Nicola Gratteri ospite a "Mezz'ora in più" (foto Roberto Monaldo / LaPresse) 

Caro Gratteri, ti sfido in tribunale

Giuliano Ferrara

Non voglio che l’Italia sia teatro di deliri e  che i deliranti giudichino.  Il libro con prefazione di Gratteri è uno scandalo nazionale e deve essere discusso davanti a un giudice. Attendesi una querela, grazie 

Ieri in una pagina del Foglio dedicata al “caso Gratteri” Luciano Capone ha dimostrato, con le virgolette e la citazione dei luoghi del pensiero e dell’azione molesti, alcune cose importanti che, a leggerle, dovrebbero vergognarsi giornalisti, politici e molte autorità civili. Capone ha dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio che un delirio di incommensurabile gravità ha unito tra loro l’incensato sceriffo delle Calabrie Nicola Gratteri, un politico di destra complottista degno di QAnon, Pasquale Bacco, e un magistrato ex sottosegretario del governo Prodi oggi in servizio in Sicilia, Angelo Giorgianni. Non si tratta di opinioni, ordinarie opinioni in dissenso; si tratta di merce straordinariamente guasta, di insinuazioni e accuse fatiscenti, maleodoranti, morbose e in quanto tali prive della seppur minima continenza alla quale sono obbligate figure pubbliche e operatori della giustizia in carica: uno scandalo senza precedenti, una chiassata di putrido negazionismo del reale che farebbe sganasciare dalle risate se non fosse timbrata da persone teoricamente al di sopra di ogni sospetto. 

 

  

Invece il timbro c’è, ben visibile. L’oggetto timbrato è un libro di scandalosa impudicizia e di sovrana insulsaggine. Che dice quel che segue, e che le fisime certificate dei suoi autori convalidano, con la presunta autorevolezza dello sceriffo prefatore. Dice che i vaccini sono acqua di fogna, che è in corso da oltre un anno una deliberata cospirazione giudaico-plutocratica per asservire il mondo e il codice genetico dell’umanità, che le pratiche imposte da autorità e governi sono degne di Norimberga, un processo contro chi ha avallato l’esistenza di una patologia inesistente, non superiore a una normale influenza, per scopi politici o di potere inconfessabili, fino a inventarsi i morti di Bergamo mettendoli in scena. E moltissime altre cose su questa scia insopportabilmente merdosa di ignobile Grand Guignol, però da b-movie. E non è un anonimo complottista a scrivere e avallare, non un qualche filosofo o semiologo in posa da coglione pensoso, sono un politico di destra (vabbè, ci siamo abituati) e un ex sottosegretario magistrato e un magistrato che vanta leggendarie imprese giurisdizionali e ora pretende la procura generale di Milano per concorso.

  
A chi scrive capitò, in relazione alla famigerata indagine su “Mafia Capitale”, di definire un magistrato inquirente, Luca Tescaroli, “tecnicamente matto”. Fui querelato e assolto. Il tono e gli argomenti di questo articolo, in solidarietà con il lavoro perfetto di Luciano Capone, sono da me scelti per ottenere nuove querele e decidere in tribunale chi ha ragione. Ebbi soddisfazione una volta, compresa la fine meschina dell’indagine che commentavo, vorrei vedere se mi riesca di avere ragione una seconda volta. Perché qui è ancora peggio. Il grado di delegittimazione morale dello stato che si dovrebbe servire è senza paragoni, ed è peggiore infamia di una indagine chiaramente politicizzata e mediatizzata senza basi reali. Spero che chi ha scritto e firmato quella poltiglia di menzogne scudata come libera opinione e chi l’ha avallata, tirando il sasso e nascondendo la mano per intimidire un giornalista, libero lui sì di leggere e stigmatizzare tanta protervia, si faccia avanti.

 
Sono costretto a questa rodomontata per una ragione semplice. I giornalisti italiani, gli intellettuali, gli osservatori istituzionali e le autorità di disciplinamento e rigore della magistratura hanno fatto finta di niente, il che è uno scandalo nello scandalo. Hanno lasciato solo chi ha segnalato il fatto madornale di servitori dello stato che attentano senza basi e senza prove, con il conforto di un inquinante e pervasivo spirito antisemita, alla sua dignità. Hanno avallato con parole sghembe e un meschino silenzio l’idea che si trattasse di una paginetta inoffensiva e neutra di prefazione, distratta, a un libro che esprime idee magari un po’ originali ma legittime in bocca a un altro magistrato ed ex sottosegretario. Non voglio che il mio paese sia teatro di delirio, e non voglio, credo in piena legittimità, che i deliranti giudichino e mandino in indagini e verdetti dei tribunali italiani. Voglio che siano cacciati via e sputtanati.

 

Di più su questi argomenti:
  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.