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Editoriali

Da Cospito a Messina Denaro: il paradosso di un 41-bis che sfugge al suo scopo

Redazione

Il "carcere duro" dovrebbe impedire le comunicazioni tra detenuto e mondo esterno. I casi dell'anarchico e del capomafia però svelano un altro scenario. Quello per cui si finisce per veicolare messaggi dei reclusi al mondo esterno

E meno male che il 41-bis dovrebbe servire a impedire le comunicazioni tra il detenuto pericoloso, ritenuto a capo di un’associazione mafiosa o terroristica, e l’esterno. A guardare cosa è accaduto negli ultimi giorni, il cosiddetto regime di carcere duro è apparso essere un vero e proprio colabrodo, un po’ per colpa di bieche strumentalizzazioni politiche, un po’ a causa del solito circo mediatico-giudiziario. Prima ci ha pensato la coppia Delmastro-Donzelli a rivelare in pompa magna i contenuti di informative riservate contenenti i colloqui avuti in carcere al 41-bis dall’anarchico Alfredo Cospito con due boss mafiosi.

 

Il tutto con l’obiettivo di accusare il Pd di stare dalla parte dei terroristi. Parti delle affermazioni di Cospito diffuse da Delmastro e poi riferite alla Camera da Donzelli erano pure state anticipate poche ore prima dal quotidiano Repubblica. Come se la baraonda innescata da questa vicenda non bastasse, il Corriere della Sera ha diffuso alcune parole che il boss Matteo Messina Denaro avrebbe riferito a fonti sanitarie e penitenziarie all’interno del carcere di massima sicurezza dell’Aquila dove è detenuto in 41-bis. “Sono incazzato, su di me vengono raccontate balle”, avrebbe detto il boss riferendosi ad alcune informazioni ascoltate in televisione.

 

Non è chiaro se il super boss, arrestato lo scorso 16 gennaio, si riferisse alle “rivelazioni” fatte da Salvatore Baiardo, uomo vicino ai fratelli Graviano, alla trasmissione “Non è l’arena”, di cui ormai è ospite fisso. Per Baiardo, ritenuto inattendibile plurime volte in sede giudiziaria, Messina Denaro si sarebbe consegnato allo stato sulla base di una nuova fantomatica trattativa. Insomma il 41-bis, nato per evitare le comunicazioni tra i detenuti e il mondo esterno, è diventato strumento di veicolazione – quasi in tempo reale – dei messaggi dei reclusi all’esterno. Un paradosso gigantesco per gli strenui difensori del carcere duro.

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