Nessuno aveva intuito che la pellicolo tratta dal romanzo voleva essere una critica al regime, eppure sarebbe bastato conoscere l'opera di Bulgakov. Al cinema il film del regista russo americano Lockshin è andato benissimo e quando a Mosca si sono accorti dell'errore, era troppo tardi
In Russia c’è stato un quid pro quo propagandistico, o cinematografico, che racconta bene come la guerra contro l’Ucraina, più che una guerra della cultura, sia una guerra dell’ignoranza. La questione che ha sconvolto il potere russo è apparsa per la prima volta a gennaio, quando nelle sale del paese è uscito un film dal titolo familiare, che tira fuori reminiscenze, conoscenze, studi: “Il Maestro e Margherita”, ispirato al romanzo omonimo di Mikhail Bulgakov, scrittore nato a Kyiv e santificato, letterariamente parlando, a Mosca, dove è morto. “Il Maestro e Margherita” venne pubblicato vent’anni dopo la sua ultima stesura in forma censurata e le parti che non piacevano al regime vennero diffuse come samizdat, clandestinamente. Dal romanzo sono nati sceneggiati e film, forse talmente tanti da aver illuso il Cremlino che non fosse il caso di indagare sull’ennesimo adattamento, proposto dal regista Michael Lockshin, nato negli Stati Uniti ma di origine russa. Anzi, il governo russo ha anche deciso di finanziarlo, destinandogli 17 milioni di dollari, caldeggiati anche dal Fond Kino, l’ente che si occupa di sostenere l’industria cinematografica nel paese e che negli ultimi anni tra i vari criteri che prende in considerazione per promuovere o meno un film segue innanzitutto il valore patriottico.
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