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L'appello

Il gran discorso di Habeck ai musulmani che vivono in Germania 

Daniel Mosseri

“Non è certo proibito difendere il popolo palestinese, ma chiedere o celebrare la violenza contro gli ebrei è vietato”. Cosa ha detto il vicecancelliere tedesco 

Per una volta Robert Habeck ha messo da parte i toni morbidi: in un video diffuso in rete il vicecancelliere tedesco ha parlato molto chiaro ribadendo il sì al diritto di Israele alla sicurezza e un fermo no all’antisemitismo. Un messaggio, si dirà, non tanto innovativo in Europa: chi più – come la Repubblica ceca che ha minacciato di lasciare l’Onu perché troppo anti israeliana – chi meno – come il governo spagnolo delle sinistre sempre pronti a condannare lo stato ebraico – tutti hanno condannato Hamas e difeso il diritto di Israele all’autodifesa. E tuttavia nelle parole dell’ex leader dei Grünen c’è qualcosa che la Welt ha chiamato “la nuova radicalità di Habeck”. Perché il vicecancelliere non si è limitato a esprimere la sincera solidarietà del popolo tedesco nei confronti di quello ebraico ma ha chiesto apertamente alla società tedesca di fare lo stesso. Per Habeck si tratta in primo luogo di una responsabilità storica. “È stata la generazione dei miei nonni a voler sterminare la vita ebraica in Germania e in Europa. Dopo l’Olocausto, la fondazione di Israele è stata la promessa di protezione per gli ebrei – e la Germania è obbligata a contribuire a garantire che questa promessa possa essere mantenuta. Questo è un fondamento storico della nostra Repubblica”. 

Il numero due del governo tedesco ha ricordato che proteggere Israele è oggi “ragion di stato” della Germania, un tema in passato menzionato anche dall’ex cancelliera Angela Merkel. Lei era conservatrice, lui è un progressista ma non fa differenza: “Non è mai stata una frase vuota e non deve diventarlo. Significa che la sicurezza di Israele è essenziale per noi come paese”.

L’appello di Habeck nasce dalla costatazione di un fallimento: “La nostra responsabilità storica significa anche che gli ebrei devono poter vivere liberamente e in sicurezza in Germania. Che non debbano mai più avere paura di mostrare apertamente la loro religione e la loro cultura. Ma è proprio  questa paura a tornare”.

A Berlino come a Parigi, a Francoforte come a Milano molotov contro sinagoghe e slogan incendiari contro Israele e contro gli ebrei scanditi da giovani di origine mediorientale hanno ricordato agli ebrei che la loro sicurezza non è garantita neppure in Germania. “Recentemente ho incontrato alcuni membri della comunità ebraica di Francoforte. Nel corso dell’intenso e doloroso colloquio, i rappresentanti della comunità mi hanno detto che i loro figli hanno paura ad andare a scuola, che non frequentano più le associazioni sportive, che lasciano a casa le collanine con la stella di Davide su consiglio dei genitori. Oggi, qui in Germania. Quasi 80 anni dopo l’Olocausto. E un amico ebreo mi ha raccontato della sua paura, della sua disperazione, della sua sensazione di solitudine”. 

Il leader ecologista punta poi dritto contro il doppio standard riservato a Israele e alle ricadute dell’antisionismo: “Mentre grandi ondate di solidarietà si manifestano, ad esempio, in occasione di attacchi razzisti, la solidarietà diventa subito fragile quando si tratta di Israele. Si dice che il contesto è complesso. Ma la contestualizzazione non deve portare alla relativizzazione”. Habeck vuole mettere fine ai distinguo, ai però, alla solidarietà simulata e lo fa anche toccando un tasto dolente in una società aperta alla migrazione e fiera sostenitrice del multiculturalismo. “La portata delle manifestazioni islamiste a Berlino e in altre città tedesche è  inaccettabile e richiede una risposta politica dura. Questa risposta è necessaria anche da parte delle associazioni musulmane. Alcune hanno preso chiaramente le distanze dalle azioni di Hamas e dall’antisemitismo e hanno cercato il dialogo. Ma non tutte: alcune sono state troppo esitanti, e nel complesso sono state troppo poche”. È vero: al netto delle dichiarazioni di solidarietà da parte della comunità curda in Germania, fiera nemica del radicalismo islamico come del neo ottomanesimo made in Ankara, la comunità ebraica tedesca si è trovata sola, poco o nulla sostenuta dalle minoranze turca o araba. Habeck è andato dritto al punto: “I musulmani che vivono qui hanno diritto a essere protetti dalla violenza degli estremisti di destra – e giustamente. Quando vengono attaccati, il loro diritto alla protezione deve essere onorato e devono onorare anche questo diritto degli ebrei, ora che gli ebrei sono stati attaccati. Devono prendere chiaramente le distanze dall’antisemitismo per non compromettere il loro stesso diritto alla tolleranza. In Germania non c’è posto per l’intolleranza religiosa”. Ben consapevole degli stretti legami fra l’islam tedesco e quello turco, il vicecancelliere non ha dimenticato di tirare una stoccata al governo di Recep Tayyip Erdogan. “Quando sono stato in Turchia di recente, mi è stato rinfacciato che le manifestazioni pro palestinesi sono vietate in Germania. E che la Germania deve anche applicare le sue richieste umanitarie alla popolazione di Gaza. Ho chiarito che le critiche a Israele sono ovviamente permesse qui. Che non è proibito difendere il popolo palestinese. Ma chiedere la violenza contro gli ebrei o la celebrazione della violenza contro gli ebrei è vietato – e giustamente”. 

Habeck ha parlato per nove minuti di fila ricordando il suo impegno a favore della pace e di aiuti umanitari per i palestinesi. Ma nel suo appello ai musulmani tedeschi va anche letto un appello all’intera sinistra, a cominciare dagli stessi Verdi. In molti a Berlino non hanno gradito l’astensione della Germania sulla recente risoluzione dell’Assemblea generale dell’Onu “dimentica” dei crimini di Hamas. Il ministero degli Esteri è guidato dalla collega verde Annalena Baerobck, sempre in prima fila quando si tratta di sostenere Kyiv contro Mosca, e da lei molta stampa si aspettava qualcosa di più di un’astensione al Palazzo di vetro. Il prossimo passo, chiede la popolare Bild, è che il governo chiuda tutti i canali politici e finanziari con il radicalismo islamico locale e d’importazione ma che prenda anche le distanze da una galassia ecologista troppo tiepida con Israele.

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