Joe Biden e Xi Jinping (LaPresse)  

Lo scaffale di Tria

Kagan e lo spettro anacronistico della nuova Guerra fredda

Giovanni Tria

Non ha senso richiamare i dibattiti del passato, il mondo è cambiato ed è ormai ampiamente multilaterale, non bipolare. Il compito delle maggiori potenze, Stati Uniti e Cina, è  garantire stabilità e cooperazione internazionale, a partire dal tentativo di chiudere le guerre in corso

Ricordare un dibattito svoltosi nel passato alla luce della storia successiva è molto spesso utile per capire quanto i dibattiti del momento siano adeguati per prevedere o guidare la costruzione del futuro. Ciò è tanto più importante quando si parla di equilibri internazionali e soprattutto di guerre che sono il passaggio da un precario equilibrio all’altro. Rileggiamo quindi un breve libro di Robert Kagan pubblicato nel 2004 con il titolo American Power and the Crisis of Legitimacy la cui traduzione è stata pubblicata da Mondadori con il titolo Il diritto di fare la guerra

  

Robert Kagan, politologo americano, fa parte di quell’ala liberal  che si schiera con l’interventismo americano in politica estera e con il partito repubblicano prima dell’epoca di Donald Trump. Il breve libro citato va collocato nel dibattito che accompagnò la Seconda guerra del Golfo, cioè l’invasione dell’Iraq da parte di un’alleanza anglo- americana senza l’avallo delle Nazioni Unite e in dissenso con la maggior parte dei paesi europei. 

  

Come ricorda Kagan, il ministro degli Esteri francese dell’epoca, Dominique de Villepin, notò che “non si tratta tanto di uno scontro sull’opportunità di una guerra in Iraq, quanto piuttosto di una contrapposizione tra due diverse visioni del mondo”. Differenze che riguardavano anche princìpi fondamentali, quali il giudizio sulla legittimità della guerra come strumento di giustizia e “sulla questione molto importante, sebbene dai confini nebulosi e astratti, della legittimità internazionale”. In realtà, sia gli americani sia gli europei avevano abbondantemente superato i princìpi di legittimità della guerra e dell’ingerenza in paesi sovrani corrispondenti ai princìpi del sistema vestfaliano, così come il principio di legittimità di una guerra legato all’avallo del Consiglio di sicurezza della Nazioni Unite a lungo paralizzato dai veti reciproci tra Usa e Urss. Quel che era in discussione allora era il diritto degli Stati Uniti di muoversi in modo unilaterale, anche senza l’accordo dell’Europa, diritto rivendicato dagli americani in base a un principio generale di difesa del mondo libero ovunque si scorgesse un pericolo. 


Secondo quanto sostenuto da Kagan nel libro in discussione, “durante la Guerra fredda la legittimità del potere americano e della sua leadership mondiale venne sostanzialmente accettata” dagli europei non in base ai precetti delle leggi internazionali ma sostanzialmente in base “a tre pilastri, tutti basati sull’esistenza di un impero comunista sovietico”.

  

Il primo pilastro era la comune minaccia strategica dell’Unione Sovietica.  Il secondo pilastro era costituito dal fatto che alla comune minaccia strategica si aggiungeva l’idea di una comune minaccia ideologica. Il terzo pilastro era il sistema internazionale bipolare della Guerra fredda che determinò una sorta di legittimità strutturale, perché in ogni caso tra le due superpotenze si determinava un equilibrio relativamente stabile in base al quale anche la supremazia americana veniva controbilanciata. La conseguenza di questa analisi era che, caduto l’impero sovietico, questa legittimità veniva a cadere e si determinava un unilateralismo americano mal sopportato dagli stessi alleati del mondo liberal democratico. 

  

Che senso ha richiamare questi dibattiti del passato, e queste incomprensioni, oggi che la guerra di aggressione russa in Ucraina ha nuovamente rovesciato gli schemi, riaffermando nel mondo occidentale la leadership militare di fatto americana? Credo che sia utile perché si ha l’impressione che, al di là del sostegno obbligato alla difesa dell’Ucraina, ci sia l’idea, quasi un riflesso condizionato, che si possa ricreare il sistema di equilibrio della Guerra fredda, per legittimare il quale, tuttavia, poiché non basta oggi la Russia, che ancorché dotata di deterrenza nucleare non è assimilabile più a una superpotenza, si voglia associare al campo “strategicamente” avverso la Cina, o anche altri paesi non appartenenti all’alleanza occidentale. 

 

Non penso che sia una buona strada perché il mondo è cambiato ed è ormai ampiamente multilaterale, non bipolare, e il compito delle maggiori potenze attuali, cioè Stati Uniti e Cina, è di garantire stabilità e cooperazione internazionale, a partire dal tentativo di chiudere o limitare le guerre in corso. 

 

Credo che questo tentativo di cooperare sia in corso, e forse è bene da parte dell’Europa incoraggiare questa strada cooperativa all’ordine internazionale e non favorire chi lavora per un approccio muscolare e conflittuale che non tiene. Anche perché né Cina né Stati Uniti, senza collaborare tra di loro, possono riuscire singolarmente a conservare la pace e la stabilità internazionale. 

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