(foto EPA)

l'editoriale del direttore

Un eccezionale Biden ricorda perché Israele va difeso senza giocare con i se dell'ambiguità

Claudio Cerasa

Ascoltare il presidente americano dissiperebbe i dubbi sulle verità e le menzogne di queste ultime ore sul sostegno a Israele

Verità o menzogne? Ascoltate Biden. Bret Stephens, commentatore conservatore con solide antipatie per Joe Biden, ieri sul New York Times ha riconosciuto al presidente americano un merito straordinario nel suo sostegno a Israele. Un merito che prescinde dalla capacità non scontata con cui Biden ha scelto di schierarsi a favore del diritto di difesa di Israele (ieri, poco prima che atterrasse in Israele, Biden ha posto il veto degli Stati Uniti al Consiglio di sicurezza su una risoluzione sulla crisi in medio oriente che criticava “gli atroci crimini terroristici di Hamas” ma non menzionava il diritto all’autodifesa di Israele). E che coincide con la capacità sorprendente con cui il presidente americano, in queste ore, è riuscito a suggerire con chiarezza una verità importante. Spiegare cosa vuol dire difendere Israele. Spiegare cosa vuol dire voltare le spalle a Israele. Spiegare perché i nemici di Israele andrebbero trattati di conseguenza.

Nel discorso pronunciato ieri di fronte a Benjamin Netanyahu, che trovate oggi sul Foglio, Biden è come se avesse trovato la forza di dire che essere al fianco di Israele oggi significa essere consapevoli che tutto l’odio che oggi sembra essersi improvvisamente svegliato contro Israele, e contro gli ebrei, non è qualcosa di radicato che riguarda solo Israele, ma riguarda tutti noi. Hamas, in fondo, non ha fatto altro che accendere quello che esisteva già, quello che covava. E le reazioni a caldo registrate martedì sera in seguito alle notizie diffuse da Hamas sull’ospedale colpito a Gaza, ospedale che secondo gli Stati Uniti e secondo l’intelligence israeliana è stato colpito da Hamas e non da Israele, come invece i media a rimorchio di Hamas News 24 si erano affrettati a dire due giorni fa, sono uno specchio utile da osservare, per provare a mettere a fuoco la ragione per cui il male che minaccia Israele oggi è lo stesso male che minaccia l’occidente libero. Il primo male coincide con l’antisemitismo, con l’odio nei confronti degli ebrei, e la minaccia di fronte alla quale si trova oggi il popolo ebraico in Israele, alle prese con il terrorismo di Hamas, affonda le radici nello stesso odio che spinge un islamista a usare il coltello contro chi indossa la kippah e che spinge un terrorista a lanciare una molotov contro una sinagoga, come è successo ieri a Berlino: uccidere gli infedeli. Il secondo male coincide con un virus più radicato, più sottovalutato, che è quello che porta con sé l’islam integralista in versione politica. È un paese islamico quello in cui si nascondo i capi di Hamas (il Qatar). È un paese islamico quello da cui partono i finanziamenti e rifornimenti di armi per Hamas (l’Iran). È un esercito islamista quello che ha nel suo statuto l’obiettivo di annientare il popolo ebraico (Hezbollah). (segue a pagina quattro)

Ed è sempre un paese islamico (ancora l’Iran) quello che ha condannato l’attacco all’ospedale di Gaza (definendolo “genocidio”) fino a un istante prima che l’attacco risultasse essere di Hamas e non di Israele (giusto per far capire quanto l’Iran tenga alla vita di Hamas e quanto alla vita dei palestinesi). Il terzo male che vale la pena mettere a fuoco è quello che compone il fronte trasversale dell’ambiguità. Un fronte all’interno del quale vi sono non soltanto i paesi a maggioranza musulmana (ieri l’Organizzazione della cooperazione islamica, Oci, un blocco di 57 paesi a maggioranza musulmana, ha denunciato i sostenitori di Israele per avergli concesso “impunità” nella guerra a Gaza, negando ogni diritto di Israele alla difesa). Ma vi sono anche  paesi interessati a indebolire Israele per indebolire l’occidente (Russia e Cina). E vi sono anche istituzioni internazionali che hanno scelto di non parlare la lingua chiara di Biden nel sostegno a Israele. Istituzioni come l’Onu (il segretario generale dell’Onu, António Guterres, ha denunciato l’ordine di evacuazione per Gaza lanciato da Israele, ma ha detto poco o nulla sul blocco umano di Hamas, che impedisce da giorni ai palestinesi di spostarsi verso il sud). Istituzioni come la Croce Rossa (Israele, ieri, ha chiesto che la Croce Rossa visiti “i suoi rapiti e sta lavorando per mobilitare un ampio sostegno internazionale a questa richiesta”, ma la Croce Rossa ha scelto di praticare la politica dell’equidistanza). E istituzioni purtroppo come l’Unione europea (molto grave, come ha scritto il nostro David Carretta, che alcuni leader dell’Ue, per fortuna non Ursula von der Leyen, abbiano automaticamente accettato martedì sera la propaganda di un’organizzazione terrorista sulla responsabilità di Israele e sul numero delle vittime all’ospedale al Ahli Arab a Gaza, e lo stesso Josep Borrell, alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, continua da giorni a fare il parallelo tra l’attacco di Hamas conto Israele e la risposta di Israele a Gaza: “Una tragedia è tanto riprovevole quanto l’altra tragedia”).

L’ambiguità verso la caccia all’infedele, l’antisemitismo violento, l’odio contro gli ebrei, il fondamentalismo islamista, la natura tossica dell’islamismo integralista in versione politica sono i nemici di fronte ai quali si trova oggi Israele. Sono i nemici che vanno combattuti oggi, sembra voler dire Biden, ma sono anche i nemici che vanno combattuti al di fuori del perimetro di questo conflitto, se si accetta un assunto che Biden ha fatto suo e che meriterebbe di diventare universale per uscire dalla stagione dei distinguo, dei se, dei ma e dell’ambiguità. La libertà per la quale combatte oggi Israele non è la libertà di un singolo popolo ma è la libertà dell’intero occidente. E scegliere di non ribellarsi alla violenza, alla propaganda, alle menzogne veicolate dai nemici di Israele significa già aver scelto da che parte stare. Dalla parte di chi considera Israele un paese che ha il diritto di esistere, forse, ma che non ha il diritto di difendere la sua libertà e la nostra libertà. Verità o menzogne? Ascoltate Biden.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.