Wellens è la Freccia del Brabante, mentre il ciclismo saluta pavé e Goolaerts

Giovanni Battistuzzi

Il belga arriva solo al traguardo dell'ultima corsa nelle Fiandre, la prima però dove i muri si trasformano in côte. Colbrelli è secondo

Un dito puntato al cielo, un ragazzo magro solo avanti a tutti con la sua bicicletta sulle strade di Overijse, una trentina di chilometri a sud est di Bruxelles. Mancano pochi metri al traguardo, ma non sorride nonostante questo sia là a un passo e nessuno dietro a insidiarlo. Il cielo è per Michael Goolaerts, morto domenica in seguito a un arresto cardiaco alla Parigi-Roubaix, la strada della Freccia del Brabante è per Tim Wellens che di forza aveva scelto la solitudine dell'assolo a otto chilometri dall'arrivo scattando sulla terzultima côte di giornata. 

  

 

E' iniziata nel silenzio, quello che dovrebbe rappresentare ricordo e sentimento, quello che a volte sembra di facciata, ma che a vedere i volti di compagni e avversari oggi era sincero, sentito, commosso. E' finita nel silenzio di esultanze, perché non era aria, non era tempo, non c'era soprattutto voglia. La gente che a bordo strada si è riversata però al silenzio ha preferito gli applausi, le urla d'incoraggiamento, gli "evvai", perché in ogni caso i corridori correvano e nel correre meritavano il trattamento di sempre, il miglior modo per superare una perdita, elaborare il lutto, superare quello che è stato e guardare a quello che sarà, sperando che quanto è successo non accada mai più.

  

Il passaggio è avvenuto in quella corsa che era nata come antipasto ed è diventata un punto d'unione e di svolta. Era nata come prova generale del Giro delle Fiandre ed è diventata preambolo della triade delle Ardenne Amstel-Freccia-Liegi; si correva a ovest di Bruxelles, tra i muri del Brabante fiammingo, prima di essere spostata a tra Lovanio e Overijse, dove i muri si trasformano in côte e i panorami di Fiandra sono molto più simili a quelli delle Ardenne, il pavé diventa molto più agevole e le colline si allungano.

  

 

Tim Wellens ha sfruttato il nuovo scenario e subito ha trovato il colpo di pedale giusto, soprattutto il tempismo. Diceva Tim Wellens: "Mi è capitato spesso di arrivare secondo da giovane, ho capito che è meglio essere staccato dopo aver provato a essere in testa, che vedere da vicino qualcun altro vincere". E così aveva abituato tutti a grandi dimostrazioni forza, ma sbagliava sempre (o quasi) qualcosa. Era come un vinicoltore che aveva viti e terreno buoni, ma a cui mancava la pazienza di saper aspettare che il vino si affinasse in botte. Gli serviva esperienza, forse è riuscita a trovarla. Lo vedremo nelle prossime settimane e nei prossimi anni.

 

Tim Wellens sogna le Ardenne da sempre, intanto è riuscito a conquistare le Fiandre che le assomigliano di più.

 

Sonny Colbrelli invece le Ardenne non le ha mai amate troppo. A questa zolla di Belgio preferisce quell'altra fatta di muri e pietre. L'anno scorso aveva inseguito il Fiandre, aveva conquistato il Brabante. Quest'anno sperava nel bis, si è dovuto accontentare di un secondo posto in volata, unica bandierina italiana in mezzo a quattro belghe. Ma è un secondo posto che ne esalta il valore, che ne certifica il talento e un'abilità rara di saper correre su strade complicate e rognose. Colbrelli tra quattro giorni prenderà parte all'Amstel Gold Race, che è Olanda per geografia, ma sempre Ardenne per orografia. Che è Olanda ma che profuma d'Italia.

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