Il fattore Kim Jong Un

Giulia Pompili

La Corea del nord adesso ha un satellite spia, grazie all’aiuto della Russia. L’alleanza degli anti-occidente regge

Ieri è arrivata anche la condanna del segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg: il lancio di un satellite militare da parte della Corea del nord, avvenuto con successo l’altro ieri, “aumenta le tensioni e rappresenta un serio rischio per la sicurezza regionale e internazionale”, dice Stoltenberg, e soprattutto è avvenuto in violazione di diverse risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. La dichiarazione di condanna formale è servita anche a mettere in chiaro quali sono gli alleati e i partner della Nato nella regione: Corea del sud, Giappone, Australia e  Nuova Zelanda. Al dipartimento di stato americano si parla da settimane di una situazione inedita che sta vivendo l’alleanza delle democrazie, occidentali e asiatiche: mai come oggi Cina, Russia, Iran e Corea del nord, i primi quattro paesi considerati una minaccia, lavorano  sempre di più insieme, hanno creato una linea di connessione vitale tra loro, di sostegno politico e tecnologico-finanziario. Ieri il dittatore nordcoreano Kim Jong Un ha fatto visita al centro di controllo del National Aerospace Technology Administration, l’agenzia spaziale nordcoreana, per vedere i frutti del satellite appena messo in orbita. Secondo le agenzie di stampa statali, le prime fotografie scattate dal satellite da ricognizione mostrate al leader supremo erano quelle della base militare di Anderson, del porto di Apra Harbor e di altre basi statunitensi sul territorio dell’isola di Guam. Ieri il ministro della Difesa sudcoreano, Shin Won-sik, ha fatto intendere che l’aiuto russo per questa operazione nordcoreana è evidente.

Nel primo e nel secondo tentativo di lancio del satellite, il razzo lanciatore “si è schiantato a causa di problemi al motore, ma questa volta il motore ha avuto successo”, ha detto. “L’offerta di aiuto di Putin sembra non essere caduta nel vuoto”. Putin e Kim si erano incontrati al cosmodromo russo di Vostochny a metà settembre. Le relazioni tra Pyongyang e Mosca si sono intensificate nel corso di quest’anno, e la Corea del nord ha fornito – secondo i dati attuali – più di mille container di armamenti alla Russia per la sua guerra contro l’Ucraina, e secondo l’intelligence militare sudcoreana tra questi ci sarebbero un numero imprecisato di missili balistici a corto raggio, missili anticarro e missili antiaerei portatili.

In cambio Kim Jong Un avrebbe richiesto assistenza per il suo progetto spaziale. Mettere in orbita il Malligyong-1 è un passo fondamentale per la leadership, ricercato a lungo, perché aumenta la capacità di sorveglianza dallo spazio della Corea del nord e ne mostra il prestigio e la capacità tecnologica. E’ un problema per gli altri, però: per ora gli analisti non possono sapere se il satellite sia funzionante o meno, e per quanto riguarda tecnologie di sorveglianza come quella è molto difficile che Pyongyang decida di mostrare cosa esattamente sappia fare il suo nuovo satellite. Nel frattempo, però, il regime potrebbe essere in grado di ottenere informazioni in tempo reale sui mezzi militari sudcoreani, americani e giapponesi, e aumenterebbe anche la sua capacità di condurre attacchi missilistici di precisione. 

Ventiquattr’ore dopo il lancio del satellite, e dopo le condanne internazionali, Pyongyang ha sparato anche un missile balistico il cui lancio, però, sembra essere fallito. Poco dopo è arrivata la prima decisione da parte del governo di Seul in risposta agli atteggiamenti aggressivi del regime. Dopo una riunione straordinaria del gabinetto, il primo ministro Han Duck-soo (il presidente Yoon Suk-yeol è attualmente in visita di stato nel Regno Unito) ha annunciato la parziale sospensione dell’accordo – firmato nel 2018 nel momento di massima distensione col Nord – di una no fly zone nell’area a ridosso del 38° parallelo, sul confine tra Nord e Sud della penisola coreana. “E’ una misura necessaria per la sicurezza nazionale e l’azione minima di autodifesa”, ha detto il primo ministro. 

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.