La USS Eisenhower (foto Ansa)

Dalla cautela all'azione

Missili dallo Yemen contro una nave americana. L'Eisenhower entra nel Golfo Persico

Luca Gambardella

Fra le forze del cosiddetto "Asse della resistenza", solo gli houthi hanno ignorato la tregua di Gaza. Ma l'attacco di oggi contro la USS Mason è una novità pericolosa

Per la prima volta dal 2021 una portaerei americana, la USS Eisenhower, ha attraversato lo Stretto di Hormuz per entrare nel Golfo Persico, navigando a poche miglia nautiche dalle coste dell’Iran. E’ la dimostrazione di quanto gli Stati Uniti prendano sul serio le minacce lanciate nelle ultime settimane dai ribelli houthi dello Yemen ai mercantili riconducibili ad armatori israeliani in transito nel Golfo di Aden. E’ lì che si combatte l’altro fronte della guerra di Gaza, l’unico che non si è placato nemmeno in questi giorni di tregua fra Israele e Hamas. Lunedì, l’ultimo episodio, che ha segnato anche un aumento  della pericolosità degli attacchi houthi, finanziati e armati dall’Iran. La nave mercantile Central Park ha lanciato un SOS dopo essere stata attaccata da un gruppo di combattenti non meglio identificati. A quel punto è intervenuto il cacciatorpediniere americano USS Mason, che fa parte della task force multinazionale anti pirateria dislocata nel Golfo di Aden. 

 

Secondo la ricostruzione data lunedì dal Pentagono, la nave americana è intervenuta perché tre cacciatorpedinieri cinesi in zona – Pechino ha una base militare in Gibuti – “non hanno risposto” alla richiesta di aiuto del mercantile, violando le norme internazionali.  Appena raggiunta la nave cargo, i cinque assalitori – probabilmente di nazionalità somala – sono stati messi in fuga e catturati dagli americani. Un paio d’ore dopo, due missili lanciati dallo Yemen sono caduti ad appena 10 miglia nautiche dalla USS Mason. Se di errore si è trattato, è stato di poco.  

 

Dal giorno del contrattacco israeliano a Gaza, i ribelli filoiraniani hanno dimostrato una certa sfrontatezza. Lo scorso 14 novembre, dallo Yemen è partito un missile, forse diretto sulla città israeliana di Eilat, neutralizzato dal sistema anti missilistico Arrow. Il 19 novembre, è stata la volta del sequestro della Galaxy Leader, una nave cargo di proprietà di Abraham Ungar, uno degli uomini più ricchi di Israele. L’assalto, compiuto da guerriglieri trasportati a bordo di un elicottero, era stato reso ancora più teatrale dalle riprese video girate con le body cam indossate dagli assalitori. Nei giorni successivi, con la medesima sfacciataggine, hanno postato i video dei guerriglieri che ballavano e bevevano il tè sul ponte della nave. Anche il mercantile preso di mira domenica è di proprietà di una società israeliana, la Zodiac Maritime, che fa capo a Eyal Ofer, imprenditore tra i più ricchi al mondo. Prima ancora, venerdì, un’altra nave cargo della flotta di Ofer, la CMA CGM Symi, era stata attaccata da un drone di fabbricazione iraniana Shahed 136. Il velivolo era esploso in volo danneggiando il mercantile e ferendo alcuni membri dell’equipaggio. “Consigliamo di ridurre il numero dei marinai e di restare il più possibile sottocoperta”, ha avvertito lunedì la Eos Risk Group, società di consulenza specializzata nella sicurezza marittima. 

 

Non sembra che gli uomini di Ansar Allah, come si fanno chiamare gli houthi, temano l’escalation. “Le nostre operazioni contro l’entità occupante (Israele, ndr) continueranno fino alla vittoria per Gaza e la Palestina e la distruzione di Israele”, hanno detto i suoi leader. Anche dopo la tregua sancita a Gaza, i ribelli filoiraniani sono stati gli unici a continuare le loro offensive: “Il cessate il fuoco interessa Gaza. La nostra decisione di chiudere l’accesso al Mar Rosso resta valida”, ha detto domenica il loro viceministro della Difesa. Se lo scopo degli houthi era costringere gli americani a esporsi di più e rendere la sicurezza marittima nel Golfo di Aden meno sostenibile in termini di sforzi militari, allora è stato raggiunto. Ora gli Stati Uniti sono stati costretti a schierare due portaerei come forze di deterrenza (la USS Ford al largo del Libano in funzione anti Hezbollah e la USS Eisenhower nel Golfo Persico in funzione anti houthi) e ad abbandonare la linea della cautela che finora avevano assunto per evitare un contagio regionale del conflitto di Gaza. Il 19 ottobre e il 15 novembre scorsi, quando  altri due cacciatorpedinieri americani, l’USS Hudner e l’USS Carney, erano stati presi di mira – senza successo – da missili e droni lanciati dallo Yemen, il Comando centrale degli Stati Uniti aveva minimizzato dicendo che non sospettava che gli attacchi fossero intenzionali. Ma dopo l’attacco di lunedì

 

 

 

, la strategia della cautela è meno tenibile. 

  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.