Non bastava il Csm. Le indagini sul depistaggio di Via D'Amelio aprono altre fratture tra i pm

Ermes Antonucci

Nella sentenza del processo Borsellino quater la Corte d’assise di Caltanissetta ha denunciato gravi omissioni da parte dei pm nel coordinamento dell’indagine, ora al vaglio proprio della procura di Messina

Colpo di scena nell’inchiesta sul depistaggio sulla strage di Via D’Amelio. La Procura di Messina, incaricata di individuare eventuali responsabilità da parte dei magistrati nel clamoroso depistaggio che portò alla condanna all’ergastolo di otto innocenti poi scagionati, ha iscritto nel registro degli indagati, con l'accusa di calunnia aggravata dall’avere favorito Cosa nostra, proprio alcune toghe. I nomi non sono ancora noti ma l’attenzione di tutti è rivolta ai pm che all’epoca in servizio a Caltanissetta sulla strage in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta: Antonino Di Matteo, Annamaria Palma, Carmelo Petralia e l’allora capo della procura Giovanni Tinebra (poi deceduto).

 

La svolta arriva mentre a Caltanissetta è in corso il processo nei confronti dei tre poliziotti del gruppo “Falcone-Borsellino” (il vicequestore Mario Bo e gli ex ispettori Luigi Mattei e Michele Ribaudo) accusati di aver depistato le indagini imbeccando diversi falsi pentiti, tra cui Vincenzo Scarantino, che dopo tanti anni ritrattò le accuse, rivelando le pressioni subite dai poliziotti. Nel riconoscere il depistaggio, però, nella sentenza del processo Borsellino quater la Corte d’assise di Caltanissetta ha denunciato gravi omissioni da parte dei pm nel coordinamento dell’indagine, ora al vaglio proprio della procura di Messina. Si tratta dell’ennesima tappa di una vicenda giudiziaria infinita, fatta di 18 anni di processi e nove sentenze, e paradossalmente non ancora giunta all’epilogo.

 

La notizia dell’indagine nei confronti dei magistrati giunge a poco più di un mese dall’improvvisa, e sorprendente, ritrattazione delle accuse verso i pm fatta da Scarantino durante il processo in corso a Caltanissetta. “Il dottor Di Matteo non mi ha  mai suggerito niente, il dottor Carmelo Petralia neppure. Mi hanno  convinto i poliziotti a parlare della strage”, ha dichiarato in aula l’ex pentito, fornendo una versione dei fatti diversa da quella precedente, incentrata sulle “sollecitazioni” ricevute dai pm per accusare le persone sbagliate. Ma la coincidenza più curiosa è un’altra: solo due settimane fa, il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero  de Raho  ha deciso di rimuovere il sostituto procuratore antimafia  Di Matteo  dal pool che indaga sulle stragi, accusandolo di aver rivelato in una trasmissione tv i filoni di un’indagine del pool (filoni già noti al pubblico). Di Matteo non è accusato di nulla ma è da escludere che alla base di questa decisione ci siano state le sirene dell’indagine di Messina? Chissà.

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