Sebastian Kurz, cancelliere austriaco, ha 34 anni (LaPresse) 

“First mover”

Sui vaccini Kurz usa l'Ue come capro espiatorio

David Carretta

Più che affidarsi a Israele che non produce i vaccini, il premier austriaco dovrebbe imparare a vaccinare in fretta

 

Il cancelliere austriaco, Sebastian Kurz, ha annunciato di non voler fare “più affidamento sull’Unione europea in futuro” riguardo ai vaccini, grazie all’alleanza “First mover” con Danimarca e Israele. Ma più che un’uscita dalla strategia dell’Ue sui vaccini, Kurz sembra voler uscire dall’Ema, che accusa ingiustamente di lentezza. In realtà è l’Austria a essere lenta nella somministrazione dei vaccini con centinaia di migliaia di dosi in frigorifero.

 

Kurz usa l’Ue come perfetto capro espiatorio dei propri problemi interni. Austria e Danimarca vogliono collaborare con Israele per la produzione di vaccini di nuova generazione non facendo “più affidamento sull’Ue in futuro”, ha detto Kurz all’agenzia di stampa austriaca prima di una visita a Gerusalemme con la premier danese, Mette Frederiksen. A ben guardare l’annuncio di Kurz è meno dirompente: la strategia dell’Ue è stata “fondamentalmente corretta, ma l’Ema è troppo lenta con l’approvazione dei vaccini e ci sono colli di bottiglia nella fornitura delle società farmaceutiche”, ha spiegato Kurz.

 

L’Austria ha somministrato finora 7,17 dosi ogni 100 abitanti contro una media dell’Ue di 7,43 e le 10,39 della Danimarca, secondo le cifre di Our World in Data. Il sistema di somministrazione è affidato ai governi dei nove Länder. “Tutti avremmo molto da imparare dall’eccellenza logistica degli israeliani. Il problema è che non può essere facilmente emulata in Austria, che è diabolicamente attaccata al suo sistema federale sempre più obsoleto”, spiega al Foglio Oliver Grimm, corrispondente di Die Presse a Bruxelles. È più facile scaricare i problemi sull’Ue, anche se in realtà l’Ema non ha grandi colpe. I tempi di approvazione dei vaccini sono sostanzialmente allineati su quelli della Food and Drug Administration (Fda) americana: dieci giorni dopo per Pfizer-BioNTech e 18 per Moderna. Johnson & Johnson è stato approvato dalla Fda il 27 febbraio, mentre l’Ema dovrebbe decidere l’11 marzo. Su AstraZeneca gli americani continuano a esitare.

 

 

L’accordo “First mover” tra Austria, Danimarca, Israele “può essere di valore aggiunto alla strategia dell’Ue. Questi sforzi non sono concorrenti, ma si rafforzano reciprocamente”, ha spiegato un portavoce della Commissione, ricordando che l’Ue ha lanciato il progetto “Hera incubator” per aumentare la produzione. Il paradosso dell’uscita di Kurz è che Israele dipende dall’Ue per la produzione di vaccini. Le dosi di Pfizer-BioNTech con cui il governo di Benjamin Netanyahu guida le classifiche mondiali sono prodotte in Europa. Il primo ministro israeliano ha appena annunciato l’acquisto di altri 36 milioni di dosi per prepararsi a rivaccinare la popolazione se il coronavirus diventerà endemico o in caso di mutazioni.

 

Con “Hera incubator” sta lavorando per aumentare la produzione di vaccini nell’Ue, concentrandosi su quelli di nuova generazione mRna di Pfizer-BioNTech e Moderna, con cui ha firmato un secondo contratto per altri 600 milioni di dosi. L’obiettivo è fare dell’Ue il più grande produttore al mondo con una capacità di tre miliardi di dosi l’anno entro fine 2021 contro 2,5 miliardi degli Stati Uniti. I vaccini mRna sono più facili da modificare per adattarli alle mutazioni del coronavirus. L’Ema ha appena pubblicato le linee guida per autorizzare i vaccini modificati. Gli studi sulla sicurezza e l’efficacia su larga scala non saranno più necessari: i tempi di approvazione dei vaccini di nuova generazione che vuole Kurz saranno abbreviati dall’Ema. Lungi dall’inseguire il cancelliere austriaco,  l’obiettivo della visita di Frederiksen è più concreto: comprare le dosi in eccesso e non utilizzate di Israele.

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