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L'attimo buono di McNulty al Giro di Sicilia

Giovanni Battistuzzi

L'americano della Rally cycling ha sfruttato il momento giusto per staccare il gruppo a dieci chilometri da Ragusa. Prima vittoria in carriera. Domani partirà verso l'Etna con la maglia di leader della classifica

Quando Brandon McNulty passò professionista saltando i dilettanti e prese parte per la prima volta al raduno della sua nuova squadra, la Rally Cycling, aveva diciannove anni. Era il 2017, l'anno precedente aveva vinto il campionato del mondo a cronometro a Doha, categoria juniores e in molti erano sicuri di avere di fronte un futuro grande corridore. Di quello che dicevano i cosiddetti esperti però all'americano gliene fregava il giusto. E così andò dal veterano della squadra, l'americano Danny Pate, si presentò e gli chiese un favore: "Ti prego insegnami come si corre in bicicletta". Pate aveva trentotto anni, aveva corso per nove anni nel World Tour, per quattro nella squadra più forte di tutte, la Sky, aveva disputato due Tour de France, un Giro d'Italia, una Vuelta di Spagna e praticamente tutte le classiche. Aveva fatto il gregario per un'intera carriera e aveva la fedina ciclistica pulita: nessuna vittoria. Lui lo guardò, pensava che quel ragazzino lo stesse prendendo in giro. Non era così. Voleva davvero conoscere come andava il ciclismo e anche se Pate non era un vincente, per McNulty faceva lo stesso.

 

 

Sono passati due anni da allora. Brandon McNulty ha compiuto da pochi giorni ventun anni, Danny Pate si è ritirato, ma le cose non sono cambiate. Il ragazzino continua a studiare ciclismo da chi ne ha viste più di lui, ora Svein Tuft, ha rifiutato di andare in Europa per rimanere alla Rally – nonostante avesse ricevuto qualche offerta –, ha deciso di non affrettare la sua crescita sebbene in molti parlino di lui come uno dei corridori più talentuosi del panorama ciclistico statunitense. "Sono passato dagli juniores ai professionisti saltando i dilettanti. Ho guadagnato due anni, non ho fretta di bruciarmi".

 

Brandon McNulty prende le cose con calma, sa che "i sacrifici di oggi saranno buoni per un domani", ma sa anche che, come gli insegnò Danny Pate, "ogni tanto inseguire l'improbabile è cosa buona, serve a forgiare lo spirito, a mettere alla prova il morale".

 

Brandon McNulty ha deciso che non c'è posto migliore della Sicilia in un giorno di pioggia e freddo per inseguire l'improbabile. E così quando a dieci chilometri dall'arrivo della terza tappa del Giro di Sicilia ha visto che il gruppetto dei migliori si stava studiando un po' troppo, ha capito che quello era il momento buono per mettere in pratica gli insegnamenti che aveva appreso in due anni, il momento buono per mettere in saccoccia qualcosa. Si è messo pancia a terra a mulinare il rapportone, si è messo in testa di fare quello che non gli era mai riuscito, vincere. Ha trasformato tutto in una cronometro, la sua specialità, è salito leggero per le strade di Ragusa, quasi spianandole, ha lasciato tutti gli altri a oltre cinquanta secondi. Si è dileguato scomparendo dai radar a tal punto che Odd Christian Eiking non vedendo nessuno davanti si era convinto di essere il primo: sul traguardo ha esultato, ma quando gli hanno detto che di vittoria non si trattava, ma solo di secondo posto, c'è rimasto male. "Ma quando era scattato? Non me ne ero mica accorto".

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