Domenico Lucano (foto LaPresse)

Il sindaco di Riace è ai domiciliari

Redazione

Domenico Lucano, che era riuscito a far rinascere il paese semiabbandonato aprendo le case a migranti e rifugiati, è accusato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina

Riace è un simbolo dell'accoglienza dei migranti ed è stato più volte definito un modello di integrazione. Da questa mattina il sindaco, Domenico Lucano, che nel comune tutti conoscono come Mimmo, è agli arresti domiciliari. All'alba i finanzieri hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip del Tribunale di Locri, nei confronti del primo cittadino e il divieto di dimora per la sua compagna, Tesfahun Lemlem. Le accuse contro Lucano sono di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e fraudolento affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti. La misura cautelare – si legge in una nota – rappresenta l'epilogo di approfondite indagini, coordinate e dirette dalla procura di Locri, in merito alla gestione dei finanziamenti erogati dal ministero dell'Interno e dalla prefettura di Reggio Calabria al comune di Riace, per l'accoglienza dei rifugiati e dei richiedenti asilo.

   

  

“Accidenti, chissà cosa diranno adesso Saviano e tutti i buonisti che vorrebbero riempire l’Italia di immigrati! Io vado avanti”, scrive il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, che con il sindaco Lucano si era già scontrato nei mesi scorsi. Secondo l'accusa è emersa “la particolare spregiudicatezza del sindaco, nonostante il ruolo istituzionale rivestito, nell'organizzare veri e propri 'matrimoni di convenienza' tra cittadini riacesi e donne straniere al fine di favorire illecitamente la permanenza di queste ultime nel territorio italiano”. Dalle indagini sarebbe emerso anche il “fraudolento affidamento diretto del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti della cittadina, così impedendo l'effettuazione delle necessarie procedure di gara previste dal Codice dei contratti pubblici e favorendo invece due cooperative sociali, la 'Ecoriace' e 'L'Aquilone'”, che per la procura “difettavano dei requisiti di legge richiesti per l'ottenimento del servizio pubblico, poiché non iscritte nell'apposito albo regionale previsto dalla normativa di settore”. Lucano, secondo l'accusa, avrebbe istituito allora “un albo comunale delle cooperative sociali cui poter affidare direttamente, secondo il sistema agevolato previsto dalle norme, lo svolgimento di servizi pubblici”, violando il principio di libera concorrenza.

  

 

Il modello Riace

L’esperienza di Riace è diventata famosa ed è stata raccontata da diversi giornali italiani e internazionali: il paese, circa 1.700 anime arrampicate su una rocca poco distante dal mare da cui nel 1972 riemersero i famosi bronzi, ha rischiato di scomparire per l'emigrazione massiccia dei suoi abitanti. Ormai semideserta, Riace ha accolto più di 600 profughi del Corno d'Africa, dell'Afghanistan, dell'Iraq, nelle case abbandonate del centro, in una specie di albergo diffuso. Si sono poi sviluppati posti di lavoro nell'industria e nei servizi (nei quali sono coinvolti anche molti italiani, tra cui alcuni emigranti di ritorno) che hanno riqualificato il paese. Bar e ristoranti, laboratori artigianali, esercizi commerciali ma anche asili e scuole.

     

  

Lo scontro con il Viminale

Mimmo Lucano, arrivato al suo terzo e ultimo mandato consecutivo, nel 2016 è stato inserito da Fortune fra i 50 uomini più influenti al mondo, per il suo rivoluzionario modello di integrazione di profughi e rifugiati. Eppure, proprio quell'anno, il “modello Riace” è entrato in conflitto con il ministero degli Interni, che per due anni ha bloccato i finanziamenti destinati ai progetti di accoglienza sulla base di problemi rilevati dalla prefettura nella rendicontazione dei finanziamenti stessi, e quindi nell’uso dei fondi dello stato. “Dal maggio 2016 – ha denunciato il sindaco – non riceviamo un euro dalla prefettura, per lo Spraar invece non arrivano fondi da un anno. Noi continuiamo a garantire assistenza, scuole, laboratori”. A bloccare il meccanismo di trasferimento dei fondi è stata la relazione negativa di una commissione prefettizia, che ha letto come “irregolarità” gli strumenti congegnati per strutturare un sistema che andasse oltre l’accoglienza di breve periodo. I soldi stanziati dal ministero vengono infatti girati a cooperative che attivano “borse lavoro” per insegnare un mestiere agli stranieri e assicurano loro uno stipendio. Inoltre vengono forniti ai richiedenti asilo dei buoni che possono essere usati negli esercizi convenzionati per fare acquisti. Pratiche che sono state riconosciute come preziose e all'avanguardia da molti osservatori. Ma la prefettura le considera un problema e parla di spese non giustificate, di rimborsi non chiari e di affidamenti diretti del sindaco a enti gestori senza gara pubblica. Sebbene tale valutazione sia stata ribaltata da due ispezioni positive i finanziamenti sono comunque stati interrotti. “Siamo stati costretti a rivolgerci alla procura per avere accesso alle relazioni successive. In quelle nero su bianco c'è scritto che Riace è un modello, ma evidentemente non basta perché da due anni abbiamo i medesimi problemi” ha spiegato il sindaco, che in seguito alla relazione prefettizia è stato indagato.

  

Sulla questione erano intervenuti diversi personaggi pubblici: Roberto Saviano aveva difeso il modello Riace mentre il ministro dell'Interno Matteo Salvini, prima di scendere nella Locride, lo aveva attaccato. “Al sindaco di Riace – diceva a giugno in un video pubblicato sulla sua pagina Facebook – non dedico neanche mezzo pensiero. Zero, è zero”. Lo scorso agosto, per protestare contro i tagli e i ritardi nell'erogazione dei fondi del ministero al paesino calabrese, il sindaco aveva iniziato uno sciopero della fame.