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Da tel aviv

I numeri degli aiuti che entrano a Gaza, e le lotte tutt'attorno

Fabiana Magrì

Tra il 9 e il 18 febbraio sono transitati in media 65 camion al giorno rispetto ai circa 150 delle settimane precedenti. Dall’inizio della guerra i tir sono stati oltre 13 mila. Ma garantire la sicurezza e la distribuzione dei beni mentre si combatte è difficile, talvolta impossibile

Tel Aviv. Da una parte e dall’altra dei valichi di frontiera di Rafah, Kerem Shalom e Nitzana, nel vertice del triangolo tra Egitto, Israele e la Striscia di Gaza, sostano convogli di aiuti umanitari per la popolazione civile palestinese nell’enclave. Ma rifornimenti di cibo, farina e medicine non riescono a raggiungere con regolarità le tendopoli e le strutture dove oltre un milione e mezzo di persone sono rifugiate. La situazione, sempre più congestionata nell’enclave, alimenta la disperazione. E quando i carichi transitano per arrivare a destinazione, la gente li prende di assalto.

La comunità internazionale accusa Israele del rallentamento del flusso degli aiuti. Per i bombardamenti su Rafah e sulla polizia di Hamas responsabile della sicurezza della logistica. E contesta le proteste – ormai quotidiane al valico di Kerem Shalom – degli attivisti israeliani che vorrebbero fermare gli aiuti a Gaza fin quando Hamas non lascerà andare gli ostaggi che ha sequestrato il 7 ottobre del 2023. “Sono due – Nitzana e Kerem Shalom – i varchi attivi” per il controllo e il transito delle merci, ha spiegato Moshe Tetro, il capo dell’Amministrazione di coordinamento e collegamento per Gaza, in un briefing con i giornalisti all’inizio della settimana. “Quando abbiamo problemi con uno, possiamo aumentare il volume dell’altro. Se la comunità internazionale scaricasse le centinaia di camion sul lato palestinese, dove non c’è più spazio, ce ne sarebbero altrettanti che entrerebbero immediatamente nella Striscia”, assicura.

Nell’ultima settimana, denunciano ai media funzionari delle Nazioni Unite, troppi pochi mezzi sono entrati nel sud della Striscia, nonostante l’accordo internazionale per 200 camion umanitari ogni giorno. Secondo i dati delle Nazioni Unite, tra il 9 e il 18 febbraio sono transitati in media 65 camion al giorno rispetto ai circa 150  nelle settimane precedenti, con picchi al ribasso di quattro tir in una giornata. Invece, nelle condizioni attuali, ne servirebbero almeno 500. Israele ha calcolato che dall’inizio della guerra sono entrati a Gaza oltre 13 mila camion con un carico superiore alle 250 mila tonnellate di aiuti, di cui 167 mila tonnellate era cibo. “Siamo pronti e disponibili a facilitare l’ingresso di decine, se non centinaia di camion ogni giorno. Ma il flusso sul lato palestinese di Kerem Shalom, dove ci sono più di 450 mezzi in attesa che le organizzazioni internazionali li scarichino e distribuiscano la merce a Gaza, è al massimo”, insiste il colonnello Tetro. Gli operatori dell’Onu, dice Israele, non si presentano al lavoro. E’ per evitare di trovarsi in pericolo, presi nel fuoco incrociato tra l’esercito israeliano e Hamas, dicono le agenzie e le organizzazioni internazionali. Non sempre è possibile raggiungere i camion ai valichi, spiegano, perché  è troppo rischioso. Avvisare entrambi le parti dei propri spostamenti, lamentano ancora, non dà alcuna garanzia di sicurezza.

 

Inoltre il crollo dell’ordine pubblico – che dovrebbe essere garantito dalla polizia di Hamas – rende tutto più difficile. Israele ha stimato che fino al 60 per cento delle merci destinate a Gaza è intercettato e dirottato dal gruppo islamista. Per i funzionari delle Nazioni Unite non ci sono prove a sostegno di tali dati e in ogni caso sostengono che sia dell’esercito israeliano il compito di garantire la sicurezza per la distribuzione nella Striscia. Responsabilità che Tsahal rimbalza. “Non siamo obbligati a farlo”, ha detto un portavoce militare. L’ambasciatore americano David Satterfield, nominato dal presidente Joe Biden per coordinare gli aiuti umanitari a Gaza, ha detto che le forze israeliane hanno ucciso almeno nove agenti di polizia palestinesi coinvolti nella protezione dei convogli umanitari. L’esercito risponde che “sta operando per smantellare le capacità militari di Hamas. Gli elementi coinvolti in attività militari potrebbero essere presi di mira”. Intanto il Programma alimentare mondiale  – una delle due principali agenzie responsabili della distribuzione di cibo a Gaza – ha temporaneamente sospeso le consegne. 
 

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