25 aprile
Buona Liberazione all'Ucraina, fronte di lotta in tempi tetri
Lo spartiacque fra la ripugnanza per lo stalinismo e chi vi vide solamente un socialismo difettoso
Poiché la Russia di Putin è nemica dell’umanità, e l’Ucraina che vuole essere libera di sé ne è stata brutalmente aggredita e devastata, il mio augurio del 25 aprile, come di tutti i giorni dal 24 febbraio del 2022, va alla liberazione dell’Ucraina. Viviamo tempi così tetri e avvilenti che, per così dire, non c’è che il problema della scelta. Che cessi la carneficina di Gaza e ne siano puniti i responsabili, tutti i responsabili. Di troppi altri luoghi altrettanto insanguinati e meno vicini e visibili non occorre dire. Ma c’è un denominatore che accomuna le situazioni più diverse, e in questa data conviene di nuovo ricordarlo a chi creduto di sinistra. E’ lo spartiacque originario fra la ripugnanza per lo stalinismo e la sua eredità, e ogni interpretazione che vi vedesse un socialismo pur difettoso, incompiuto o deviato: persuasa, la seconda, che il “socialismo reale” andasse corretto e completato, dunque innanzitutto difeso, di fronte a un sistema capitalistico la cui mascheratura liberale concedeva solo la necessità dell’abbattimento. Per gli uni, il 9 novembre del 1989, il crollo del Muro, è un’altra data fatidica di liberazione, per gli altri, il giorno della perdita e del lutto. Quando sembrava che la fine della Guerra fredda e l’avvento del mondo globale l’avessero messa in soffitta, quella differenza si è ripresa i suoi prepotenti diritti. E’ successo esemplarmente, in quella Europa balcanica fuori dall’Europa, delle guerre post-jugoslave, in cui il retaggio nazionalcomunista serbista ha continuato ad abbagliare gli adepti del comunismo senza libertà – un affare, rispetto alla libertà senza comunismo – e a contrabbandare sotto il nome di pace la complicità con la sopraffazione. Era la prova generale di ciò che sarebbe avvenuto con l’invasione dell’Ucraina, preparata dalla lunga intesa cordiale con la Russia della Cecenia, del sabotaggio della scelta europea di Majdan, della Crimea e della Siria. Non era più la periferia balcanica ma l’Europa centrale, quella dell’Ungheria 1956, e metteva ora in causa l’idea stessa di Europa e la pratica dell’occidente – l’occidente è un’idea solo per chi è oppresso, donne soprattutto, e vi aspira, per chi ci vive è il cimento continuo con la propria smentita.
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