la trattativa

Abu Mazen dice a Hamas di accettare l'accordo sugli ostaggi

Fabiana Magrì

Il capo dell'Anp ha esortato la fazione islamica ad accettare rapidamente un accordo per salvare la Striscia dall'offensiva militare israeliana. Intanto Netanyahu ha detto a Biden che è determinato a raggiungere un accordo

Tel Aviv. Il presidente palestinese Abu Mazen teme che le implicazioni della guerra a Gaza rappresentino “una minaccia di catastrofe con conseguenze non meno devastanti della Nakba del 1948”. Questa volta però il capo dell’Anp e dell’Olp ha rivolto le sue preoccupazioni a Hamas, esortando la fazione islamica ad accettare rapidamente un accordo per salvare la Striscia dall’offensiva militare israeliana “che causerà migliaia di vittime, sofferenze e sfollamenti”. Abu Mazen, secondo l’agenzia Wafa, ritiene che chiunque ostacolerà i negoziati sarà ritenuto responsabile per la “situazione intollerabile” raggiunta dagli abitanti di Gaza. 

 

Allo stato ebraico ha chiesto di fermare gli attacchi a Rafah e ai paesi mediatori – Stati Uniti, Egitto e Qatar – di traghettare i colloqui fino al loro successo. Se il termometro delle trattative è influenzato dal via vai delle delegazioni, la presenza dei funzionari di Hamas al Cairo è stata letta come un buon segnale. La decisione del premier israeliano Benjamin Netanyahu, invece, di non acconsentire che i suoi rappresentanti tornino subito al tavolo per portare avanti i negoziati è espressione dell’ultima occasione per forzarne l’esito. Oggi sono previsti incontri di follow up al livello di ranghi inferiori per discutere la portata degli aiuti umanitari per Gaza e la possibilità che i civili facciano ritorno alla parte settentrionale della Striscia. Ma Netanyahu, dicono funzionari israeliani citati dai media, non vede alcun senso nell’inviare un’altra delegazione fino a quando Hamas non ammorbidirà le sue richieste. 

 

Dalle indiscrezioni uscite dalle stanze in cui si tratta, sarebbe il numero di prigionieri palestinesi che Israele deve rilasciare nel potenziale accordo, il nodo cruciale da sciogliere. Sul sito Axios il giornalista israeliano Barak Ravid ha ricostruito gli sviluppi di questo elemento determinante a partire dall’ultima recente telefonata tra il presidente americano Joe Biden e Netanyahu. Il capo della Casa Bianca avrebbe detto al premier israeliano di condividere il giudizio sulla richiesta di Hamas, definita “esagerata”, di rilasciare un maggior numero di prigionieri palestinesi – tra cui ergastolani condannati per atti mortali di terrorismo – in cambio di ciascun ostaggio israeliano, in parte in considerazione del fatto che tra loro ci sono donne e uomini soldati. Ma gli avrebbe comunque chiesto di mostrare maggiore flessibilità sulla questione.

 

Nel corso della telefonata, Netanyahu avrebbe rassicurato Biden che, “a differenza di quanto riportato dalla stampa israeliana”, è determinato a raggiungere l’accordo per la liberazione degli ostaggi. Ma avrebbe sottolineato che le condizioni dovranno essere tali da superare l’approvazione del suo esecutivo. Anche da questa considerazione, oltre che dalla consapevolezza della forte pressione su Hamas per l’imminenza della grande operazione di terra a Rafah, dove oltre un milione di plurisfollati hanno trovato estremo rifugio, nasce la fermezza che il premier sta dimostrando. Una posizione che ha mandato su tutte le furie le famiglie degli ostaggi israeliani. “Non tornare al Cairo è una sentenza di morte per i rapiti”, hanno commentato. Ma secondo un recente sondaggio condotto dal Jewish People Policy Institute (Jppi), l’opinione pubblica israeliana è schierata a favore (il 40 per cento del campione) del rovesciamento di Hamas piuttosto che della liberazione degli ostaggi (il 32 per cento), nell’ipotetica situazione in cui il governo si trovasse di fronte a una scelta obbligata. 

 

In seguito all’operazione di salvataggio di Louis Har (70 anni) e Fernando Marman (61) a Rafah – i due ex ostaggi sono già stati dimessi dallo Sheba Medical Center – i militari israeliani continuano a portare a casa importanti risultati grazie all’intelligence raccolta sul campo di battaglia. Il video recuperato due settimane fa da un tunnel sotto Khan Yunis, che immortala il capo supremo di Hamas a Gaza con moglie e figli e il fratello Ibrahim in una delle gallerie di collegamento “è il risultato di una caccia all’uomo che non si fermerà finché non lo cattureremo, vivo o morto”, ha commentato il portavoce di Tsahal Daniel Hagari.

 

Di quel video, un dettaglio ha fatto ribollire il sangue a Ilana Stein, portavoce dell’Ufficio del primo ministro, che nel briefing quotidiano con i media ha messo l’accento sulla bambola tra le braccia della figlia del “codardo macellaio”. “Il resto dei bambini di Gaza non sono altrettanto fortunati, non hanno accesso a questi tunnel che garantirebbero loro protezione. Hamas li usa come scudi umani”. Il capo di stato maggiore Herzi Halevi ha illustrato alla stampa che le truppe a Khan Yunis stanno raggiungendo “luoghi che il nemico non avrebbe mai immaginato che avremmo raggiunto”. Finora, stima il Ramatkal, sono stati uccisi più di 10 mila terroristi, tra cui molti comandanti. “Questo – ha detto – è ciò che significa smantellare Hamas”. 
 

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