L'assalto della nave cargo Galaxy Leader a opera degli houthi a bordo di un elicottero (foto LaPresse)

Da Suez a Capo Horn

La collaborazione houthi-pirati contro le navi israeliane sta funzionando

Luca Gambardella

Le compagnie di navigazione di Israele costrette a circunmnavigare l'Africa per evitare il Mar Rosso, luogo degli attacchi dei filoiraniani dello Yemen e dei criminale somali. Nel nome dei "fratelli di Gaza"

Gli attacchi sferrati dagli houthi filoiraniani alle navi cargo nel Mar Rosso hanno costretto la compagnia di navigazione israeliana Zim a modificare la rotta delle sue porta container, che ora saranno costrette a circumnavigare l’Africa e a doppiare Capo Horn. “Alla luce delle minacce al commercio globale, stiamo prendendo delle contromisure per garantire la sicurezza degli equipaggi, delle merci e dei nostri clienti – ha annunciato la compagnia israeliana – e fra queste rientra la modifica delle rotte originarie delle navi”. L’impatto di questa scelta è enorme sia sui tempi di navigazione, sia sui costi del trasporto delle merci che, a partire dall’inizio della guerra a Gaza, sono già appesantiti da costi assicurativi maggiorati per l’elevato rischio di attacchi. Sabato, la Zim Europe, una porta container salpata da Boston e diretta in Malesia, a Port Klang, ha cambiato rotta dopo essere entrata nel Mediterraneo. Giunta davanti alle coste algerine è tornata indietro, ha attraversato di nuovo lo Stretto di Gibilterra e si è diretta verso sud, dove sta costeggiano l’Africa occidentale. FreightWaves, una società che si occupa di intelligence nel settore della supply chain, ha quantificato che il viaggio di Zim Europe si allungherà del 56 per cento rispetto a quello originario attraverso il Canale di Suez. Coincidenza. Lo stesso giorno in cui la nave cargo ha cambiato rotta, il portavoce degli houthi, Ahmed Saree, ha scritto su X una sola parola: “Zim”. A rendere la compagnia un bersaglio particolarmente appetibile per gli alleati dell’Iran è che lo stato israeliano detiene una cosiddetta “golden share” della società mercantile che gli consente di prendere il controllo della flotta mercantile “in tempi di emergenza e per motivi di sicurezza nazionale”, ovvero per il trasporto di armi.  

 

A partire dal 7 ottobre, gli attacchi sferrati dagli houthi hanno preso di mira le navi cargo riconducibili ad armatori israeliani in solidarietà con Hamas. La settimana scorsa i guerriglieri filoiraniani hanno sequestrato la Galaxy Leader, una porta container che fa parte della flotta dell’uomo d’affari israeliano Abraham Ungar. E’ stata l’operazione che finora si è rivelata più redditizia per gli houthi sia in termini di immagine – i video in stile videogame del sequestro della nave hanno centinaia di migliaia di visualizzazioni sui social – sia strategici, perché ha costretto giganti come la Zim di abbandonare il Golfo di Aden. Ma a rendere ancora più intricata la situazione è quanto avvenuto fra domenica e lunedì. Dopo avere sventato l’assalto di un commando di pirati somali su una nave di proprietà israeliana, la Central Park, il cacciatorpediniere americano USS Mason è stato bersaglio di due missili lanciati dallo Yemen e caduti solamente 10 miglia nautiche dalla nave militare. Il fatto che i pirati messi in fuga e poi catturati dagli americani fossero di nazionalità somala, come ha confermato il Pentagono, ha alimentato diversi dubbi. Il primo di questi è che i pirati somali fra il 2013 e il 2023 hanno sequestrato appena due navi e il fenomeno era ormai dato per esaurito. Sempre secondo FreightWaves, dando per buona l’ipotesi dell’assalto dei pirati somali, è più probabile che il loro obiettivo fosse di prendere il controllo della nave per poi cederla agli houthi. La ricostruzione è tutta da verificare e gli americani non hanno dato elementi che confermino questa presunta cooperazione fra criminali e terroristi. Jason Brodsky, esperto di Iran e membro di Against a Nuclear Iran, un’organizzazione che si batte contro le minacce poste dall’Iran, ha scritto su X che l’ipotesi dell’assalto dei pirati “somiglia a un’altra scusa degli americani per non rispondere (all’Iran, ndr)” e ai suoi alleati. In molti, anche a Washington, hanno criticato la cautela dimostrata fino a oggi da Joe Biden nei confronti di Teheran dei suoi vassalli houthi in Yemen, per paura di estendere la guerra di Gaza all'intera regione. L’invio della portaerei USS Eisenhower nel Golfo Persico, deciso lunedì, è considerata una mossa ancora insufficiente. 

 

Ma sul presunto accordo fra pirati e houthi in funzione anti israeliana si sono aggiunte alcune testimonianze riportate dai media somali. Secondo una fonte anonima citata dall’emittente Kaab Tv, “l’operazione contro la Central Park non ha avuto successo ma è stata di sostegno ai nostri fratelli di Gaza”. Il tratto di mare compreso fra lo Yemen e la Somalia, dicono le Nazioni Unite, è zona di traffici di armi di piccolo calibro di fabbricazione iraniana dirottate dagli houthi fino al Puntland, nel Corno d’Africa, e usate dalle milizie islamiste di al Shabaab. Una zona senza legge, dove l’idea di una convergenza di interessi fra houthi e pirati somali per colpire le navi israeliane potrebbe non essere poi troppo peregrina. 

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  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.