medio oriente
La missione contro Hamas finisce a Rafah, dice Israele a Blinken
Dopo i rispettivi incontri con il segretario di stato americano, il premier Netanyahu e il ministro Benny Gantz hanno entrambi fatto sapere di aver ribadito il sincero apprezzamento per il continuo sostegno a Israele ma anche l’indiscutibile imperativo di portare a termine la missione a Gaza
Tel Aviv. Se l’esercito avesse catturato o eliminato il nemico numero uno a Gaza, il capo dei capi di Hamas Yahya Sinwar, c’è da giurarci che gli israeliani avrebbero indossato con soddisfazione le sue “orecchie” come costume per la festività ebraica di Purim. Invece il ribaltamento del destino, che oggi sembra ancora inesorabile per gli ostaggi israeliani nella Striscia, non è stato raggiunto in settimane di trattative. Il precetto di mascherarsi resta. Ma poiché non è ancora tempo per celebrare il ritorno alla vita e farsi beffe del perfido Aman / Sinwar, a fare notizia è stato un vestito da sposa giallo, il colore associato alla lotta per il rilascio degli israeliani sequestrati da Hamas. A indossarlo in piazza degli Ostaggi a Tel Aviv, nello stesso giorno in cui il segretario di Stato americano Antony Blinken era in città per incontrare il premier Benjamin Netanyahu e il gabinetto di guerra, è stata Ziv Abud, sopravvissuta al massacro del Nova Festival e fidanzata di Eliya Cohen, prigioniero a Gaza da 169 giorni. Dopo i rispettivi incontri con Blinken, il premier Netanyahu e il ministro Benny Gantz hanno entrambi fatto sapere di aver ribadito il sincero apprezzamento per il continuo sostegno a Israele ma anche l’indiscutibile imperativo di portare a termine la missione a Gaza, compresa Rafah, con la consapevolezza della necessità di evacuare la popolazione civile dalle zone di guerra.
Netanyahu ha detto anche che spera di poter contare sul sostegno americano, ma ha aggiunto che “se necessario lo faremo da soli”. A preoccupare la Casa Bianca sono le conseguenze di un’operazione militare su larga scala nella roccaforte meridionale di Hamas, potenzialmente catastrofiche. Da un lato, per la popolazione civile e la situazione umanitaria dei gazawi sfollati e provati da cinque mesi di guerra. Ma anche per “la sicurezza di Israele e il suo posto nel mondo”, come avrebbe detto Blinken al gabinetto di guerra secondo indiscrezioni trapelate sui media. Il timore per una strategia sbagliata per il dopoguerra a Gaza o, al contrario, per l’assenza di un piano, portano l’Amministrazione Biden a preconizzare un’occupazione israeliana permanente o una violenta anarchia nell’enclave. Rischi di cui “potreste non rendervi conto finché non sarà troppo tardi”, avrebbe ammonito il segretario di Stato, rivolgendosi ai ministri israeliani.
Ai tavoli delle trattative Hamas insiste nel pretendere il ritiro definitivo di Tsahal da Gaza. Ma Israele è disposto alla sola tregua temporanea per riportare a casa i suoi ostaggi. Russia e Cina hanno posto il veto alla proposta americana di risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu che avrebbe potuto scavalcare l’impasse dei colloqui tra le controparti nemiche. La mossa diplomatica degli Stati Uniti puntava a legare il “cessate il fuoco immediato e prolungato” nella Striscia al rilascio di tutti gli israeliani ancora sotto sequestro. Per l’asse anti israeliano la liberazione degli ostaggi non dovrebbe costituire un prerequisito per mettere in pausa il conflitto. Un battito d’ali di farfalla a New York che farà sentire le sue conseguenze a Doha, dove il direttore della Cia William Burns ha raggiunto, per partecipare a un ennesimo round di colloqui, il primo ministro del Qatar e i capi del Mossad e del Mukhabarat.
Il capo della Difesa israeliana Yoav Gallant si prepara invece a partire per Washington, su invito dell’omologo Lloyd Austin, insieme con il responsabile del ministero per gli acquisti delle armi. Nella sua prima visita negli Stati Uniti da quando è entrato in carica più di un anno fa, Gallant intende presentare una lista della spesa di rifornimenti che farebbero comodo a Israele, con urgenza.