Exit strategy

Antidoti alla lentezza

C'è una campagna "cuori e menti" per costruire "la strategia della prontezza". Perché Macron ci ha ripensato su AstraZeneca e una roadmap di Tony Blair

Paola Peduzzi

La “prontezza pandemica” inserisce i pass in una logica più ampia, che dice di trattare l’epidemia non come una questione sanitaria, ma come una questione di sicurezza: in questo approccio, il ritorno alla normalità diventa “the new necessary”

Dopo tante discussioni e la sensazione netta di un raggiro, gli europei ora hanno avviato una campagna “cuori e menti” a favore del vaccino AstraZeneca. Non tutti gli europei: soprattutto quelli che, innervositi dai tagli alle consegne da parte dell’azienda anglo-svedese, hanno iniziato a dire che il vaccino AstraZeneca non era così efficace. Francesi e tedeschi insomma. Che ora, con i depositi pieni di questo vaccino e un’opinione pubblica ostile ad AstraZeneca, devono smaltire le scorte, accelerare le somministrazioni, superare i malanimi: alternative non ce ne sono, quella legale sarebbe piena di ostacoli, quella nazionalista quasi un autogol. Gli inglesi  hanno ripreso a dipingere la faccenda dei vaccini come se fosse un successo della Brexit (così non sono costretti a parlare degli effetti reali della Brexit). Il Daily Mail ieri titolava su due temi cari ai sovranisti britannici: “L’Europa ha sbagliato tutto”, “Macron è stato umiliato”.

   

Il presidente francese aveva alimentato i dubbi su AstraZeneca e ora dice che invece il vaccino funziona, anche in quella fascia di età (over 65) dove pareva più debole: i dati inglesi, soprattutto in Scozia, indicano un crollo delle ospedalizzazioni già dopo la prima dose, e un crollo dei contagi, che fanno pensare a un inizio di immunizzazione che dovrebbe concretizzarsi con l’estate. Per di più, le dosi di AstraZeneca sono state già acquistate e consegnate (in misura minore rispetto alle previsioni iniziali per via dei tagli imposti dalla stessa azienda) e il problema è appunto somministrarle, sgombrare i cuori e le menti dai dubbi e dai retropensieri. Con la consapevolezza, confermata anche dal “ribelle” austriaco, Sebastian Kurz, che il futuro dei vaccini (secondo uno studio scientifico appena pubblicato, anche di quello contro la malaria) sta nell’mRna, cioè nel principio alla base dei vaccini di Pfizer e Moderna, non di AstraZeneca (ma nemmeno dei cinesi, dei russi, di Johnson & Johnson).

 

Questo punto è importante per comprendere la strategia per il futuro, oltre ai piani di vaccinazione: la gestione del “new normal” o, come scrive in un paper il Tony Blair Institute, “la prontezza pandemica”. L’ex primo ministro inglese, per quanto impopolare, continua a essere il più efficace tra i consiglieri del governo di Boris Johnson, e in generale dei governi globali. In un’intervista a Repubblica, ieri Blair sosteneva la necessità di un passaporto vaccinale (il pass verde) per agevolare la circolazione delle persone, in vista dell’estate. La “prontezza pandemica” inserisce i pass in una logica più ampia, che dice di trattare l’epidemia non come una questione sanitaria, ma come una questione di sicurezza: in questo approccio, il ritorno alla normalità diventa “the new necessary”, un cambiamento anche qui di cuori e menti.

 

La dottrina Blair è anche in questo caso muscolare: “La prontezza deve essere organizzata come una operazione militare, utilizzando i migliori hardware e software militari possibili”. Questo accenno ha fatto sollevare più di un sopracciglio, complice la storia politica (l’Iraq) di Blair, ma l’Istituto spiega che la declinazione principale di queste risorse riguarda l’innovazione, l’investimento in ricerca, con un approccio globale e globalizzato, l’esatto contrario del nazionalismo invocato come rimedio da alcuni paesi europei (e praticato in parte dagli Stati Uniti e dallo stesso Regno Unito). Soltanto in questo modo, le varianti potranno essere governate, e con esse anche le prossime possibili pandemie. Il think tank di Blair immagina una “nuova infrastruttura”, che comprende scorte di materiale sanitario, digitalizzazione e una condivisione di dati e informazioni. “C’è un nuovo interesse globale collettivo”, dice Blair: conosciamo i rischi, possiamo prepararci, non c’è un’exit strategy nazionale, “un virus da qualche parte è un virus dappertutto”.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi