l'incidente

La tragedia di Brandizzo e il tic forcaiolo del Partito democratico

Ermes Antonucci

Dopo l’incidente avvenuto lungo la linea Torino-Milano, con la morte di cinque operai, il Pd ha invocato l'introduzione di un nuovo reato: l’omicidio sul lavoro. Come a dire: più pene per tutti. Ma non è questa la soluzione

La tragedia di Brandizzo ha riattivato il tic del populismo penale. Ad agitare la forca è stato subito il Partito democratico, che per bocca della sua capogruppo alla Camera, Chiara Braga, ha invocato l’introduzione di un nuovo reato, l’omicidio sul lavoro, già prevista in una proposta di legge depositata in Parlamento dalla deputata dem. Di cosa si tratta? La denominazione, seppur accattivante, risulta ambigua: il reato sembra punire chi uccide qualcuno sul posto di lavoro. Ma non è così.

 

Il nuovo reato punisce “chiunque cagioni per colpa la morte di una persona con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali”. Il reato prevede la pena della reclusione da due a sette anni. 

 

In realtà nel codice penale già esistono norme che puniscono le lesioni personali colpose e l’omicidio colposo avvenuti con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro (articoli 589 e 590). Per quanto riguarda l’omicidio, la pena prevista è esattamente la stessa (da due a sette anni).

 

La novità della proposta depositata da Braga sta nel rendere autonomo il reato e nel prevedere una serie di aggravanti. Se  la morte è causata “nell’esecuzione di un rapporto di lavoro irregolare sul piano contrattuale o contributivo”, la reclusione prevista è infatti da cinque a dieci anni. Se la violazione delle norme di prevenzione causa più vittime, come nel tragico caso di Brandizzo, “si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni diciotto”. 

 

Insomma, nel caso in cui la legge fosse stata già in vigore, i presunti responsabili dell’incidente avvenuto lungo la linea Torino-Milano avrebbero rischiato una pena di addirittura diciotto anni di carcere. 

 

“La prevenzione rimane l’arma più potente, ma il riconoscimento di una fattispecie sanzionatoria diventa un incentivo a considerare la vita dei lavoratori un bene da difendere prima di tutto e con ogni mezzo. Perché il dramma di Brandizzo non si ripeta mai più”, ha dichiarato Braga, rispolverando la sua proposta di legge. 

 

La convinzione è quella che dà costante linfa al populismo penale: più alte sono le pene previste, più basso è il rischio che i comportamenti sanzionati si verifichino. Il concetto è chiarito nella relazione illustrativa del progetto di legge Braga: “A fronte di violazioni delle norme prevenzionistiche e di comportamenti negligenti, imperiti e imprudenti dei datori di lavoro, che effettivamente causino lesioni personali anche gravi o gravissime ovvero la morte di lavoratori, gli attuali minimi edittali di pena, insieme alla possibilità di accedere a riti alternativi, tendono a vanificare l’effetto di prevenzione generale e speciale di queste norme penali”. 

 

La tendenza del Pd  ad alimentare il circolo vizioso giustizialista è evidente nelle parole espresse ieri sulla tragedia di Brandizzo da un altro esponente dem, Arturo Scotto: “In un paese dove vengono aumentate le pene per i ragazzi che organizzano un falò abusivo sulle spiagge è incredibile che non si introduca il reato di omicidio sul lavoro”. 

 

Come a dire: più pene per tutti, è questa la soluzione per ogni male. Peccato che la cronaca e l’esperienza storica abbiano  già dimostrato ampiamente che le cose non vadano in questo modo. 

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