Ansa

L'editoriale del direttore

I crimini contro l'umanità sono di Hamas

Claudio Cerasa

Il diritto internazionale è sacro, l’autodifesa di Israele pure. Come si smaschera chi fa il furbo con il gruppo terroristico

Che cos’è una guerra giusta? Una parte dell’opinione pubblica che negli ultimi giorni ha scelto di sventolare con orgoglio la bandiera del diritto internazionale per perimetrare la reazione di Israele lo ha fatto per ragioni genuine: il diritto internazionale è sacro, inviolabile, non negoziabile, e qualunque paese scelga di violarlo deve fare i conti non solo con la propria coscienza ma anche con le conseguenze legali delle sue azioni.

Una parte dell’opinione pubblica, osservando l’azione e la reazione di Israele, ha assunto questa posizione, giusta, comprensibile, legittima, generosa. Ma una parte ancora più forte ed egemonica dell’opinione pubblica ha scelto, negli ultimi giorni, di issare la bandiera del diritto internazionale non per cercare giustizia ma per affermare la negazione di un altro diritto: il diritto di Israele di esistere, di difendersi, di reagire.

Avere a cuore il diritto internazionale, oggi, significa naturalmente rimproverare Israele quando, in modo frettoloso, ha annunciato il blocco totale di cibo, acqua ed elettricità a Gaza. Significa, naturalmente, monitorare le armi utilizzate da Israele. Significa, naturalmente, monitorare gli obiettivi che potrebbero essere colpiti dall’esercito di Israele. Ma significa anche riconoscere che l’essenza stessa della guerra asimmetrica combattuta da Israele contro Hamas è nella presenza, nel conflitto, di una non reciprocità tra il modo in cui si muove Israele e il modo in cui si muove Hamas. Negli ultimi giorni, i custodi del diritto internazionale hanno mostrato una particolare sensibilità alla propaganda di Hamas. E martedì sera, per esempio, si sono affrettati  a condannare Israele per la strage compiuta contro un ospedale di Gaza. Il missile poi si è scoperto, così dicono anche gli Stati Uniti, le cui posizioni dovrebbero valere più di quelle di Hamas, che è stato lanciato involontariamente contro un ospedale della Striscia dalla Jihad islamica legata a Hamas. Ma sorprendentemente (siamo purtroppo ironici) coloro che si erano affrettati a condannare “il crimine contro l’umanità di Israele” non hanno trovato la forza di fare altrettanto quando si è capito che il missile non era stato lanciato da Israele (Medici senza frontiere è stata perentoria quando il missile sembrava essere di Israele, “nulla giustifica questo scioccante attacco a un ospedale, ai pazienti, al personale medico, nonché alle persone che vi cercavano rifugio”, e ha scelto di coltivare la pratica del silenzio quando invece si è scoperto che il missile non veniva da dove si pensava e forse si sperava). Molta attenzione, giusta, alle azioni di Israele. Poca attenzione, invece, a quello che Hamas ha fatto non solo due settimane fa ma nella sua quotidianità.

Ha ricordato ieri il Wall Street Journal che ci sono due princìpi fondamentali nella guerra che le nazioni civilizzate hanno sviluppato nel corso dei secoli. Il primo di questi è la proporzionalità, ovvero che le vittime accidentali debbano essere bilanciate rispetto agli obiettivi della guerra e ciò si basa sull’aspettativa che in ogni guerra ci saranno degli innocenti uccisi, ma che questi debbano essere legati agli obiettivi di autodifesa. Il secondo di questi è che non puoi prendere di mira i civili. E chi ha a cuore questo principio non potrà non notare che ogni attacco missilistico di Hamas, dal jihad islamico e di Hezbollah contro Israele è, semplicemente, un crimine di guerra. Non potrà non notare  che gli atti di violenza volti a diffondere il terrore tra la popolazione civile sono vietati incondizionatamente dal diritto internazionale. Non potrà non notare che il rapimento di civili e la presa degli ostaggi è una violazione del diritto internazionale oltre che un crimine di guerra. E non potrà non notare che da un lato vi sono civili assassinati in quanto civili (quelli israeliani). E dall’altro lato vi sono civili utilizzati deliberatamente da Hamas come scudi umani per proteggere i terroristi di Hamas. Ci sarebbero elementi, forse, per chiedere alle Nazioni Unite una mozione di condanna non solo degli atti di terrorismo di Hamas ma dei metodi terroristici usati da Hamas. Ma ci sarebbero elementi anche per non farsi ingannare quando si arriva a discutere di quello che è il tema dei temi: il diritto di Israele a difendersi. L’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, ricorda ancora il Wsj, sancisce “il diritto intrinseco all’autodifesa individuale o collettiva nel caso in cui si verifichi un attacco armato contro un Membro delle Nazioni Unite”. Israele, dunque, ha il diritto – legalmente e moralmente – di rispondere all’attacco letale di Hamas, nel rispetto delle leggi e delle norme. E, nel rispetto delle leggi e delle norme, Israele “ha il diritto a raggiungere questo obiettivo uccidendo o catturando tutto il personale di Hamas e prendendo il controllo delle infrastrutture terroristiche dell’organizzazione, compresi i suoi quartieri generali, le scorte di attrezzature e l’ampia rete di tunnel sotterranei”. E usare il diritto internazionale per negare il diritto di Israele a difendersi, chiudendo sistematicamente gli occhi sui crimini di guerra quotidiani di Hamas, significa fare qualcosa di molto più grave che negare il diritto all’autodifesa di un paese. Significherebbe affermare che laddove i terroristi si nascondono nelle moschee, laddove i terroristi usano gli ospedali per nascondere le armi, laddove i terroristi usano chi frequenta e lavora nelle scuole come scudi umani nessuna nazione occidentale, compresi gli Stati Uniti, avrebbe il potere di intervenire contro i terroristi nel caso in cui i terroristi uccidessero civili nella propria nazione. Vigilare sul modo in cui Israele farà la sua guerra è sacrosanto. Ma invitare Israele a seguire la legge del disarmo unilaterale è un modo come un altro per continuare a fare quello che è stato fatto martedì sera prima che si scoprisse che l’ospedale di Gaza  era stato bombardato da Hamas: usare il diritto internazionale come una clava per colpire un paese che deve rispettare le stesse leggi violate ogni secondo, da anni, da Hamas. Dire cos’è una guerra giusta è difficile. Dire come si combatte un conflitto da criminali di guerra è più semplice. E a meno che non si voglia sostenere il diritto di Hamas a resistere “all’imperialismo occidentale”, in questa guerra non dovrebbe essere difficile chi combatte da criminali e chi no.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.