Europa Ore 7

La resa dei conti tra il gruppo del Ppe e Orbán

Ci siamo procurati la proposta di riforma del regolamento interno del gruppo Ppe che sarà votata oggi. Le modifiche che potrebbero colpire Fidesz sono diverse

David Carretta

L'articolo 7 bis è del tutto nuovo: riguarda la sospensione di un deputato o una delegazione nazionale. E contiene una norma che porterebbe alla sospensione quasi immediata di Fidesz, dato che è già sospeso dal partito del Ppe. Il voto è a maggioranza assoluta dei membri del gruppo.

Oggi sarà il giorno della verità nelle relazioni tra Viktor Orbán e il Partito popolare europeo dopo un lungo conflitto sull'appartenenza del Fidesz ungherese alla principale famiglia politica dell'Ue. Il gruppo del Ppe al Parlamento europeo voterà una modifica al suo regolamento interno che consentirà in poche settimane di sospendere il Fidesz di Orbán, come ha già fatto il partito del Ppe. Il primo ministro ungherese domenica ha scritto una lettera al presidente del gruppo del Ppe, Manfred Weber, annunciando che se la modifica sarà adottata il suo Fidesz se ne andrà prima della sospensione. Chi cederà per primo nel braccio di ferro? Weber ha deciso di andare avanti con il voto sulla modifica del regolamento interno. Le delegazioni nazionali, comprese quelle tradizionalmente alleate di Orbán, non sono volate in suo soccorso. La maggioranza dei due terzi dovrebbe essere raggiunta. “E' chiaro che questo è un momento importante”, ci ha detto una fonte del Ppe: “Una volta che le regole interne saranno adottate, il gruppo si muoverà per sospendere Fidesz”. Probabilmente “in un paio di settimane”.

“Se Fidesz non è benvenuto, non ci sentiamo obbligato a restare nel gruppo”, aveva scritto Orbán nella sua lettera a Weber del 28 febbraio, denunciando una modifica al regolamento interno fatta “a velocità record con l'obiettivo di facilitare l'esclusione” del suo partito e dei suoi eletti al Parlamento europeo. “Se le modifiche saranno messe al voto e adottate, Fidesz lascerà il gruppo”, aveva minacciato Orban. Secondo la nostra fonte del Ppe, la lettera “non ha cambiato le cose”. Le delegazioni che hanno sempre difeso Fidesz sono rimaste “sorprendentemente calme. Non abbiamo avuto Silvio (Berlusconi) al telefono arrabbiato”. La lettera semmai ha evidenziato “quanto Fidesz è isolato”. Secondo un'altra fonte, probabilmente Orbán si è messo a chiamare al telefono i leader dei partiti alleati “in giro per l'Europa. Ma non ha avuto alcun risultato. La lettera doveva unire i suoi sostenitori nel Ppe, ma ha avuto effetti minimi”.

Ci siamo procurati la proposta di riforma del regolamento interno del gruppo Ppe che sarà votata oggi. Le modifiche che potrebbero colpire Fidesz sono diverse. L'articolo 7 regola l'espulsione di singoli membri o di una delegazione nazionale. Viene introdotto un dispositivo che consente al gruppo di buttare fuori un partito nazionale, se il partito del Ppe decide l'esclusione. Non è ancora il caso di Fidesz, che per ora è solo sospeso dal partito del Ppe. Ma non è escluso che in futuro, su pressione del presidente Donald Tusk, il partito di Orbán venga cacciato dal Ppe.

L'articolo 7 bis è del tutto nuovo: riguarda la sospensione di un deputato o una delegazione nazionale. E contiene una norma che porterebbe alla sospensione quasi immediata di Fidesz, dato che è già sospeso dal partito del Ppe. Il voto è a maggioranza assoluta dei membri del gruppo. Le conseguenze della sospensione per gli eurodeputati di Fidesz sarebbero pesanti: fine della partecipazione attiva nelle riunione e attività di gruppo; divieto di parlare a nome del Ppe in plenaria; impossibilità di ottenere cariche dentro il gruppo, di essere candidato per presidenze e vicepresidenze del Parlamento europeo, o di essere scelti come relatori dei provvedimenti parlamentari.

La grande domanda è cosa farà Orbán dopo il voto di oggi o una volta che Fidesz sarà sospeso dal gruppo del Ppe. “Per prevede il suo comportamento generalmente occorre seguire il potere e per lui, dal punto di vista della realpolitik, è totalmente inutile lasciare il gruppo o il partito”, ci ha detto la prima fonte del Ppe. Ma Orbán potrebbe anche dar seguito alla sua minaccia. Il Partito popolare cristiano-democratico ungherese Kdnp – alleato molto junior del Fidesz al governo a Budapest – ha annunciato che resterà nel Ppe anche se Orbán deciderà di andarsene. Il Kdnp attualmente ha un solo deputato europeo, Gyorgy Holvenyi.

