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Basta miss sul podio, il moralismo #metoo riporta il Tour de France agli anni '40

Giovanni Battistuzzi

Dopo la Formula 1 che vieta le ombrelline, ecco il ciclismo. Paradosso: nel 1948 fu il movimento femminista a chiedere alla Grande Boucle di aprire alle donne gli arrivi delle corse

Il sessualmente corretto colpisce anche il ciclismo e la sua corsa più seguita e (forse) importante: il Tour de France. Secondo il Times gli organizzatori della Grande Boucle dovrebbero fare a meno, già dalla prossima edizione, alle miss che premiano i corridori sul podio di tappa. La decisione sarebbe stata presa in seguito a una non ben precisata protesta di alcuni non ben precisati movimenti femministi francesi che considererebbero sessista le cerimonia del podio e quelle ragazze che a loro modo di vedere rappresenterebbero dei modelli femminili sbagliati. Insomma una replica di quanto già accaduto con le ombrelline della Formula 1.

 

Che messaggio sbagliato ci sia dietro a delle belle ragazze che in abiti non succinti, anzi al Tour decisamente casti ed eleganti, premiano dei corridori non è chiaro. Come non è chiaro il perché debba essere considerato sessista il fatto che alcune ragazze, stipendiate e spesate di vitto e alloggio, salgano sul podio per consegnare un mazzo di fiori o il peluche del leone a chi veste la Maglia gialla.

 

Il paradosso è che furono proprio le femministe a chiedere la presenza delle donne negli arrivi del ciclismo. Era il finire del 1947 quando sulla scrivania di Jacques Goddet, l'allora patron del Tour de France, arrivò la richiesta di un gruppo di donne di eliminare la regola di Henri Desgrange, l'inventore della Grande Boucle, che vietava la presenza femminile nei pressi dei luoghi di premiazione di corridori: "Qualcosa di indecente che non segue il passo dei tempi", scrivevano. Goddet aprì alle donne sul podio e il primo a essere premiato da una donna fu Gino Bartali, vincitore della della prima tappa del Tour del 1948 e, ventisei giorni dopo, protagonista anche del successo finale.

 

I tempi però sono cambiati e si è ritornati senza accorgerci agli inizi del Novecento, quando le donne erano escluse, se ne dovevano stare lontane dai corridori.

 

Una mano che mima un pizzicotto al sedere, Peter Sagan nel 2013 sul podio del Giro delle Fiandre, e una frase maldestra – alla domanda "quanto è dura l'astinenza dal sesso per il Tour", Jan Bakelants (corridore) rispose: "Beh, ci sono i porno e le ragazze del podio" – non possono essere usate per una campagna puramente ideologica sulla presenza femminile sul podio di una grande corsa. Dice bene la giornalista Kelly Riordan alla Bbc: "Senza le ragazze sul podio non sarebbe una cerimonia adeguata. Queste sono donne di talento, hanno i titoli e la bellezza per essere lì e non dovrebbero essere liquidate come un semplice piacere per gli occhi". Non è discriminazione pure questa?