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L'obiettivo

I civili di Gaza sono tutti sulla coscienza di Hamas

Claudio Cerasa

Scandalo! Un giornale liberal scrive la verità sulla doverosa difesa di Israele, sui palestinesi ostaggio della furia dei terroristi e su Hamas che ha sottoposto volontariamente ai bombardamenti i civili palestinesi. Il Nyt: lezioni all’Italia

La verità su Hamas: scandalo! David French è un famoso commentatore americano. Insegna Public Policy alla Lipscomb University, in Tennessee, ha partecipato come militare all’operazione “Iraqi Freedom”, nel 2003, e ieri è riuscito a compiere un piccolo miracolo editoriale: spiegare, su un giornale progressista come il New York Times, perché la responsabilità dei civili morti a Gaza, in questi giorni, non è di Israele ma è di Hamas. Lo ha fatto utilizzando la logica, French. Lo ha fatto ricordando che Hamas ha sottoposto volontariamente ai bombardamenti di Israele i civili palestinesi. Lo ha fatto ricordando che quella di Israele non è una vendetta ma è un’autodifesa. Ma lo ha fatto anche entrando nel merito e provando a prendere sul serio un’affermazione che in pochi in questi giorni sembrano aver considerata per quella che è. In sintesi: cosa significa esattamente trattare Hamas come se fosse l’Isis, come hanno ripetuto nelle ultime ore sia il presidente americano Joe Biden sia il premier israeliano Bibi Netanyahu? Significa, dice French, che l’obiettivo di Israele, e dell’occidente, non è quello di punire Hamas ma è quello di sconfiggerlo, di rimuoverlo dal potere a Gaza nello stesso modo in cui l’esercito iracheno, gli Stati uniti e i loro alleati hanno rimosso l’Isis da Mosul, da Falluja, da Ramadi e da ogni altra città controllata dall’Isis in Iraq.

Se l’obiettivo è rimuovere Hamas dal potere, dice French, allora questo significa che soldati e carri armati combatteranno nella città di Gaza, isolato dopo isolato, casa per casa, in un’area di circa due milioni di persone (anche l’Isis, nel 2016, come sta facendo in queste ore Hamas, non aveva alcun desiderio di facilitare l’evacuazione dei civili da Mosul, poco prima dell’attacco dell’esercito iracheno). Rimuovere, già, ma come? E con che paletti? E con che garanzie di umanità? E qui vi è la prima grande questione. Hamas è un gruppo terroristico che combatte senza regole la sua guerra contro il popolo ebraico. Israele, invece, cosa che a qualcuno tra  gli utili idioti del fanatismo islamista deve essere sfuggito, è una democrazia. E come tutte le democrazie mature, quando si trova all’interno di un conflitto ha alcune regole da rispettare (come la Convenzione di Ginevra del 1949). E quando una nazione rispetta le leggi che governano una guerra, cosa che Israele richiede ai suoi soldati, cambia radicalmente il modo in cui combatte e cambiano le esperienze dei suoi soldati sul campo. Una fazione che ignora la legge di guerra, come Hamas, come l’Isis, dice French, spesso affronta il combattimento urbano distruggendo quanta più città possibile per indebolire le difese prima dell’attacco e poi, quando successivamente entra in città, presume che le strutture siano piene di nemici e distrugge gli edifici a volontà. Quando una nazione rispetta le leggi di guerra, invece, le cose cambiano. Ed è qui, su questo crinale, che si possono facilmente individuare le caratteristiche della guerra asimmetrica. French va per punti e ci aiuta a ragionare. Il diritto internazionale, tanto per cominciare, costringe i paesi coinvolti in una guerra a creare una distinzione netta tra obiettivi militari e obiettivi civili: sia in attacco sia in difesa. La distinzione costringe i soldati a separarsi dai civili, costringe a indossare uniformi, costringe a combattere con i veicoli militari contrassegnati.

E ovviamente vieta ai militari di combattere in luoghi come ospedali, scuole e moschee. Il principio di distinzione, così si chiama, è un principio che sta a cuore a Israele ma non ovviamente a Hamas. Non è un caso che in Israele, lo scorso fine settimana, Hamas abbia fatto strage di civili e solo di civili. E non è un caso che i suoi combattenti prendano la mira da edifici civili indossando abiti civili e utilizzando veicoli civili. Il punto, dice French, il vero punto che dovrebbero comprendere gli opinionisti progressisti che già da giorni accusano Israele di avere atteggiamenti simili a quelli di Hamas, è che “nel momento in cui Hamas abbandona il principio di distinzione, allora Hamas è responsabile del danno civile che ne deriva”. E dunque, dice sempre French, se Hamas combatte da un ospedale – o immagazzina munizioni in un ospedale – i danni a quell’ospedale sono responsabilità di Hamas. E se i combattenti di Hamas sparano contro le forze di difesa israeliane da una casa che ospita una famiglia palestinese, allora Hamas è responsabile delle vittime civili se quella famiglia viene danneggiata nel conseguente scontro a fuoco. Chiaro? Un altro elemento importante da considerare per provare a smascherare anzitempo la propaganda portata avanti dagli utili idioti del fanatismo islamista – quelli cioè che negano il diritto di Israele a difendere la sua libertà dai fanatismi islamisti – è che coloro che condannano preventivamente Israele per la sua risposta “sproporzionata” non hanno idea di cosa significhi proporzionalità nel diritto di guerra. Il manuale da campo dell’esercito americano, il “Law of Land Warfare”, dice ancora French, un manuale profondamente radicato nel diritto internazionale dei conflitti armati che ha regolato le operazioni urbane in Iraq e Afghanistan, definisce l’obbligo legale di proporzionalità in un modo semplice: “Prendere le precauzioni possibili per ridurre il rischio di danni ai civili, ad altre persone protette e a beni civili” sapendo che “lo standard di proporzionalità non richiede che dagli attacchi non derivi alcun danno accidentale” e sapendo che è necessario fare tutto il possibile per muoversi “infliggendo quante più perdite possibili al tuo avversario subendo il minor numero di perdite possibile”.

Su questo punto, dice French, ci sarebbe anche da affrontare un’altra questione ed è la questione del tempo. E’ vero che “la portata delle atrocità di Hamas può aumentare la pazienza della comunità internazionale nei confronti di un’offensiva israeliana”, ma tale pazienza non è illimitata e la difficoltà che hanno le democrazie quando vengono aggredite è che i propri nemici non hanno fretta, non devono rispondere a nessuno delle loro azioni, vale per Hamas e vale per Putin, mentre le democrazie sentono sempre sullo sfondo il ticchettio dell’orologio. Dunque: rispettare le regole, agire in fretta, non fare troppi danni. Si potrebbe ragionare su questo, ma la questione finale su cui French invita a concentrarsi è un’altra ed è il succo vero del ragionamento scandaloso. Ogni violazione della legge dovrebbe comportare delle conseguenze, anche in guerra, lo sappiamo, ma il diritto di guerra non impedisce a Israele di fare quello che i suoi nemici sognano che Israele non faccia: distruggere un esercito terrorista. Si può fare. E’ stato fatto. Non è ritorsione. E’ il dovere morale di chi sa che è necessario fare tutto il possibile, nel rispetto delle regole, per mettere in ginocchio un’organizzazione terroristica che ha scelto di trasformare la popolazione che finge di difendere, quella palestinese, in uno scudo umano e che minacciando la vita di Israele minaccia anche le nostre libertà. La verità su Hamas: scandalo!

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.