Il gruppo del Ppe vuole tutelarsi anche dall'arrivo di nuovi Orbán. Anche le norme sull'ammissione di nuovi partiti nazionali o membri saranno modificate. Gli appartenenti al gruppo del Ppe dovranno impegnarsi a agire sulla base dei "valori fondamentali dell'Ue" come libertà e democrazia, stato di diritto, rispetto di diritti umani. Ma anche “i diritti e i principi iscritti nell'articolo 2 del trattato dell'Ue e la Carta dei diritti fondamentali dell'Ue". Prima di votare sull'ammissione di nuovi membri, ci sarà la possibilità di tenere un dibattito nel gruppo. Chi in Italia continua a immaginare un rapido ingresso della Lega al gruppo del Ppe, farebbe bene a prenderne nota.

Buongiorno! Sono David Carretta e questa è Europa Ore 7 di mercoledì 3 marzo, realizzato con Paola Peduzzi e Micol Flammini, grazie a una partnership con il Parlamento europeo.

La Corte Ue contro la Polonia sui giudici - A proposito di stato di diritto, la Corte di giustizia dell'Unione europea ieri si è espressa nuovamente contro la riforma del sistema giudiziario portato avanti dal governo nazionalista del Partito Legge e Giustizia (PiS) in Polonia. I giudici di Lussemburgo hanno stabilito che “le varie successive modifiche della legge polacca sul Consiglio nazionale della magistratura sono potenzialmente suscettibili di violare il diritto dell’Ue”. Il problema è che le nuove norme rimuovono il controllo giurisdizionale effettivo sulle decisioni di Consiglio nazionale della magistratura con le quali si presentano al presidente della Repubblica candidati alle funzioni di giudice presso la Corte suprema. La Corte dell'Ue ha chiesto ai giudici polacchi di “disapplicare” la riforma del PiS.

L'Ue usa per la prima volta il Navalny act - Il Consiglio dell'Ue ieri ha adottato formalmente nuove misure restrittive contro quattro funzionari russi coinvolti nell'arresto e nella condanna dell'oppositore russo Alexei Navalny, utilizzando il nuovo regime di sanzioni orizzontale per le violazioni dei diritti umani. Lo scorso anno, dopo l'avvelenamento dell'oppositore russo con il NOvichok, l'Alto rappresentante, Josep Borrell, aveva suggerito di chiamare "Navalny act" la versione europea del Magnitsky act. Nella lista nera dell'Ue - che prevede il congelamento dei beni in Europa e il divieto di ingresso sul territorio europeo - sono finiti Alexander Bastrykin (il capo della Commissione di indagine della federazione russa), Igor Krasnov (il Procuratore generale), Viktor Zolotov (il capo della Guardia nazionale) e Alexander Kalashnikov (il capo dei Servizi penitenziari federali). In una mossa coordinata, anche l'Amministrazione Biden ha adottato sanzioni contro sette funzionari russi in relazione al caso Navalny. Sul Foglio Micol Flammini spiega le nuove sanzioni alla Russia e cosa succede nella colonia penale dove Navalny è detenuto.

La finta exit di Kurz sui vaccini dell'Ue - Il cancelliere austriaco, Sebastian Kurz, ha annunciato di non voler fare “più affidamento sull'Unione europea in futuro” sui vaccini, grazie all'alleanza “First mover” con Danimarca e Israele che dovrebbe permettere di aumentare la produzione di dosi. Ma, più che un'uscita dalla strategia dell'Ue sui vaccini, Kurz sembra voler uscire dall'Ema, che accusa ingiustamente di lentezza. In realtà, come spieghiamo sul Foglio, Kurz usa l'Ue come perfetto capro espiatorio dei propri problemi interni: è l'Austria a essere lenta nella somministrazione dei vaccini ai suoi cittadini con centinaia di migliaia di dosi in frigorifero. Del resto la Danimarca ha chiarito qual era l'obiettivo della visita: comprare le dosi che avanzano a Israele.

Caos nell'Europa dell'est su Sputnik - Oltre alla (finta) rottura di Kurz con l'Ue, fa molto discutere la scelta di alcuni paesi dell'est di chiedere alla Russia dosi di Sputnik V. Ma anche in questo caso la realtà è più complessa di quanto potrebbe apparire. Il premier slovacco, Igor Matovic, ha firmato un accordo per 2 milioni di dosi del vaccino russo. Ma l'intesa è stata tenuta segreta fino alla prima consegna di 200.000 dosi lunedì. La Slovacchia è il secondo paese dentro l'Ue a usare Sputnik V grazie a una autorizzazione nazionale di emergenza. Tuttavia Matovic è andato contro un partito del suo governo che si era opposto al vaccino russo. Nella Repubblica ceca il presidente Milos Zeman si è espresso a favore dell'uso di Sputnik V. Il primo ministro Andrej Babis domenica ha detto che potrebbe essere somministrato anche senza l'approvazione dell'Ema. Ma sia l'autorità dei farmaci nazionali sia il ministero della Sanità rifiutano di dare il via libera senza l'Ema con un'autorizzazione di emergenza nazionale.

