Zabiullah Mujahid, portavoce dei Taliban - foto Ansa

Iran

Perché a parole i talebani sono cauti nel loro sostegno a Hamas

Francesca Marino

Un account parodia su Twitter rilancia una fake news che viene ripresa anche da alcune agenzie di stampa. E a smentirla ufficialmente ci pensa Kabul in prima persona

“Si tratta soltanto di illazioni, di voci infondate. Non si tratta assolutamente di notizie confermate”. Così il portavoce dei Taliban Zabiullah Mujahid è stato costretto a smentire ufficialmente la notizia fatta circolare su X da un account parodia-ma-non-troppo che affermava testualmente: “Questa sera il ministero degli Esteri (dei talebani) ha contattato i suoi omologhi in Iran, Iraq e Giordania chiedendo il permesso di attraversare i loro territori per raggiungere la Terra Santa. Ci stiamo preparando, e speriamo di ricevere buone notizie”.

Perché il governo di Kabul smentisce ufficialmente il post di un account-parodia? Perché il post, ripreso anche da qualche agenzia di stampa, riecheggiava le voci, e si tratta di voci confermate, che circolavano già da una quindicina di giorni: e cioè che l’Iran stava chiamando alle armi tutti i jihadisti di buona volontà tra Pakistan e Afghanistan perché andassero a unirsi ai fratelli combattenti di Hamas. E la notizia non fa per niente comodo al governo di Kabul, la cui posizione ufficiale sulla guerra tra Israele e Hamas   appare curiosamente sottotono. L’ultima dichiarazione del ministro degli Esteri dei talebani afferma difatti che Kabul sta “monitorando attentamente i recenti eventi a Gaza”, ma che comunque “l’Emirato islamico considera ogni tipo di difesa e resistenza del popolo palestinese per la libertà della terra e dei luoghi santi un suo legittimo diritto”. Assenti le parole forti che incendiano le piazze nel vicino Pakistan, assente ogni tipo di reazione sopra le righe. Almeno ufficialmente, appunto. Visto che, secondo gli esperti, i talebani non hanno alcuna intenzione di compromettere la loro (già precaria) posizione a livello internazionale. E l’aperto sostegno a Hamas o, peggio, l’invio di combattenti in Palestina sarebbe una evidente violazione degli accordi di Doha, che impongono ai talebani l’obbligo di prevenire qualsiasi minaccia dall’Afghanistan agli Stati Uniti e ai loro alleati: per esempio, a Israele. Così, secondo alcuni esperti locali, è probabile che il governo di Kabul fornisca a Hamas sostegno “politico, logistico e militare” senza però annunciarlo pubblicamente o che “potrebbero esserci gruppi di combattenti talebani che credono  nel jihad globale e considerano il conflitto tra Palestina e Israele un atto religioso in cui impegnarsi”. Un jihad informale e di stampo personale, insomma, di cui il governo non sarebbe responsabile. 

Dichiarazioni ufficiali a parte, non è proprio così. Nei giorni scorsi, il presidente del Consiglio supremo di sicurezza iraniano, Ali Akbar Ahmadian, ha elogiato i talebani “per il sostegno dato alla resistenza palestinese contro Israele”, e il mullah Baradar ha incontrato a Teheran il vicepresidente iraniano Mohammad Mokhber. Secondo una serie di tweet dell’ufficio di Baradar, le due parti hanno discusso, oltre alle relazioni economiche e commerciali bilaterali, della situazione politica della regione e del mondo, dei crimini commessi dal “regime oppressivo israeliano in Palestina” e della necessità di incrementare le relazioni tra i due paesi in materia di sicurezza. Negli stessi giorni si diffondeva una notizia quantomeno curiosa: il ministero dell’Intelligence iraniano, in collaborazione con il gruppo talebano al potere in Afghanistan, avrebbe neutralizzato nell’Iran orientale un attacco con un drone operato dal Mossad e tre agenti del Mossad di nazionalità iraniana sarebbero stati arrestati nelle zone montuose tra Iran e Afghanistan. Così, mentre Mujahid si affannava a smentire le voci di un possibile  coinvolgimento degli afghani in Palestina, a Kabul Sayed Esa Hussaini Mazari, capo del Centro per le attività culturali e sociali filo-iraniano Tebyan, dichiarava che “secondo il diritto sciita, i musulmani sciiti sono obbligati a sostenere pienamente i fratelli e le sorelle sunniti che vivono in Palestina. A questo proposito, abbiamo scritto una lettera ai leader di Hamas e ci siamo dichiarati pronti a lasciare l’Afghanistan in migliaia per venire a Gaza a sostenervi e a opporci a Israele”. Non resta che aspettare

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