Diplomazie incastrate

La Cina fa finta di non essere il salvavita di Putin. Poi accoglie Lavrov a Pechino

Il ministro degli Esteri russo a Pechino e il primo ministro giapponese Fumio Kishida a Washington: vertici paralleli

Giulia Pompili

Sul tavolo del G7 Esteri della prossima settimana a Capri (presente l'ucraino Kuleba) ci sarà anche l'aiutino che Xi Jinping fornisce alla Russia per aggirare le sanzioni. Ma da giorni i funzionari cinesi in Italia cercano di evitare che se ne parli

Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov è atterrato ieri a Pechino per una visita di due giorni in Cina, durante la quale incontrerà il suo omologo cinese, Wang Yi, e secondo il Cremlino verrà discussa “un’ampia gamma di questioni legate alla cooperazione bilaterale, nonché alla cooperazione sulla scena internazionale”. Il ministero degli Esteri cinese ha fatto sapere  che la visita di Lavrov fa parte di “normali attività diplomatiche” tra i due paesi, e che altri governi non dovrebbero “ledere i diritti e gli interessi legittimi della Cina e delle aziende cinesi. Ancor meno dovrebbero scaricare la colpa sulla Cina o istigare un confronto tra blocchi”. L’ultima volta che il ministro degli Esteri russo era stato a Pechino era stato nell’ottobre del 2023, al Forum sulla Via della seta cinese. L’incontro arriva dopo che due giorni fa il segretario di stato americano Antony Blinken al quartier generale della Nato di Bruxelles aveva avvertito ancora una volta gli alleati sul fatto che la Cina “continua a fornire materiali a sostegno della base industriale russa per la Difesa.  Anche la Corea del nord e l’Iran forniscono il loro sostegno.  Tutto questo alimenta la macchina da guerra di Putin che attacca gli ucraini e minaccia la sicurezza europea”. Due giorni fa, durante la sua visita a Pechino, la segretaria al Tesoro americana Janet Yellen aveva dato una versione più sfumata ma con una minaccia più diretta: “Ci saranno conseguenze significative” se Pechino dovesse fornire a Mosca componenti essenziali per la sua guerra contro l’Ucraina. Secondo quanto riportato da Bloomberg tre giorni fa, il sostegno della Cina alla Russia negli ultimi mesi si è intensificato, nel campo della condivisione dei dati satellitari, ma anche nel fornire componenti di microelettronica e di macchinari per la produzione di carri armati, fino al carburanti per i missili.     

 


Di Russia e Cina, e di come quest’ultima stia sostenendo la guerra di Putin contro l’Ucraina, Blinken e i suoi omologhi “like-minded”, dei paesi considerati amici,  parleranno anche alla ministeriale Esteri del G7, in programma tra poco più di una settimana a Capri. I ministri degli Esteri di America, Giappone, Canada, Francia, Regno Unito e Germania più tre paesi invitati (India, Brasile e Mauritania),  sotto la presidenza italiana, avranno almeno due discussioni sull’Ucraina, a  una delle quali sarà presente anche il ministro degli Esteri di Kyiv,  Dmytro Kuleba. Non c’è solo da discutere il sistema di aiuti da fornire all’Ucraina, ma anche  il problema dell’elusione delle sanzioni da parte di Mosca: una questione enorme che  passa da Pechino, e che  nessun governo europeo del G7 vuole affrontare singolarmente per non inimicarsi troppo la Cina. Secondo quanto risulta al Foglio, l’ambasciata cinese a Roma in questi giorni sta incontrando diversi rappresentanti delle sedi diplomatiche del gruppo delle sette economie – compreso lo sherpa G7 di Palazzo Chigi, Elisabetta Belloni – per cercare di fare lobby contro una presa di posizione unitaria riguardo all’appoggio cinese alla Russia nella guerra in Ucraina. 

 


Del resto la Repubblica popolare cinese è in una fase di riavvicinamento con l’occidente, in particolare con America e Ue, nel tentativo di riaprire un canale di diplomazia commerciale (l’altro ieri il ministro del Commercio Wang Wentao è arrivato a Parigi per difendere le auto elettriche cinesi,  poi arriverà in Italia, a Verona, per il business Forum Italia-Cina). Ma Difesa, sicurezza, commercio e diplomazia sono ambiti ormai indissolubilmente intrecciati. L’incontro fra Lavrov e Wang a Pechino precede di 24 ore un altro vertice considerato cruciale dai media internazionali: il primo ministro giapponese Fumio Kishida è arrivato ieri a Washington per la prima visita di stato dal 2015, e domani avrà l’atteso bilaterale con il presidente americano Joe Biden. Il tema più importante in agenda riguarda le minacce incrociate di Russia, Corea del nord e soprattutto della Cina nel Pacifico, tanto che giovedì è previsto l’arrivo anche del presidente filippino Ferdinand Marcos Jr., per il primo trilaterale formale tra America, Giappone e Filippine. Nel Mar cinese meridionale l’assertività di Pechino, che rivendica illegittimamente gran parte dell’area del Pacifico cruciale per le rotte commerciali internazionali, è diventata aggressività contro la Marina, la Guardia costiera e i pescatori filippini. Tokyo e Washington vogliono modernizzare la struttura militare presente in Giappone, e rafforzare le alleanze: nei prossimi giorni dovrebbe arrivare a Kishida anche l’invito ufficiale per entrare a far parte di Aukus, il patto di sicurezza fra Stati Uniti, Regno Unito e Australia.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.