L'11 marzo l'Ema decide su Johnson & Johnson - L'Agenzia europea dei medicinali (Ema) ieri ha annunciato una riunione del comitato per i farmaci per uso umano l'11 marzo per dare la sua raccomandazione sul vaccino sviluppato da Janssen di Johnson & Johnson. “L'obiettivo della riunione è concludere la valutazione, se possibile”, ha detto l'Ema. Ma, dopo il via libera della Food and drug administration americana a fine febbraio, l'esito appare scontato. Dopo il parere dell'Ema tocca alla Commissione dare l'autorizzazione all'immissione nel mercato dell'Ue. Se tutto andrà secondo i piani, le prime dosi di Johnson & Johson dovrebbero essere consegnate agli stati membri tra fine marzo e inizio aprile. L'Italia ha previsto di ricevere 7,3 milioni di dosi nel secondo trimestre. Il principale vantaggio rispetto a Pfizer-BioNTech, Moderna e AstraZeneca è che per il vaccino di Johnson & Johnson basta un'unica somministrazione, senza necessità di richiamo. A proposito di vaccini, Paola Peduzzi sul Foglio spiega il nuovo paper del think tank Tony Blair su una nuova infrastruttura globale per essere pronti e vincere la battaglia di "cuori e menti".
 

In Spagna il Partito popolare al bivio tra Vox e il patto del Nazareno - Sul Foglio Guido de Franceschi spiega il dilemma del destra: esattamente 25 anni fa il Pp di Aznar trionfò dopo 14 anni di governi socialisti, ma sono cambiate molte cose da allora e adesso i popolari sono un partito che scappa da Vox, dall'estremizzazione e un po' anche dal suo passato. Il problema è che non sa dove andare. Il leader Pablo Casado ha avuto l'intuizione del patto del Nazareno spagnolo, ma per i prossimi anni la strada per il conservatorismo si è fatta molto stretta.


In Francia il dilemma dei Républicains tra Sarkozy e Barnier - Dopo la condanna di Nicolas Sarkozy in Francia, gli eredi del gollismo si trovano confrontati al dilemma del candidato presidenziale. Alcuni Républicains speravano nel ritorno di di Sarko per uscire dalla loro "era del vuoto". Mauro Zanon sul Foglio racconta che, senza Sarko, c'è un nome che alcuni continuano a ripetere: sperano che a salvarli arrivi l'ex capo negoziatore dell'Ue sulla Brexit, Michel Barnier.


La Corte Ue boccia Vestager su Banca Tercas - La Corte di giustizia dell'Ue ieri ha respinto l'appello della Commissione contro la sentenza del Tribunale dell'Ue che aveva bocciato la decisione del 2015 di dichiarare come aiuti di stato illegali l'intervento del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (FITD) a favore di Banca Tercas. I giudici di Lussemburgo hanno confermato che la Commissione non è riuscita a dimostrare che l’influenza delle autorità pubbliche italiane sul FITD è stata tale da imputare il suo intervento a favore di Tercas alle autorità italiane. La sentenza ha particolare significato, dato che è la decisione di Margrethe Vestager su Tercas era servita da base per la politica della Commissione sui salvataggi bancari in Italia. Le implicazioni della sentenza "alimenteranno il processo in corso di revisione del quadro di regole sulla risoluzione delle banche e l'assicurazione dei depositi e gli aiuti di stato", ci ha detto un portavoce della Commissione. Ora l'Antitrust europeo dovrà prendere una nuova decisione, anche se non avrà implicazioni su Tercas perché un gruppo di banche del FITD era già intervenuto su base volontaria per salvare l'istituto di credito.

Accade oggi in Europa

- Commissione: riunione settimanale del collegio dei commissari

- Commissione: conferenza stampa dei commissari Dombrovskis e Gentiloni sui criteri per decidere sulla clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita

- Commissione: conferenza stampa della commissaria Dalli sulla strategia dell'Ue per le persone disabili

- Commissione: discorso della presidente von der Leyen a una conferenza del Ppe sul lavoro

- Consiglio: riunione del Coreper

- Consiglio europeo: il presidente Michel in visita ufficiale in Ucraina

- Parlamento europeo: webinar sulla Giornata internazionale della donna

- Corte di giustizia dell'Ue: sentenza sul monopolio di Poste Italiane per la gestione del conto corrente postale su sui era versata l'Ici

- Eurostat: prezzi alla produzione industriale di gennaio; dati su Pil e produttività regionale nel 2019

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