l’abbassamento dell'età della punibilità ha ridotto i reati violenti dei minori”.

 

Irene Manzi, responsabile scuola segreteria  Pd: “La logica strettamente penalistica che connota tante misure di questo decreto non è la strategia giusta ed efficace. Il procedimento penale non risolve automaticamente nessun problema. Serve prima di tutto un lavoro di prevenzione”. Valeria Valente, senatrice Pd: “Se per la maggioranza il ricorso al carcere è la via più comoda, noi abbiamo il dovere di dire la verità: che non basta e non basterà, perché la sfida più grande è sul terreno culturale”. Simona Malpezzi, senatrice Pd: “Ci preoccupa l'impostazione che sta emergendo o sulla quale si sta enfatizzando e che sembra essere solo sanzionatoria e punitiva”.  

 

Vincenza Rando, responsabile legalità della segretaria Pd: “Certamente la soluzione non passa attraverso il carcere, la repressione e la politica del pugno duro”. Michela Di Biase, deputata Pd: “L’impostazione securitaria che arriva da esponenti del governo Meloni è preoccupante: usano slogan facili e un linguaggio poliziesco invece di pensare a interventi strutturali”. 

 

Peccato che questi richiami, improntati al garantismo e al liberalismo, siano provenuti dagli esponenti di quello stesso partito che, poche ore dopo l’incidente ferroviario di Brandizzo, con i corpi (anzi, i brandelli) dei malcapitati ancora caldi, non sapeva fare altro che proporre l’introduzione di un nuovo tipo di reato, l’omicidio sul lavoro, che ricalca quanto già previsto oggi dal codice penale (ma rendendo il reato autonomo) e aumenta le pene fino ad addirittura diciotto anni di carcere.

 

“La prevenzione rimane l’arma più potente, ma il riconoscimento di una fattispecie sanzionatoria diventa un incentivo a considerare la vita dei lavoratori un bene da difendere prima di tutto e con ogni mezzo. Perché il dramma di Brandizzo non si ripeta mai più”, dichiarò la capogruppo Pd alla Camera, Chiara Braga. Poi il cambio di approccio sul dl Caivano. I paradossi del panpenalismo. 
 

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