Il ministro della Giustizia Marta Cartabia (Ansa)

Editoriali

Un promemoria per Marta Cartabia

Redazione

Perché non intervenire sul caso Giorgianni-Gratteri sarebbe un errore
 

È stata accolta con giusto favore nella maggioranza dei commenti – compreso l’Ordine dei giornalisti, in passato non sempre così solerte nel denunciare le intercettazioni illegali durante le inchieste – la decisione della Guardasigilli Marta Cartabia di disporre accertamenti sull’inchiesta di Trapani per le presunte irregolarità delle Ong nei soccorsi in mare, nella quale sarebbero state ascoltate le conversazioni di alcuni giornalisti. Qualcuno ha anche notato, con sollievo, che un accertamento di questo tipo più difficilmente sarebbe scattato con il precedente ministro, Alfonso Bonafede, grillino d’osservanza davighiana.

 

Bene, è un dovere del ministro della Giustizia operare queste verifiche. C’è però anche un’altra delicata questione – e più grave, nei contenuti oggettivi e per il ruolo delle persone coinvolte –  che, con rispetto, ci permettiamo di ricordare a Cartabia, ma anche al Csm, di non trascurare. È il fatto che un giudice di Corte d’appello, Angelo Giorgianni, ha scritto assieme a un medico no vax un libro negazionista del Covid e infarcito di complottismi antisemiti. E che tale libello ha ricevuto la prefazione nientemeno che di un procuratore capo, Nicola Gratteri di Catanzaro. Che bestialità simili vengano scritte, e prefate, da esponenti dell’ordine giudiziario di un paese democratico che ai suoi massimi livelli (compreso il capo dello stato) è impegnato nella lotta contro un virus mortale, è fatto da non trascurare, e possibilmente da censurare nei dovuti modi.

 

 

Tanto più che il magistrato-autore pretende di denunciare la Repubblica italiana alla Corte dell’Aia per la gestione della pandemia. Scriviamo “ricordare” perché questa richiesta di attenzione istituzionale l’abbiamo avanzata già più volte. Lo scandalo di quelle farneticazioni da parte di esponenti della magistratura è esploso da tempo, ma ancora non si sono viste iniziative adeguate da parte di Via Arenula, né dal Palazzo dei Marescialli. Un silenzio, una “fin de non-recevoir”, sbagliato, se dovesse proseguire.

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