Verso le europee 2024
Al Congresso del Ppe è Ursula contro Ursula. Il "modello Ruanda"
Mentre il partito ricandiderà ufficialmente la presidente della Commissione Ue, il programma dei popolari sembra contraddire gran parte delle politiche promosse dalla stessa von der Leyen durante il suo mandato. Si svolta a destra, quella sovranista
Bruxelles. Il motto del Congresso del Partito popolare europeo che si apre oggi a Bucarest potrebbe tranquillamente essere “Ursula contro Ursula”. Tra oggi e domani il Ppe nominerà ufficialmente Ursula von der Leyen come sua Spitzenkandidat per la presidenza della Commissione, ma adotterà anche un programma che contraddice gran parte di quanto fatto e detto dalla stessa von der Leyen durante i suoi quattro anni alla testa dell’esecutivo comunitario. Innanzitutto c’è una critica esplicita al Green deal, diventato capro espiatorio di tutti i mali industriali e agricoli, considerato dal Ppe come “ideologia” imposta da socialisti e verdi. Ma anche su immigrazione e identità il Ppe vuole imporre a von der Leyen una sterzata verso la destra sovranista e l’estrema destra. La soluzione contenuta nel Manifesto elettorale della principale famiglia politica europea, quella del centrodestra sedicente moderato e cristiano, è il “modello Ruanda” inventato nel Regno Unito dai governi conservatori di Boris Johnson e Rishi Sunak: spedire i richiedenti asilo in paesi terzi lontani e lasciarli lì anche se ottengono la protezione internazionale. La deriva del Ppe potrebbe ostacolare la formazione di una maggioranza “europeista” e “centrista” nella prossima legislatura con socialisti, liberali e verdi, mettendo a rischio la conferma di von der Leyen.
Sulle politiche migratorie nell’ultimo anno von der Leyen ha fatto molti compromessi sui princìpi e sulle regole, in particolare per sostenere i governi di Giorgia Meloni in Italia e di Kyriakos Mitsotakis in Grecia. Prima ha firmato il memorandum d’intesa Ue-Tunisia. Poi ha dato la benedizione all’accordo tra Italia e Albania per esternalizzare le procedure di asilo. Ma il “modello Ruanda” va ben oltre l’intesa tra Roma e Tirana. Quando il governo britannico lo ha proposto la prima volta, la stessa Commissione von der Leyen lo ha definito illegale in termini di diritto europeo e internazionale. In diversi documenti pubblici e privati, l’esecutivo comunitario ha spiegato che nell’Ue non si potrebbe fare. Eppure la proposta contenuta nel manifesto del Ppe che von der Leyen porterà alle elezioni ricalca il progetto dell’ex ministra dell’Interno britannico, Suella Braverman, per deportare i richiedenti asilo nel paese africano. “Vogliamo attuare il concetto di paesi terzi sicuri”, dice il documento: “Chiunque richieda asilo nell’Ue potrebbe essere trasferito in un paese terzo sicuro ed essere sottoposto lì alla procedura di asilo. In caso di esito positivo, il paese terzo sicuro garantirà protezione al richiedente in loco”.
Sul Green deal il Ppe chiede una retromarcia di fatto. “Per noi non è una nuova ideologia come quella sostenuta dai verdi o dai socialisti”, dice il manifesto che sarà adottato a Budapest: “Senza un’economia competitiva non può esserci nemmeno una protezione sostenibile del clima”. Dopo l’adozione degli obiettivi sulla neutralità climatica nel 2050 ora è arrivato il momento di “sostenere l’industria europea attraverso questa transizione”. La politica climatica deve andare “mano nella mano con la nostra economia e la società”. La piroetta più spettacolare riguarda la fine del motore a combustione e l’obbligo di immatricolare automobili elettriche a partire dal 2035. “L’Ue può fissare obiettivi di riduzione delle emissioni di Co2, ma deve lasciare spazio agli attori privati e locali per trovare soluzioni tecnologiche adeguate. Rifiutiamo una politica di divieto e optiamo invece per un approccio basato sulla tecnologia aperta”, dice il Manifesto del Ppe: “Gli ingegneri, non i politici, insieme al mercato, dovrebbero decidere la migliore tecnologia per raggiungere la neutralità carbonio”.
Il programma del primo mandato di von der Leyen era stato plasmato dalle scelte del Ppe del 2019. Compreso il Green deal, che all’epoca era usato dalla cancelliera Angela Merkel per cercare di occupare tutto lo spazio politico e frenare l’avanzata dei Verdi. Von der Leyen ha associato il suo nome ai principali provvedimenti della transizione climatica, che fino a un anno fa erano stati tutti votati dal Ppe al Parlamento europeo. Oggi nell’ordine delle priorità del manifesto l’energia (con un ruolo centrale per il gas, oltre che per l’elettricità) viene prima di clima e ambiente. Eppure von der Leyen aveva promesso di uscire dai combustibili fossili (gas compreso). Nel nuovo Ppe la candidata Ursula dovrà fare campagna contro i risultati della presidente von der Leyen.
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