Al confine con il Myanmar

Il limbo dei birmani a Mae Sot, in Thailandia, in attesa di "vedere in faccia" i militari

Massimo Morello

La caduta della città di Myawaddy, il più importante centro di confine in Birmania, ha segnato una svolta nella guerra civile. Dalla settimana scorsa moltissimi profughi aspettano sotto il ponte che collega le due sponde tra Thailandia e Myanmar. Un reportage

"Voglio vederli in faccia. Sto aspettano di vederli in faccia", dice Ramona. Aspetta sotto il secondo ponte “dell’amicizia”, il più grande dei due che collegano la città birmana di Myawaddy e quella thailandese di Mae Sot, sovrastando il fiume Moei, che segna il confine tra gli stati. Ramona – il suo, come d’uso in questi paesi dai nomi impronunciabili, è un nomignolo – è seduta su una delle grandi pietre di un cantiere sulla riva thailandese. Accanto a lei altre ragazze si scambiano messaggi a voce con i ragazzi sulla sponda opposta. E' il modo più rapido e semplice di passarsi informazioni. Poco oltre, una nube di fumo nero indica la stazione degli autobus, vicino al quartier generale del Battaglione 275 di Tatmadaw, l’esercito birmano. Stando alle voci sul fiume, vi sono intrappolati circa 200 uomini. 

 

 

Ramona aspetta di vederli in faccia, vedere, sconfitti, gli uomini di quell’esercito che ha ucciso suo cugino e costretto lei a fuggire. Tra mercoledì 10 e venerdì 12 aprile, infatti, l'Esercito di liberazione nazionale Karen (Knla), le milizie del gruppo etnico che da decenni si oppone al governo centrale birmano e gli uomini della Forza di difesa popolare (Pdf), il braccio armato del Governo di unità nazionale (Nug) costituito dopo il colpo di stato del 2021, hanno preso il controllo della città di Myawaddy. Ramona faceva la guida turistica e l’insegnante d’inglese a Yangon. Dopo il colpo di stato del 2021 si è rifugiata in Thailandia, a Mae Sot. Ora insegna inglese ai bambini dei profughi. Molti si sono rifugiati qui perché nei 2.400 chilometri di confine tra Thailandia e Birmania, questo è uno dei punti dove è più facile passare, magari assieme alle centinaia di lavoratori transfrontalieri. I birmani rappresentano la maggioranza dei lavoratori stranieri: circa 1.6 milioni su un totale di 2.6-3 milioni di migranti. Dal primo febbraio 2021, si calcola che Mae Sot abbia accolto circa 30.000 rifugiati. Si è così formata una comunità che si dà mutua assistenza e alimenta una sorta di economia parallela. "A Mae Sot la vita è molto migliore", dice John, un pittore birmano che vive qui. "Ma non è la vita reale. Qui sei in un limbo". Lui insegna arte ai bambini. "E’ una forma di terapia, li aiuta a liberarsi dagli incubi". In questa zona, inoltre, si trovano molte “case sicure” dove i membri della resistenza possono trovare rifugio e i feriti possono essere curati.

 

 

Dalla settimana scorsa sono in molti ad aspettare sotto quel ponte. C’è anche un ragazzo che quel confine continua ad attraversarlo per unirsi alla resistenza birmana e poi tornare a Mae Sot per qualche giorno di riposo. Due anni fa una granata gli ha portato via una gamba e per lui combattere è più faticoso. Ramona e tutti gli altri non hanno avuto la soddisfazione di vedere in faccia il loro nemico. Il governo thailandese non ha concesso ai birmani il permesso di ritirarsi nel territorio del Regno. Anzi, lungo la ventina di chilometri tra i due ponti dell’amicizia ha dispiegato almeno una dozzina di veicoli tattici leggeri. In una dichiarazione, decisamente forte per gli standard thai, il primo ministro Srettha Thavisin ha ammonito i birmani a non coinvolgere nel loro conflitto il territorio thailandese. Il generale Prasarn Saengsirirak, comandante della regione di Mae Sot, ha dichiarato che "se qualche proiettile raggiungerà la Thailandia, noi reagiremo con una risposta che può essere leggera o pesante". Per quanto nessuno lo dichiari, quello che i thailandesi temono di più è un esodo di profughi che potrebbe verificarsi nel caso i militari cerchino di riconquistare la città. Il governo ha dichiarato che sono pronti ad accogliere sino centomila rifugiati e un ufficiale dell’immigrazione ha ammesso che il numero di persone che entrano in Thailandia ogni giorno è salito a 4.000. Per il momento, stando alle indiscrezioni, gli unici a essere accolti in Thailandia sono una ventina di ufficiali che “accompagnavano” un "sensitive cargo" di documenti e denaro delle banche di Myawaddy. All’aeroporto di Mae Sot sarebbero stati imbarcati su un charter della Myanmar Airways che un’ora e venti dopo sarebbe atterrato a Yangon. Quelli che non sono entrati, invece, sono le circa settecento persone, tra personale militare della base di Thingyan Nyi Naung, vicina a Myawaddy, e loro familiari che si sono arresi alle milizie Karen e del Pdf. "Sono stati trasferiti in un posto sicuro. Appena sarà possibile, verranno identificati e giudicati da un regolare tribunale", dice al Foglio Mr. Zaw, responsabile della “Dawna Column”, un gruppo del Pdf. "Ricostruiremo il sistema amministrativo di Myawaddy e di tutti i territori liberati". "Ci vorrà tempo. Due, tre anni, forse", aggiunge Mr. Kite che condivide con Mr. Zaw, altri membri della resistenza e le loro famiglie una casa malandata alla periferia di Mae Sot. Anche lui, come tanti altri è stato curato in un ospedale di fortuna di Mae Sot, dove è stato ricoverato dopo essere saltato su una mina. "E' tanto tempo, lo so, ma non ci aiuta nessuno. L’occidente non ci aiuta, non sa nemmeno che esistiamo".

