attacco chirurgico

Un drone uccide un capo di Hamas a Beirut

Micol Flammini

Israele testa i suoi nemici con un omicidio mirato in Libano, colpendo un ufficio dei terroristi vicino al quartier generale di Hezbollah. Si aspetta ritorsioni dal Libano, ma domani saprà quanto i miliziani sciiti e l'Iran sono pronti a morire per Gaza. Il discorso di Nasrallah e le celebrazioni per Soleimani

Settimane fa il premier israeliano Benjamin Netanyahu aveva dato ordine al Mossad di uccidere, ovunque si trovassero, i leader di Hamas. Il ministro della Difesa, Yoav Gallant, aveva ripetuto che tutti i capi dell’organizzazione terroristica avevano il tempo contato e la lotta contro di loro non conosceva confini. Un drone israeliano è volato fino alla periferia di Beirut, nel quartiere Dahiyeh, e ha ucciso almeno quattro persone prendendo di mira un ufficio dell’organizzazione. Tra le vittime c’era anche Saleh al Arouri, tra i membri fondatori di Hamas,  responsabile delle attività terroristiche in Cisgiordania. A lui alcuni canali telegram si riferiscono come “Engineer Tufan al Aqsa”, ingegnere dell’attacco del 7 ottobre. La mattina di quel giorno era stato ripreso in un video mentre con altri membri dell’organizzazione pregava dopo il massacro nei kibbutz israeliani al confine con la Striscia di Gaza.  In sua compagnia, a guidare la preghiera c’era Ismail Haniyeh, uno dei leader più influenti, capo delle negoziazioni, trasferitosi in Qatar: al Arouri era il suo vice. Fino a questo momento, Israele non era riuscito a colpire personalità di questo livello, nel 2018 gli Stati Uniti avevano posto una taglia da cinque milioni di dollari su Arouri e secondo alcune fonti libanesi, nell’attacco sarebbero stati uccisi altri importanti membri di Hamas, forse anche Khalil al Haya, vice di Yahya Sinwar, al quale Israele sta dando la caccia dentro alla Striscia di Gaza. Se così fosse, Israele avrebbe eliminato in un solo colpo due figure apicali  dell’organizzazione.  Il messaggio di Israele è chiaro, se le operazioni a Gaza non sono sufficienti a mettere alle strette la leadership di Hamas, l’intelligence è determinata a colpire chi prende le decisioni: anche chi finora si è ritenuto al sicuro tra capitali di paesi amici, adesso deve percepire il pericolo. E se finora questa era soltanto una minaccia, dopo l’attacco di oggi, è un rischio serio per tutti i capi di Hamas che tra Beirut, Doha e Ankara mantengono fili diretti con la guerra. Finora per ottenere qualcosa durante i negoziati, Israele aveva intensificato i bombardamenti dentro alla Striscia, adesso, vista la ritrosia di Hamas ad accettare un accordo per liberare gli ostaggi, Israele ha deciso di modificare le sue azioni, di colpire chi prende le decisioni con operazioni rischiose fuori dai confini.

 

Arouri aveva scontato diversi anni di carcere nelle prigioni israeliane, era stato rilasciato nel 2010. Anche lui, come Sinwar e altri che hanno pianificato o preso parte all’attacco del 7 ottobre, era stato rilasciato in cambio della liberazione del soldato israeliano Gilad Shalit. Era tornato nella Striscia, poi si era trasferito in Turchia, poi in Siria e infine a Beirut, da dove coordinava gli attacchi terroristici in Cisgiordania da uffici non lontani dal quartiere generale di Hezbollah, ed era tra gli uomini di Hamas che intrattenevano rapporti con l’Iran. 


Domani è giorno di celebrazioni sia a Teheran sia tra i membri dei miliziani sciiti di Hezbollah per commemorare l’uccisione di Qassem Soleimani, il generale delle forze al Quds, ucciso da un raid  americano nel 2019. Era stato lui per primo a parlare di un piano fatto di penetrazioni al confine, un attacco combinato per prendere alla sprovvista Israele.  La prima volta che aveva delineato questo progetto  ad alta voce, lo aveva fatto proprio dal Libano, dalla moschea di Maroun al ras, posta al confine, guardando lo stato ebraico. Il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, pronuncerà oggi un discorso dal nascondiglio da cui non esce dal 2006. Ad agosto aveva detto che qualsiasi assassinio sul territorio libanese, che fosse di un libanese, di un siriano, un iraniano o un palestinese, avrebbe ricevuto una “risposta decisiva”. I media israeliani in serata hanno riferito che l’esercito si aspetta un massiccio lancio di razzi da parte di Hezbollah, che colpisce Israele dal 7 ottobre costringendo le comunità del confine a evacuare. La novità ora potrebbe essere il lancio di razzi a lungo raggio, una linea rossa che finora Hezbollah non aveva superato. Israele si prepara alla ritorsione del gruppo e l’omicidio mirato parla anche all’Iran, che ha commentato dicendo: “Il sangue del martire rafforzerà la motivazione a combattere… fra tutti coloro che cercano la libertà nel mondo”. Oggi è un giorno simbolico, Israele, che ancora non ha rivendicato la sua responsabilità nell’attacco, testa i suoi nemici, per capire fino a dove vogliono arrivare e se sono disposti a morire per Hamas. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.