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L’omertà dei negazionisti

Giuliano Ferrara

Gratteri, Bacco e Giorgianni, i ciarlieri autori di una putrida chiassata negazionista, oppongono alla nostra denuncia una comoda “fin de non-recevoir”. Complici i giornali e le grandi firme

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L’omertà si compone di diversi elementi, non è solo il lealismo fino alla morte degli iniziati, dei punciuti, in un’organizzazione criminale o il crisma sociale di una solidarietà interna, umile e sottomessa, arcigna e impenetrabile. Tre ciarlieri autori e prefatori (Gratteri, Bacco e Giorgianni) hanno deciso di sfruttarla a proprio vantaggio. Sarebbe un guaio se si principiasse a discutere davvero in sede pubblica la loro iniziativa privata di pubblicare testi in cui si dicono bestiali e deliranti castronerie sulla pandemia, la responsabilità degli ebrei e dei governi nella truffa criminosa di combatterla, e altra varia mercanzia marcia timbrata da ben due magistrati in servizio della Repubblica. Così i tre ciarlatani ciarlieri hanno deciso di sfruttare, per evitare noie, la naturale propensione all’omertoso silenzio, quando si tratti di questioni serie, di una coterie giornalistica e istituzionale capace di ogni pudore in nome della distrazione dell’opinione pubblica dalle cose che contano.

 

I ciarlieri autori e prefatori hanno opposto alla nostra denuncia, non così solitaria, peraltro, un fin de non-recevoir. Prendete il Vocabolario Treccani, se non vi fidate delle mie manie, e alla voce fin de non-recevoir troverete questo: “In senso proprio, nel linguaggio giur., mezzo procedurale tendente a stabilire che la domanda di chi intenta l’azione giudiziaria non è accoglibile. Per estens., nell’uso corrente, motivo per non accogliere una richiesta (ma la frase opporre una fin de non-recevoir è spesso usata, nel linguaggio giornalistico e diplomatico, col senso di ‘non dare risposta né positiva né negativa, ma solo dilatoria o interlocutoria alla richiesta di un altro stato’)”.

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Chiaro, no? Io, sulla scorta della documentatissima e imparzialissima denuncia di Luciano Capone, pronto a esibirla in qualunque tribunale insieme al loro libraccio che li accusa, gli do di felloni, di autori di una maleodorante e putrida chiassata negazionista e antisemita, chiedo che siano cacciati e sputtanati, esigo una querela per parlarne alla sbarra, e loro fanno finta di niente, festeggiano la dilazione, l’imbroglio protetto e garantito dalla coltre di nebbia, dai falsi ritiri della mano che ha gettato il sasso: l’intemerata del Fogliuzzo non è accoglibile, nemmeno nella forma della richiesta di chiarimento in sede giudiziaria, “non si dà risposta né positiva né negativa, ma solo dilatoria e interlocutoria, alla richiesta” di un piccolo organo dell’opinione pubblica informata.

 

E intanto si attende alla politica e alla pratica della giustizia e relative carriere in attesa che si riunisca la corte di Norimberga per processare quelli (letterale, da un video) come Draghi e altri che lavorano perché la pandemia non finisca promettendo immunità a chi ubbidisce loro. C’è del metodo, come dice Cerasa, specie nello sfruttamento dell’omertà, ma questo qui è il delirio colossale, una roba fin qui mai vista, di magistrati la cui mente è chiaramente imbizzarrita. E la cosa non riguarda loro, che declinano e tacciono o straparlano in altre sedi, ma ci riguarda, noi sì, noi ci riguarda.

 

A questo punto mi domando: ma Paolo Mieli, Aldo Cazzullo, Gian Antonio Stella, Fiorenza Sarzanini, Luciano Fontana, Maurizio Molinari, Ezio Mauro, Luigi Manconi, Gad Lerner, il Damilano, il volto di una trasmissione che si chiama “Piazzapulita”, o la Berlinguer, la Gruber, e mille altri corifei dell’opinione possono veramente anche loro, come fanno, opporre una fin de non-recevoir? Trovano chic, diplomatico, di mondo, questo scansare la fatica, tacendo o minimizzando dolosamente, di approntare un ordinario dialogo di verità su una vergognosa menzogna propalata da gente che paghiamo per fare giustizia? E lo stesso per intellettuali, magistrati, giudici del Csm, parlamentari?

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