 

Sono poche le cose che si riescono a sapere. Compresa la sorte dei 200 soldati intrappolati sotto il ponte. Viene il sospetto che abbiano attraversato il fiume e siano stati rinchiusi in un magazzino di smistamento merci poco a monte del secondo ponte. Quel centro dove si è fermato il convoglio del ministro degli Esteri thai Parnpree Bahiddha-Nukara che venerdì 12 ha visitato Mae Sot e dove è stato precluso l’accesso a chi provava a inserirsi tra i van dai vetri oscurati. Nella conferenza stampa organizzata poco dopo, accalcati al centro di una grandissima sala senza aria condizionata del palazzo della dogana, i funzionari al seguito del ministro hanno eluso la domanda. Anche da parte della resistenza birmana vige la regola del silenzio, del segreto. "I Karen, il Nug, la Cobra Column sono molto reticenti ad avere contatti con i giornalisti. Non sono abituati a tanta attenzione, hanno paura di sbagliare", dice Mr. M., un personaggio che da molto tempo aiuta Il Foglio, per spiegare perché in questo momento sia quasi impossibile seguire gli uomini della resistenza. In particolare, quella Cobra Column divenuta un vero proprio incubo per i militari birmani. "Sono ossessionati dalla sicurezza. Soprattutto la tua".

Tanti misteri e segreti sono anche dovuti al fatto che la battaglia di Myawaddy segna davvero una svolta nella guerra civile birmana. La città è il più importante centro di confine tra Thailandia e Birmania, con un volume ufficiale di commercio di oltre un miliardo di dollari l’anno. Il secondo ponte sul Moei, che sfocia nel monumentale palazzo della dogana e quindi nelle otto corsie del primo tratto della Asia Highway, è la porta d’accesso della Birmania al Golfo di Thailandia e poi all’Oceano Pacifico. Con la caduta di Myawaddy, la giunta militare perde un condotto da cui escono risorse naturali ed entrano rifornimenti e denaro. E' per questo che si teme una controffensiva. L’ultimo tentativo, andato a vuoto, è del 15 aprile. La caduta di Myawaddy è la più umiliante delle sconfitte subite dalla giunta militare birmana negli ultimi sei mesi. “Le organizzazioni etniche armate (Eao) ormai controllano i confini della Birmania con l’India, il Bangladesh, la Cina e la Thailandia”, commenta Soe Myint, direttore di “Mizzima News” una delle più autorevoli fonti giornalistiche sulla Birmania. “Le milizie etniche sono emerse come protagoniste strategiche nel Sud e Sud-est dell’Asia e le più grandi e potenti nazioni vicine dovranno trattare con loro perché sono loro a controllare le vie commerciali all’interno della Birmania”.  Tanto più se le Eao decideranno di avanzare verso l’interno del paese e prendere il controllo della strada che collega Yangon alla capitale Naypyidaw. Ma dovranno farlo rapidamente, prima che inizi la stagione delle piogge, quando sarà quasi impossibile muoversi.

 

 

La Cina sta già facendo pressione sulla giunta militare affinché cerchi un accordo con le milizie etniche in modo da garantire la sicurezza dei corridoi economici ed energetici che collegano la Birmania alla provincia dello Yunnan. La caduta di Myawaddy, inoltre, ha creato ulteriori preoccupazioni al governo di Pechino. Le milizie Karen, infatti, sono storicamente legate agli Stati Uniti, che le hanno sostenute sin dagli anni Sessanta, quando la giunta militare del tempo era allineata col blocco comunista dell’Unione sovietica. La situazione nel territorio Karen è ulteriormente complicata dalla presenza sul confine con la Thailandia di circa 40 casinò e alcune delle più grandi Scam City, quei complessi di centrali di gioco online e truffe informatiche che ormai costituiscono l’economia occulta del Sud-est Asiatico. Gestite da sindacati criminali cinesi, le Scam City sono sotto l’effettivo controllo della Border Guard Force, una milizia territoriale che aveva dichiarato la sua alleanza con la giunta militare. Almeno sin quando questa non ha cominciato a perdere. "Chi comanda le Scam City? La Border Guard, che ha mollato i militari, si è alleata con l’Unione Karen e ora si chiama Karen National Army", risponde al Foglio Mr. M, raccomandandosi di non confondere quest’ultima milizia con la ben più potente Karen National Liberation Army (Knla).

E' per questo che Shwe Kokko, una Scam City a una ventina di chilometri a nord di Myawaddy (e di Mae Sot) sembra una città aperta, non toccata né minacciata da scontri. Nelle acque del fiume, a pochi metri dalla riva, nei giorni in cui ancora a Myawaddy si combatte, è in corso un water festival, una sorta di rave sull’acqua con altoparlanti che diffondono musica techno su entrambe le rive del fiume. E' una di quelle feste con cui in Birmania e in Thailandia si celebra, rispettivamente il Thingyan e il Songkran ossia la fine della stagione secca e l’inizio del nuovo anno. Secondo la regola buddhista è l’occasione per purificarsi. Nella realtà è il momento in cui ci si dimentica delle regole, delle miserie, di una vita tragica.