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Piccola posta

L'ipocrita distinzione fra armi offensive e difensive sta uccidendo gli ucraini

Adriano Sofri

Tre missili russi su un condominio di Chernihiv hanno fatto almeno 16 morti e molte decine di feriti civili. Armi e munizioni mancanti, oggi, riguardano la capacità contraerea a protezione delle città e dei villaggi

Zelensky, che intanto ha firmato senza dilazioni la nuova legge sulla mobilitazione, ha commentato amaramente la notte irano-israeliana. “I droni Shahed e i missili balistici sono gli stessi, e le vite umane sono differenti? No, hanno lo stesso valore, dobbiamo proteggerle dal terrore allo stesso modo”. Il ministro degli Esteri britannico, Cameron, ha osservato che la Raf – e gli aerei degli altri paesi occidentali intervenuti nella notte di sabato – non possono intervenire allo stesso modo nel cielo d’Ucraina, senza trasformare il conflitto in uno scontro diretto fra Nato e Russia. “Quello di cui l’Ucraina ha un disperato bisogno è un rafforzamento della difesa aerea”. Lo scorso 6 aprile Zelensky aveva chiesto 25 sistemi Patriot supplementari, per difendere dagli attacchi l’intero paese, ormai largamente privo di copertura antiaerea. Il ministro degli Esteri, Kuleba, ha poi ridimensionato la richiesta a 7 Patriot, così da coprire almeno le città maggiori. A cominciare da Kharkiv, che era la seconda città, e ormai viene chiamata la Aleppo ucraina. Il 13 aprile la Germania ha annunciato la fornitura di un sistema Patriot. Questo il registro di entrate e uscite.

Questa mattina, per esempio, tre missili russi su un condominio di Chernihiv hanno fatto almeno 16 morti e molte decine di feriti civili, normale amministrazione. La fornitura di armamenti all’Ucraina, ben prima dell’inciampo provocato dai repubblicani di Trump, ha avuto un andamento tragicomico. Le consegne di sistemi d’arma e di munizioni sono state centellinate col criterio di non irritare troppo i russi, cioè il nemico. Il quale ha dal primo giorno gridato allo scandalo di incursioni armate ucraine al di là del confine, mentre dal primo giorno la sua forza armata aveva oltrepassato il confine, occupato una parte del paese indipendente, e bombardato e distrutto senza risparmio l’intero territorio ucraino. Così ogni consegna alleata è avvenuta in un regolamentare ritardo, quando la difesa ucraina era con l’acqua alla gola e si trattava di tamponare le falle dell’inferiorità materiale di armi e uomini. Di volta in volta questo tiro alla fune ha riguardato la gittata dei missili, gli Himars, gli Atacms, e la natura degli aerei – soprattutto i famosi F16, di cui è annunciato un primo striminzito arrivo, 6 apparecchi, per l’inizio dell’estate, e poi forse qualche altro esemplare entro il prossimo anno, e così via.

Quando Zelensky confronta amaramente l’intercettazione alleata di droni e missili a difesa di Israele “nel cielo” con quella a difesa dell’Ucraina “sulla carta”, ha ragione. E mette in risalto un dettaglio che non è abbastanza considerato, benché sia il più significativo ed evidente, come la lettera rubata. Armi e munizioni mancanti oggi, e da mesi ormai, all’Ucraina, non riguardano tanto la sua capacità offensiva, e nemmeno solo la difesa delle linee del fronte dall’offensiva nemica. Riguardano la capacità contraerea a difesa delle città e dei villaggi, delle abitazioni, delle centrali di energia e dei depositi alimentari, della rete di sussistenza civile. Queste non hanno alcuna giustificazione, alcun pretesto del genere di quelli già incresciosi di “non provocare il nemico”: sono congegni e proiettili, razzi, missili, destinati a proteggere la vita delle singole persone e la sopravvivenza della loro comunità. Sono letteralmente “difensive”, com’è stato per droni e missili intercettati nella notte irano-israeliana. Sono quei Patriot, forniti col contagocce e ridotti allo stremo, sono i lanciatori Samp-T franco-italiani antiaerei e antimissile, il tedesco Iris-T, e simili (e l’Iron Dom? A suo tempo si era preteso, dal governo israeliano ancora preoccupato di non disturbare Putin, che non fossero adatti alle dimensioni dell’Ucraina e ai missili balistici…).

La distinzione fra armi “difensive” e “offensive” è in larga misura impropria, ed è stata un ipocrita pretesto al rifiuto “pacifista” di sporcarsi le mani con l’invio di armi. Ma c’è davvero una attività propriamente difensiva, che rileva e interdice i colpi di missili, razzi, droni e proiettili di artiglieria. La sua penuria si traduce direttamente in perdite di vite e di beni. D’altra parte la sua fornitura ha un costo economico elevato: c’è infatti un mercato dei costi collaterali, un tariffario geopolitico. La quotazione di un cittadino israeliano, di uno gazawi, di uno ucraino (o di uno sudanese o etiope, non pervenuto).

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