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La vigna di Fausto

Giovanni Battistuzzi

La 9a tappa del Giro d'Italia doveva concludersi a Vieste. I corridori sarebbero dovuti passare nelle vicinanze del vigneto di un uomo che poteva diventare un gran corridore, ma "che vita è una vita senza andare a pesca e senza vino?"

La nona tappa del Giro d'Italia 2020 doveva partire da Giovinazzo e arrivare a Vieste. La nona tappa di GiroDiVino (qui trovate tutte le altre puntate) è da leggere bevendo una bottiglia di Sogno di Volpe - Puglia Bombino bianco, della Cantina Ariano, San Severo (FG).   

 


 

Doveva chiamarsi Danilo, come il nonno. Poi le cose andarono diversamente. Anche perché se vieni al mondo il 3 gennaio dell’anno del Signore 1960 e all’anagrafe ci va tuo padre che nella vita aveva solo due amori, la moglie Aurelia e la bicicletta, va da sé che non ci si può sottrarre al destino. E il destino era uscito dalla radio il giorno precedente sotto forma di quattro parole: è morto Fausto Coppi

 

Fu così che Danilo non lo fu mai, a Vieste fu per tutti sempre e solo Fausto. E a sua madre ci volle tempo ad abituarcisi. Ché a lei mai sarebbe venuto in mente di chiamarlo così suo figlio. 

 

A Fausto Fedeli il suo nome è sempre piaciuto, perché è un nome “senza troppi fronzoli” e “un po’ sulle sue, come sono io”. E anche la bicicletta gli è sempre piaciuta, ma mai tanto come a suo padre che “fosse stato per lui se la sarebbe portata pure a letto”. 

 

Fausto a pedalare imparò presto, “e senza rotelle”. E presto iniziò anche ad andare forte. “A undici anni mi sono attaccato il primo numero alla maglia, alla terza gara che ho corso ho vinto per la prima volta. Non ho più smesso. Dieci, quindici vittorie all’anno, perché ero veloce e andavo forte pure sulle salite corte e ripide. Su quelle lunghe no, però tanto in Puglia non ci sono”. Corridore da classiche delle Ardenne, “ma a me la Liegi mica mi è mai piaciuta troppo, io sognavo il Giro delle Fiandre, quella sì che è una corsa”. 

 

A diciotto anni il passaggio tra i dilettanti. “Prima gara a Caserta, circuito vallonato con una salita dura. Stacco tutti lì e all’arrivo devo aspettare il secondo e il terzo tre minuti”. La prima di otto vittorie, mica male per un novellino. “E potevo vincerne ancora”. A fine stagione una squadra toscana lo chiama, gli offre vitto, alloggio e “qualche soldo buono”. Ma c’è un problema: “Dovevo salire su e io su mica ci volevo salire”. Gli dissero che era matto a non andarci, “ma è facile fare i conti in tasca agli altri. A me la bici piace, ancora adesso pedalo quindici-ventimila chilometri l’anno, ma ho sempre preferito il mare e la terra. Ti immagini una vita senza andare a pesca e senza vino? Una vita sprecata”. 

 

Fausto l’uva la coltiva, il vino sulla sua tavola non manca mai, come non manca mai di uscire in barca. “Nella mia vita ho sempre mangiato il pesce che ho pescato e il vino che viene dalle mie vigne. E ho sempre pedalato. Mi è mai mancato niente. Fare il corridore era mica cosa per me: io sono un contadino con la canna da pesca”.

 


 

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