Una manifestazione in piazza Maidan, Kyiv, per l'anniversario della rivoluzione ucraina (Lapresse/Marco Alpozzi) 

L'editoriale del direttore

Orgoglio, altro che stanchezza. Perché l'occidente sta vincendo la guerra contro Putin

Claudio Cerasa

È ora di spiegare che la capacità di resistenza della Russia è certamente superiore al previsto, ma la difesa dell’Ucraina almeno finora è stata un incredibile successo dell’occidente e soprattutto dell’Europa

Si parlerà molto della fatica crescente, bisognerebbe parlare dell’orgoglio ritrovato. Si parlerà molto della stanchezza galoppante, bisognerebbe parlare della forza mostrata. Si parlerà molto del futuro incerto,  bisognerebbe parlare degli obiettivi raggiunti. Due anni dopo quel 24 febbraio che ha cambiato la nostra storia, la nostra idea di confini, la nostra idea di Europa, la nostra idea di libertà, bisognerebbe avere il coraggio di affermare una verità che riguarda tutto ciò che gira attorno al conflitto in Ucraina. E la verità è semplice: la capacità di resistenza della Russia è certamente superiore al previsto, ma la difesa dell’Ucraina almeno finora è stata un incredibile successo dell’occidente e soprattutto dell’Europa.

La dimensione territoriale del conflitto è importante ma per capire la direzione della guerra c’è molto altro che andrebbe considerato ed è tutto quello che i difensori della democrazia, della società aperta e della libertà sono riusciti a mettere in moto negli ultimi ventiquattro mesi grazie all’amore per l’Ucraina. Piero Calamandrei, grande giurista, ripeteva spesso che la libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale solo quando comincia a mancare. Negli ultimi due anni, l’occidente bistrattato, demonizzato e maltrattato – spesso da se stesso – è riuscito a mettere in campo una difesa dell’Ucraina che a pensarci solo due anni fa sarebbe stata semplicemente impossibile da immaginare. In due anni la Russia ha conquistato terreno in Ucraina, ma in due anni la capacità dell’occidente di difendere se stesso, anche attraverso l’Ucraina, ha raggiunto vette incredibili. L’Unione europea, negli ultimi due anni, ha approvato all’unanimità sanzioni contro la Russia con una media di una ogni due mesi (ieri è stato approvato il tredicesimo pacchetto contro il regime di Mosca). La Nato, che era una realtà “clinicamente morta”, come da citazione macroniana, ha ritrovato compattezza, ha aumentato i suoi membri e ha aggiunto ai confini con la Russia 1.340 km di confini  grazie all’ingresso della Finlandia nell’Alleanza atlantica (la spesa militare dei suoi membri è complessivamente cresciuta di sei volte rispetto al 2022). L’arma cosiddetta letale del gas russo non si è rivelata tale e nel giro di due anni l’Unione europea è riuscita a sostituire il 55,6 per cento del gas importato dalla Russia (il costo del gas era arrivato a 234 euro per megawattora nel 2022, oggi siamo a 23 euro).

A nessuno sfugge naturalmente che il sostegno dell’occidente all’Ucraina dipenderà anche da quello che succederà a novembre negli Stati Uniti (Trump o non Trump) ma nell’attesa di quell’appuntamento si possono mettere in fila altre notizie positive. È una notizia positiva che la stragrande maggioranza dei partiti europei abbia messo la difesa dell’Ucraina al centro della propria agenda politica. Ed è una notizia positiva il fatto che uno dei paesi che in passato ha manifestato maggiori simpatie con l’universo putiniano, come l’Italia, abbia un presidente del Consiglio che, nonostante la presenza nella sua coalizione di alleati incapaci di tagliare definitivamente il cordone ombelicale con il putinismo, abbia scelto non solo di essere a Kyiv oggi nel giorno dell’anniversario dell’invasione russa ma anche di trasformare la difesa dell’Ucraina in un elemento centrale della propria identità politica. Due anni fa Putin ha aggredito l’Ucraina per allontanare la Nato dalla Russia e avvicinare l’Ucraina alla Russia. Due anni dopo Putin si ritrova con un’Ucraina più vicina all’Europa e una Nato più vicina alla Russia. L’Ucraina non ha ancora vinto la sua guerra, ma Putin la sua l’ha ormai persa da tempo. Due anni dopo, più che parlare della nostra stanchezza occorrerebbe forse trovare la forza di parlare del nostro orgoglio e della nostra capacità di osservare l’Ucraina e di renderci conto di cosa significhi per la nostra vita saper reagire quando ci si accorge che l’aria comincia a mancare.

 

Lo speciale del Foglio a due anni dall'invasione russa

 

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.