A Tel Aviv

Blinken in Israele spinge per le pause umanitarie. Le pressioni americane e le ipocrisie degli altri

Paola Peduzzi

L’ipocrisia di Vladimir Putin s’è vista di nuovo in Ucraina, negli incendi di Kharkiv. Il minimo comun denominatore del regime iraniano in due conflitti e il segretario di stato americano che dice: restiamo umani

Milano. Il segretario di stato americano, Antony Blinken, è tornato ieri a Tel Aviv per ribadire che Israele non è solo, che ha “l’obbligo di difendersi” e di sradicare Hamas, ma che il “come” lo fa è importante: lo è  perché i civili palestinesi vanno protetti – anche da Hamas che continua “mostruosamente” a usarli come scudi umani – e perché l’offensiva in corso oggi riguarda anche la necessità “di sconfiggere un’idea, un’idea perversa, che va però combattuta con una idea migliore, con un futuro migliore, perché senza, anche dopo Hamas, coloro che suonano la melodia del nichilismo troveranno orecchie pronte ad ascoltarli”. Il governo di Benjamin Netanyahu non è disposto ad accettare pause se non si considera  il rilascio degli ostaggi: ieri le forze israeliane hanno colpito  vicino all’ospedale al Shifa, a Gaza City, un convoglio di ambulanze con i feriti a bordo facendo molte vittime. 

 

Restiamo umani, dice Blinken, insiste sulla necessità di far entrare gli aiuti umanitari a Gaza – anche a questo servono delle pause calcolate e decise insieme – e di organizzare le evacuazioni verso sud, ma Israele vuole delle garanzie ulteriori perché sa che le eventuali pause saranno soltanto dalla sua parte, la macchina da guerra di Hamas non si interrompe. Una di queste garanzie è proprio quella della liberazione degli ostaggi, il cui numero è salito a 242 – e a 28 giorni dal sabato nero di Israele ci sono ancora duecento cadaveri ritrovati nel sud non ancora identificati: Blinken ha ricordato anche questo, ha detto che “è impressionante” come la brutalità del massacro di Hamas sia “svanita” dalla memoria di tante persone. Al momento, le trattative per gli ostaggi fanno capo soprattutto al Qatar, che rilascia di continuo dichiarazioni incoraggianti ma per ora sono stati liberati quattro ostaggi riconsegnati e una soldatessa rapita è stata liberata dalle forze israeliane entrate a Gaza. Molti esperti dicono che convincere Hamas alla liberazione è molto difficile: gli ostaggi sono uno scudo prezioso, un altro. Ma  l’inefficacia delle pressioni del Qatar rivela molto più di un negoziato complicato che va per le lunghe: in tutta la regione e in gran parte del mondo non si fa che denunciare Israele e difendere i civili palestinesi, ma oltre alla retorica poi non succede granché. In alcuni casi questa ipocrisia è più oscena di altre.

 

E’ il caso della Russia, che si sente ora molto rinvigorita dalla retorica della stanchezza occidentale e da quella del doppio standard (quello applicato alla Russia stessa e quello applicato a Israele) al punto che dice che ora l’occidente non pensa più che sia possibile sconfiggere l’esercito russo sul campo ucraino. L’aggressività russa è aumentata, se possibile, e si nutre di un artificio inascoltabile: Vladimir Putin difende i civili palestinesi contro gli attacchi di Israele, accoglie Hamas e massacra i civili ucraini. Nella notte tra giovedì e venerdì, la Russia ha lanciato quaranta droni Shahed iraniani e un missile Kh-59 contro l’Ucraina: 24 sono stati intercettati dalla contraerea di Kyiv, dieci hanno colpito Kharkiv – una sartoria, un centro di automobili, un edificio amministrativo, un palazzo residenziale e il palazzo storico di un college della città –  segnando l’attacco di droni più grande dell’ultimo mese. L’allerta è alta in tutta la regione del nord-est ucraino: è stata imposta l’evacuazione di 275 bambini con le loro famiglie da organizzare  nei prossimi 45 giorni – i preparativi per l’inverno sono in corso. Vale appena la pena di ricordare che nessuno, in più di venti mesi, è riuscito a ottenere da Putin nemmeno una pausa. 

 

L’elenco delle ipocrisie comprende anche chi continua a separare la lotta contro l’aggressione russa e quella contro l’aggressione di Hamas (il Pentagono ieri ha stanziato 425 milioni di dollari di aiuti, ignorando chi sfalda i due fronti). A tenerle unite, se non bastasse la difesa dei princìpi liberali, c’è il ruolo del regime iraniano: la collaborazione tra Mosca e Teheran è militare, economica, diplomatica e opera per massacrare civili ucraini e per massacrare civili israeliani. Gli strumenti per contenerla potranno anche essere diversi a seconda dei contesti, ma negare che questo asse esista è impossibile. E ancora, nell’elenco delle ipocrisie: l’Egitto è molto preoccupato per i civili palestinesi ma non ne vuole accogliere nemmeno uno; gli houti yemeniti vivono in un paese completamente devastato ma vogliono usare le loro risorse per attaccare Israele; i gruppi occidentali femministi, lgbtq, anti razzismo vogliono la Palestina libera dal “mare al fiume”, cioè senza Israele, ma non sopravviverebbero nemmeno un minuto in uno stato in cui vige la sharia. Blinken riprende oggi il suo viaggio nella regione, il suo messaggio è: dare seguito ai messaggi di solidarietà ai palestinesi con qualcosa di concreto. Ripeterà anche: restiamo umani.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi